martedì 31 maggio 2011

Errata Corrige a "Tridente a Prato"

Che ero rimbambita ve l’avevo detto vero? Valerio alias “Piadina” non è romagnolo, né emiliano. E’ ligure, magna il pesto, non le lasagne. O forse entrambi. Sono disorientata. Allora mi tocca andare a ripetizioni di geografia, ma l’avido prof mi spilla 30 euri a botta, va a ore come manco le puttane, non rilascia ricevuta, ma in compenso non avrò bisogno più del tom tom, mi ha assicurato. Insomma, senza tante storie il fu mattia Piadina pascal ci diventa un De Andrè in piena regola, provenendo dalla città del mitico cantautore di cui sgraffigno il cognome. Via del Campo, il porto, l’acquario, il G8 del 2001, chi più ne ha più ne metta. Ma perché l’avevo piazzato al di la dell’Appennino, anziché sulla costa? Semplice: non ho l’orecchio così allenato a distinguere l’accento ed inoltre mi aveva raccontato un aneddoto legato a Modena. Il gioco era fatto, per me era modenese. In realtà De Andrè in quella città ci ha disputato il campionato interregionale di pattinaggio su roller-blades in pista ciclabile asfaltata, patrocinato dalle FS. In quell’impresa, che lo vedeva strenuamente davanti, a pochi metri dal traguardo credeva di essersi portato la gamba dietro e invece la gamba era rimasta incastrata in un intromesso pezzo di pavé a sanpietrini. Il ginocchio non resse al colpo. Si è beccato 3 mesi di gesso. Tuttavia FS ha vinto la causa contro il comune e questo ha generato una quanto mai sperata scoperta: mentre ci si accingeva a riasfaltare il pavé classico è emerso un affresco di arte bizantina. Grazie a una tibia e un perone sgangherati l’UNESCO ha reso quella pista ciclabile patrimonio dell’umanità.

PS Ma “Roller Blades” si scrive così? Ai miei tempi c’erano i pattini a 4 ruote, con scarponcino da fighette del pattinaggio artistico, da comuni mortali con i lacci che si legavano alle scarpe…

MNT - Le Magiche Notti della Titti

Vedere Il Grande Lebowski dopo più di 10 anni dall’uscita a un cineforum dove avrebbe potuto sdraiare le gambe sulla poltroncina antistante ed esternare liberamente il proprio concetto di “rutto libero” sorseggiando coca era una prospettiva troppo allettante per la Titti.

Era un periodo in cui aveva bisogno di rilassarsi, dato che sia il lavoro che le avventure in cui si cacciava non avevano che la scialba parvenza dei tempi andati… erano cambiati i tempi? Era cambiata lei? O le persone che la circondavano? Le sue esigenze? Sapeva davvero ciò che voleva? Sentiva solo con certezza che c’era aria di cambiamento.

Dato che l’ultima notte a lavoro era stata esilarante, voleva proseguire su questa linea e non appena seppe della proiezione, oltretutto vicino casa, si precipitò all’evento. Ma anche qui ebbe conferma sugli interrogativi che le circolavano in testa. Non sulle frasi, ma sul segno d’interpunzione, un gran punto interrogativo gigante che sovrastava tutto.

Tuttavia merita fare una digressione su quello che era stato il suo ultimo, surreale e strampalato turno di lavoro. Aveva concluso che, sebbene ci fosse accordo unanime sul fatto che le unghie dovessero essere colorate -mani e piedi- in base agli ultimi dettami della moda, a tutto c’era un limite. L’epoca della French era arrivata agli sgoccioli, era forse questa l’aria di cambiamento che sentiva? Continuava dubitarne, a dispetto delle prove. Lo status quo: tutte, ma anche alcuni, si coloravano le unghie e non perdevano occasione di farlo, non c’erano più frontiere. In macchina ai semafori rossi, nello spogliatoio in palestra, al ristorante per i ritocchi e a lavoro. A lavoro, appunto. Quella notte scorreva abbastanza tranquilla. In genere ciò non si ammette neanche a noi stessi per una questione di pura scaramanzia, finchè almeno non scocca l’ora di fine turno e non hai dato le consegne al collega che arriva. Ma onestamente andava riconosciuto: tutti sedati a dovere, non volava una mosca. Le colleghe con la faccia ipocrita da prima comunione chiesero alla Titti se avesse bisogno d’aiuto.

