venerdì 9 ottobre 2009

Retro al naturale

Quella sera nessuno avrebbe immaginato che l’azzopata Valetudo diventasse eroina sventatrice di interventi costosi sulla carrozzeria della mia machine. Non che non lo sia, anzi, distribuendo quotidianamente e a gratis cultura al popolo, la sua missione già la candida nell’olimpo dei nobel per la pace. Ma quella sera di mezza estate passata superò sè stessa, esondando dagli archivi storici e dagli scaffali impolverai della biblioteca pubblica.

Sappiamo che Valetudo è saggia, ma non che sia zoppa, iniziamo quindi col dire che si era azzoppata, l’ultima sera delle ferie a Santorini; dato che uno ne fa tanto poche c’è da capirla, s’era emozionata e non trovò niente di meglio da fare che zomparsi sul piede. E’ una sperimentale, c’è poco da fare. Contribuirono sicuramente le vernacce locali, di cui aveva comunicato il gusto e gli effetti oltre-adriatico alle T4ever attraverso telefonia mobile e la vacanza che stava volgendo al desio... L’ultima sera, è noto, va fatta scorta. Uscendo dalla taverna, che poi si scoprì essere una bisca frequentata da bari di prima categoria e scenario di traffico di stupefacenti, denaro sporco e prostitute [Valetudo, lo so che queste son tutte minchiate, ma il feuilletton così mi acquisisce tutto un altro spessore], quasi senza accorgersene si ritrovò riversa sul selciato, aiutata da una voragine che si apriva tra le pietre. Si sentì la botta anche da dentro, tanto che il cameriere interruppe la pesa della bamba per accorrere in visione; in realtà era per puro piacere visivo, dato che - affacciatosi -  non mosse un dito, ma si limitò a guardarla alzando le spalle, come a dire che dato che era già fuori lui non c’entrava nulla... Ma il ragazzo era poco perspicace, dato che lei non aveva fiatato, tanto meno si era rivolta a lui. Certo, in sovraimpressione passavano tutti i santi in compagnia, ma dall’istanza alla volta celeste i mortali erano esclusi. In ciò la testa di Valetudo si girò automaticamente verso l’Olimpo, moglie e dei dei paesi miei. Passato il raccoglimento in preghiera si alzò  e prese in braccio anche il fidanzato. Il giorno dopo si caricò come un mulo per partire con trolley e quant’altro e marciò ampiamente e reiteratamente sopra la botta. Le ferie si prolungarono con 5 giorni di malattia (dio ascolta sempre), ricevuti al pronto soccorso di zona a cui si precipitò arrivando a casa: la caviglia in foggia di melone denotava una contusione che rendeva obbligatorio l’uso delle stampelle. Spero che nessuno di voi le abbia mai provate: alla fine il problema diventano le mani, sforzate dal costante appoggio. Poche sere dopo, con le T4ever cercammo di allietare la convalescente con una cena e l’occasione si presentò da sè: la festa della birra. Ci strafogammo di cibo bavarese e di Weiss. Chiaramente per il rientro a casa alzai subito la mano offrendomi come autista, anche perchè la mia macchina è piccola, ma nessuno sa che ci tengo dentro un tappeto rosso per le grandi occasioni, quale era questa; non potevo assolutamente perdermela. La casa di Valetudo si trova un pò in pendenza: Per allestire la passerella degna della migliore Croisette, parcheggiai in retro e precisa con lo sportello del passeggero nello spazio tra due macchine parcheggiate. Si dice che “donne al volante, pericolo costante”, e io credevo che fosse una superstizione, invece mi son dovuta ricredere, nonostante il femminismo e le suffragettes; in effetti il mio problema si palesò essere non tanto il volante, quanto il mio rapporto col freno a mano: nel vano tra i due sedili davanti dove appunto è alloggiato il freno a amano son solita poggiare la mia borsa, meglio conosciuta come “bagaglio a mano”; se ho bisogno all’improvviso del lucida labbra o della pinzetta per le sopracciglia non posso esitare, devo trovarle immediatamente e questo spazio si confà in tutto e per tutto allo scopo. Chiaramente per tirare il freno a mano va movimentata questa massa critica e ciò non avviene proprio tutte le volte con successo; quella fu una di queste; io feci la mossa di tirarlo su e abbandonai l’abitacolo per aprire lo sportello alla passeggera e srotolare il tappeto rosso. Mentre mi alzo abbandonado l’abitacolo, la macchina prende la via, Valetudo era già ruotata di 45° sul sedile e arzilla aveva anche già aperto la portiera e così aveva le stampelle in mano accingendosi a uscire. Intanto la portiera aperta era sempre più vicina al cofano di una delle macchine ferme, in procinto di essere divelta dal movimento. Mi vedevo già davanti a un assicuratore in giacca e cravatta con la faccia lussuriosa di chi te lo sta mettendo nel culo e davanti  a un poster di parrucchiere nude in tridimensione dal meccanico di fiducia. Mi sento chiamare, cercando di entrare in macchina, pensando “Ormai è fatta!” e invece no. La prontezza di Valetudo ci ha salvate: con scatto felino di lince selvatica ha gettato le stampelle, si è rimessa in posizione, ha scostato il bagaglio a mano e ha tirato la leva come si deve. Poi ha iniziato a ridere. Io mi son pisciata addosso. Ci ha salvate perchè ha anche salvato il suo arto con fascia allo zinco dal ghigliottinamento. Con il mantello da wonder woman che le era spuntato e l’occhiolino m’ha detto: “Tranquilla, ci avrei messo il piede!”

Non è bionica questa Donna?

Insomma cosa potevo fare: Bondi a Ballarò che mi parla di Craxi... ho preso il viagra e ho girato su un porno.