“Guarda ‘ste puttane” pensava la Titti, “mica te lo chiedono quando la gente chiama davvero. Furbe.”

Poi invece una mosca volò e qualcuno chiamò. Non ce la poteva fare da sola. Eppure, improvvisamente, sembrava parlasse ostrogoto. Non le trovò nemmeno in cucina, a fumare l’abituale sigaretta, “l’unica cosa che riescono a prendere in bocca”, si diceva, successiva al sempiterno caffè, ma direttamente nello spogliatoio dove tenevano poltrone per alzare le gambe; e adeguatamente a gambe ritte erano. Stavano armeggiando con un macchinario che faceva le unghie, taglio, limatura, tutto insomma; avevano mani e piedi tirati a lucido con la nuance all’ultimo grido; come potevano, anche se avessero voluto, andare a darle una mano? Non le chiesero, come ne Il grande Lebowski appunto, di soffiare sullo smalto perché il marchingegno asciugava pure.

“E mi chiamano anche Miss Perfezione… quando esco da lavoro senza andare in galera sono contenta!” Rimuginava tra sé e sé la Titti.

Buttò là un “Accipicchia come siete professionali!” di cui le zelanti lavoratrici non colsero il sarcasmo, dette loro le terga e si arrangiò, come sempre.

Chiaro. Dopo una notte così, aveva bisogno di svagarsi x una sera, con un film, una bibita portata in sala di contrabbando e la visione del grande Jeffry “Jeff” Leon Bridges, maschio, bianco, nato a Los Angeles il 4 dicembre 1949, sagittario (suo ascendente quindi perfetto), protagonista di molti film prodotti su pellicola o mentali della Titti stessa, dove la nostra scatenava le sue più sfrenate fantasie muliebri, carnali e spirituali; con ciò definiva Jeff un artista “completo” perché appagava le sue lussurie cardinali e teologali, perché di virtù certo non si poteva parlare, tutte rami dello stesso albero. Aveva indossato il top e le scarpe nuove, per il suo Drugone Lebowski; delle mutande aveva deciso che non aveva bisogno e il’immancabile trench da esibizionista, per darsi un tono. Questo capo si rivelò la sua ancora di salvezza. Al varco infatti non trovò il pigrissimo biondazzo, ma un tricheco di una cinquantina d’anni con un’alitosi stravolgente che le attaccò un gancio perfetto, nel senso che era intessuto in modo che la Titti sarebbe risultata maleducata se lo avesse spedito subito dove più desiderava, ma dove non possiamo dire, tanto ve lo immaginate… Cercò di divincolarsi con garbo con la scusa della toilette, ma lui la aspettava. Mirando la tazza pensava a come fare. Si prospettava la rovina della serata tanto attesa. “Accidenti a questi stronzi che si vogliono atteggiare da intellettuali, voglio stare in pace, io e Jeff e basta stasera, guarda te che mi doveva capitare”. E tutto il contrario da che si aspettava fu. Il tricheco marcava a uomo, le si sedette accanto, ma per lo meno la Titti si guadagnò l’uscita. Il posto lo scelse lei, lui la seguiva. Cercò di mettersi abbastanza lontana per fargli dispetto dato che era occhialuto. E poi si chiamava come il suo ex.; mica come Jeff. Prima che attaccassero a proiettare aveva già scoperto, non per sua volontà, ma per la logorrea da cui fu investita ovviamente, che il compare aveva già un’anca in titanio. “Ci avvantaggiamo coi tempi” Pensò” “Il viagra però lo prende sicuramente da sempre; senza questo come fa???”. Pensava tutto questo mentre lui cercava di stordirla; poi notò che la camicia, a quadretti arancio, era intonata con i calzini. “Qui siamo alla psicopatia. Questo sta peggio di me”. E mentre lui si sbracava sempre di più, cioè faceva ciò che in origine voleva fare lei, si ritrovò appollaiata sul bracciolo contro laterale, come un falcone, e aspettava il momento buono per spiccare il volo. Si finì di abbottonare il trench accusando fantomatici brividi. Jeffrey non avrebbe mai goduto delle sue grazie, tutto era andato in fumo. Ma qualcuno miracolosamente ascoltò le su preghiere: fecero l’intervallo. Dichiarò di dirigersi al bagno, senza dare possibilità di replica, ma invece della strada per i servizi imboccò quella dell’uscita e tirò il sospiro di sollievo dirigendosi verso a casa a passo spedito. Passo dopo passo cresceva anche il malincuore, di aver lasciato Jeff nelle grinfie di un tale pubblico. Era una sensazione strana, doppia, ambivalente, ma cosa non lo è del resto?

“Possibile che una ragazza non possa andarsi a vedere un film in pace da sola???” e a quel punto se anche voleva imbroccare qualcuno, con quell’articolo accanto ogni sforzo sarebbe stato vano.

Dopo due serate passate a questa maniera alzò bandiera bianca: la vita era troppo strabiliante, riusciva ancora a stupirla e questo non era male. Voleva stare a guardare per un po’. Ovviamente dalla tribuna d’onore. Era pur sempre la Titti.

giovedì 26 maggio 2011

Tridente a Prato


Ogni riferimento a persone o fatti è puramente casuale, sebbene buona parte degli eventi si sia realmente svolta nella piscina comunale di Prato domenica 22 maggio 2011. Quindi abbiamo una squadra di nuotatori, tanto cloro e soprattutto tanta voglia di divertirsi.

Personaggi, interpreti ed etimologia dei nomi

Mau, nel ruolo di Pizzul o coach; mister della squadra da sempre, è anche il cronista delle nostre zingarate in giro per l’Italia. Si distingue per lo stile giornalistico e professionale -da cui il nome del personaggio- con cui pubblica gli articoli delle nostre imprese sul sito della società sportiva con cui gareggiamo. E’ anche membro della Virtus Buonconvento, in tale ruolo è temutissimo nemico ai blocchi di partenza.

Specialità: rana, cronometraggio e sostegno psico-spirituale degli atleti.

Ana, nel ruolo di Supernova Catalana; astrofisica barcellonese pluridottorata è il cervellone della squadra; anche se lei ancora lo ignora, è candidata al Nobel per la fisica, speriamo tutti di essere invitati alla famosa cerimonia all’Accademia di Svezia, il cui ristorante pare essere l’eccellenza stoccolmese in quanto a chef e gourmet. Sarebbe l’occasione giusta per sfoderare la divisa elegante della squadra, vedi la voce “Alban”.

Specialità: rana, 50 e 200; adora i pellegrinaggi: per la gara che andiamo a descrivere si è sciroppata 700 km; la distanza non le vale un tagliando gratis dal meccanico di fiducia, bensì il titolo di “Atleta dell’anno”, che a breve verrà pubblicato su riviste specializzate, ma anche su Vogue e RollingStone.

Vale, nel ruolo de La Grisbina; giovane promettente talento della giurisprudenza, del nuoto e della gastronomia, qualsiasi cosa faccia le viene da 10. Rifocilla la squadra con biscotti di sua personale fabbricazione, del tipo detto “Grisbì”, da cui il nome; delizie che rinfrancano cuore, palato e stomaco tutte in un colpo, non la bilancia ma del resto non si può avere tutto. La Parmalat le ha chiesto più volte la ricetta, ma lei fa la preziosa e infatti la ditta ne produce una varietà più scadente. La Grisbina è sfegatata tifosa neroblu; in effetti spesso i costumi con cui nuota riportano questi colori, sarà un caso?

Specialità: Stile libero e rana, per la data odierna, ma per questa fuoriclasse si potrebbero menzionare tutti e quattro gli stili. La squadra s’interroga circa il suo esordio nei misti.

Lore nel ruolo de Il Magnifico; come il suo omonimo mediceo antico Signore di Firenze non si può che chiamare “Magnifico”: insieme ad Ale (vedi sotto) è la punta di diamante della squadra. E’ il macina punti, a ogni gara che disputa il salvadanaio della squadra rischia di scoppiare. Lo vedi nuotare a delfino e sembra una passeggiata, ti vien da dire: “Eh icchè ci vole?”.

Specialità: delfino e stile, in base alle gare che prevalentemente lo impegnano, ma anche rana e dorso gli sono molto familiari, misti, insomma può fare quello che vuole. Gran calcolatore , riesce in pochi secondi a pronosticare tempi e tirar giù tabelle e staffette con piglio da oracolo che gli fanno attribuire qualità messianiche di veggente. Le sue virtù matematiche lo consegnano ai guinness, non intendendo con questo la famiglia produttrice di birra.

La Grisbina e Il Magnifico sono anche protagonisti dell’amatissimo e seguitissimo reality “Due cuori e una tavoletta. L’amore ai tempi del cloro”, in onda su Telepullbuoy. Firmano gli autografi all’uscita dell’allenamento il martedì e il giovedì sera. Ma non dite loro che ve l’ho detto!

Cristian nel ruolo di Paul Biederman: è una new entry della squadra. Ha velocemente conusmato un exploit che già dal primo esordio gli è valso due medaglie. Il nome gli deriva dalla cuffia che indossa, della Germania appunto.

Specialità: si distingue nello stile libero e nella rana, ma le sue qualità di mistista non hanno tardato ad emergere. Non è dato saperne molto, ma si vocifera che sia anche un notevole calciatore: è stato Ale (vedi oltre) a trascinarlo dai campi di erba sintetica in vasca, senza scarpe con i tacchetti per fortuna!

Alban nel ruolo di Frogman&Valentino; è il ranista della squadra -ed ecco il Frog- , ma anche molto altro: è il giocoliere, perché prenderebbe per il culo anche il fumo delle schiacciate; è lo Squalo Primo, come membro più antico della squadra e quindi fondatore del gruppo; è lo stilista –ed ecco Il Valentino-, ideatore della nuova maglietta dell’équipe con cui presto i nostri fans ci vedranno sfilare in passerella e a bordo vasca. In cantiere c’è anche una versione chic, per la cerimonia di conferimento del nobel della Supernova –vedi sopra -.

Specialità: rana, ma sta paurosamente migliorando anche a stile, questo cocciutissimo squalo!

Manfre nel ruolo di Complimentiallamamma; si tratta del ficaccione del gruppo, fa anche il modello, e te credo. Adora cani e gatti, di cui vanta diversi esemplari.

Specialità: la sua carriera acquatica inizia come pallanuotista, ma attualmente guizza nelle corsie con rana e stile libero. Noto è anche il suo sguardo spietato, “di ghiaccio”, al sentire o al fare battute acide su chi non incontra il suo favore. Inoltre è cultore della tradizione enogastronomica toscana e internazionale. Te serve un ristorante? Chiedilo a Manfre… altro che google!

Ale nel ruolo di Gianburrasca; lo potremmo chiamare anche Zoff –mi si voglia passare il paragone con un capitano datato, ma la nazionale dei miei tempi resta quella di Bergomi, Scirea e compagni – dato che è l’acrobatico portiere nella squadra calcistica del sopracitato Cristian Biederman. Oppure si potrebbe dire Romeo, nel senso di Alfa, dato che viaggia con una Giulietta nuova fiammante, tanto potente quanto attesa.

Specialità: eclettico nuotatore è un vero razzo, come dicevamo la seconda punta di diamante, col Magnifico, della squadra. Quando arrivi al bordo lui ha già preso anche il caffè. Ma soprattutto è un casinista di primordine, ne combina sempre una, e lo dimostra anche con l’altra sua attività, quella di dj. Tutti sculettano ai ritmi che passa questo teppista, ma sua mamma come avrà fatto a non impazzire con questa peste intorno? Santa donna!

Valerio nel ruolo di Piadina; di origini emiliane (o romagole? Non ci ho mai capito un cazzo a geografia e tra l’Emilia e la Romagna per me è tutto un gran minestrone! Come il Friuli che poi è anche Venezia e come se non bastasse pure Giulia… Come fa uno a non confondersi?!), è uno degli squali, non il solo, a non aspirare C né T, né a francesizzare la G, ma c’ha quella Z in compenso con cui non ha nulla da temere. Rassicura psicologicamente La Signora (vedi sotto) alzando la media d’età della squadra. Attivissimo atleta non manca mai agli allenamenti.

Specialità: stile libero, o meglio crawl, ma anche forca delle gare, tifoseria e fotografia: per il presente Memorial ha snobbato le gare il signorino, ma ci a regalato un gran tifo e si è ciucciato le macchine fotografiche di tutti, con relativi programmi e bottoni da pigiare. La documentazione iconografica dell’evento è in gran parte opera sua.

Leandro nel ruolo di Aaron Peirsol; prende il nome dal famoso campione statunitense del dorso, sebbene sia in origine un pallanuotista come Complimentiallamamma. E’ infatti il dorsista uomo della squadra.

Specialità: dorso 200m, forca degli allenamenti attività in cui eccelle. A dispetto di ciò riesce ad ottenere comunque buoni risultati: c’è stoffa da vendere!

Io nel ruolo de La Signora; il nome è una lunga storia… per farla breve si riferisce, elegantemente, al fatto che costituisco l’ala geriatrica della squadra. Più tonno che squalo, sono stata adottata dall’équipe nell’ambito di un progetto di recupero sociale degli anziani patrocinato dalla Regione e con cui Pizzul può accumulare crediti universitari. Anche gli altri membri della squadra, purché studenti in regola con il pagamento delle tasse, possono ricevere crediti, dimostrando che si allenano con la sottoscritta.

Specialità: piantare grane, farmi squalificare, non vincere il bronzo neanche se in 3 a partecipare. Rana e stile nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, finchè morte non ci separi, amen. Sono autrice delle cronache romanzate delle gesta della truppa.

Gigino e Fiocco: i coccodrilli da allenamento.

Assenti

Esistono altri membri della squadra, ma di essi non dirò qui, oggi erano assenti… Tutti tutti alle manifestazioni agonistiche non siamo mai stati. Alle cene si però. Buongustai!

Chi ha da dire qualcosa si pronunci adesso o taccia per sempre.

La Giornata

L’incontro era fissato per le 7.40 davanti alla 01, il teatro dei nostri allenamenti, dove Pizzul ci sguinzaglia i coccodrilli da compagnia alle calcagna “Per stimolare l’adrenalina della sopravvivenza”, come ama sottolineare, fischietto e cronometro alla mano. Ne possiede due esmplari, Gigino e Fiocco, adorabili! Può essere utile sapere che oltre che di carne umana sono ghiotti di girelle motta: le tasche del mio accappatoio ne sono sempre colme.

La giornata è iniziata metereologicamente favorevole e, già dall’arrivo dò conferma della mia demenza senile: io lo faccio per loro, per rassicurarli! Mi posso permettere, in quanto anziana, di sparare le mie castronerie in santa pace, dato che sanno già tutti quanto sia rimbambita. Ed ecco che scendo dalla macchina, attraverso la strada e, raggiunti gli altri sul marciapiede, salutata La Supernova che s’è fatta 700km per venire a fare queste gare e che quindi non vediamo da un po’, mi rivolgo a Gianburrasca chiedendogli se gli fosse arrivata l’agognata Giulietta. Con tutto quello che ha aspettato per averla, come minimo dovevano fargli trovare la testimonial, Uma Thurman, dentro. Ovviamente ce l’avevo immediatamente alle spalle, l’avevo oltrepassata senza accorgermene, e dire che non è una smart!!!

Pizzul arriva per ultimo (come allenatore dà sempre il buon esempio) e con un glorioso segno del cuscino sulla faccia.

Ci distribuiamo nelle macchine La Grisbina vuole assolutamente provare la macchina nuova; basterebbero due macchine, ma ne prendiamo molte di più. Io vinco il ficaccione, wow! L’aura di divo che si porta dietro, ti mette in soggezione: quando ci fermiamo perché Pizzul faccia benzina per ripartire giro la chiave: peccato non avessi ancora spento la macchina. Tiro delle grattate col cambio che quasi quasi mi resta in mano, ma ne vale la pena: quando vincerà l’oscar come miglior attore protagonista io potrò dire che un giorno gli detti un passaggio.

Con il veicolo miracolosamente ancora intero arriviamo alla piscina, ed ecco l’ennesima figura da svampita: mi ricordavo che era in vasca lunga, ma non che fosse all’aperto… del resto non ci si può ricordare tutto, quindi guardo persa Pizzul e gli chiedo candida: “Ma è all’aperto?” Ride sconsolato, sa che sono un caso senza speranza!

C’è un banchino che vende oggetti per fanatici del cloro, un’occasione per fare shopping, perderla sarebbe peccato mortale! Adocchio una cuffia a fiorellini, è mia! Ma non sono la sola a fare acquisti e così consiglio una cuffia con una tigre a Biederman.

Prendiamo posto, ci sono un sacco di sdraio, ma cerchiamo una posizione strategica. Poi con La Grisbina e la Supernva andiamo a cambiarci. L’impianto ha gli spogliatoi su due piani, per il nostro vanno salite le scale. E te pareva!

Intanto è arrivato Leandro-Aaron, che abita dietro l’angolo, con un segno del cuscino ancora più profondo di quello del coach… E anche Piadina; è preso d’assalto: gli smolliamo le macchine fotografiche ma lo sgridiamo per non essere anche lui lì con noi a scoppiare in vasca. Parte il riscaldamento. Ammazza quant’è lunga la vasca, questi metri siamo sicuri che siano 50?

Le prime a partire siamo io e La Grisbina, per le femmine, Gianburrasca, Complimentiallamamma e Frogman&Valentino per i maschi, nei 50 m Stile libero. Questa volta riesco a non farmi squalificare e guadagno l’ultimo posto nella mia categoria, mica è da tutti. La Grisbina invece si che sa cosa significa silurare l’acqua: becca il bronzo per questa gara, oltretutto recuperando sul fondo un braccialetto: dopo il tuffo non la vedevamo riemergere, aveva visto luccicare sul fondo e non ha resistito, è riemersa a metà vasca e a quel punto le altre facevano sci d’acqua dietro di lei; la medaglia non brillava quanto altre, ma lei aveva il suo braccialetto che luccicava! E’ uno squalo gazza. Frogman&Valentino, come anche Complimentiallamamma hanno fatto un tempo esagerato, migliorandosi tantissimo anche a partire dal fatto che in realtà in vasca lunga si rallenta… sarà, ma con loro non sembrava affatto. E chiaramente il nostro compagno casinista non poteva essere da meno e conformemente alla peste che è ha creato onde alte due metri in vasca, c’era gente a fare surf, li ho visti con questi occhi! E chiaramente ha conquistato l’oro, quella peste!

E una.

Subito dopo, tanto per togliersi il pensiero, con la Grisbina siamo tornate sui blocchi per i 50 m rana, e questa volta ci facevan compagnia anche la Supernova, Biederman e Frogman. La Grisbina ovviamente ha salito il secondo gradino del podio, che poteva condividere con la Supernova, se quella puttana della giudicessa di gara non avesse preso un abbaglio e non l’avesse squalificata per falsa partenza. La Signora ha centrato l’obiettivo del non farsi squalificare, ma ha mancato il cucchiaio di legno, dato che in questa prova ero solo penultima… Alla partenza, confesso, ho chiesto alla rivale alla mia destra se erano i 50 rana quelli, giuro. Mi ha guardato sconsolata: io non capisco, mica le ho detto che era una vecchiaccia malefica, anche se i realtà pareva Maga Magò, che gente! Biederman si è piazzato al terzo posto e Frogman era nella sua specialità, è stato impeccabile.

Poi sono andata a fare colazione, mi ha accompagnato la Supernova, l’ho implorata di non spifferarlo a Pizzul… se sapesse che mi son sbafata un vassoio di cornetti che ho mandato giù a suon di caffè corretto alla sambuca mi ucciderebbe! E’ il mi spirito di atleta! Mi sono accorta appena in tempo che avevo 3 etti di marmellata sulla guancia.. Ho potuto tirarla via senza che se ne accorgesse. Ma era colpa dei baristi. Io ero davanti al vassoio colmo e nessuno arrivava, era a portata di mano, che dovevo fare? Continuare a sbavare come un boxer? Non sarebbe stato appropriato! Inoltre Pizzul era ben distratto, impegnato a seguire quello che poi è diventato il tridente: i 200 misti, in cui il podio è stato tutto della squadra: Biederman col bronzo, Gianburrasca con l’argento e con l’oro il Magnifico: carrarmati! Che avidi questi squali: non lasciano niente a nessuno!

Ma non abbiamo mica finito. La manifestazione è proseguita e qualcuno di noi era sempre a bordo vasca a tifare qualcun’altro in acqua in quel momento. E così anche il nostro Aaron Peirsol non si è risparmiato e si è portato a casa con nonchalance l’oro nei 200 dorso, lui che quando ci alleniamo mi mangia sempre le caviglie! Giustamente penserà che mi sono addormentata e mi sveglia. Ovviamente lo lascio sempre passare e riprendo pacifica il mio sonno; è per via delle rughe: se non dormo abbastanza saltano fuori! Quindi approfitto di ogni momento. Comunque dopo che Peirsol è riemerso dalle acque ed è tornato agli spalti, ho dato l’ennesima prova della mia demenza galoppante: chiedendogli come fosse andata, le sensazioni a caldo direbbe un giornalista, mi spiegava come non vedesse un cavolo, e io di rimando “Eh, con quest’acqua torba che vuoi non si vede nulla!”… Ma quale acqua???… “Ma veramente” fa lui “era perché nuotando a dorso all’aperto col sole negli occhi ero accecato!”

Non lo faccio apposta. Ogni tanto i neuroni s’inceppano.

Poi sono arrivati i 200 rana, per cui si son tuffati Frogman, e una stressantissima Supernova in una batteria, Il Magnifico e il coach in un’altra. La Supernova era vittima dell’anatema della squalifica, ma lo ha ampiamente tirato i tasca alla bagasciona che aveva osato metterla alla porta nella prima competizione conquistando una medaglia. Tiè. Il coach invece ci era avversario, nuotando per la sua squadra del cuore e di sempre; al che mi sono sempre chiesta cosa si provi ad allenare e sostenere una squadra, ma partecipare con un’altra. Il Magnifico poi, siccome ne aveva fatte poche, si è tolto anche questo sfizio; ha guadagnato l’oro; e chi lo ferma a quello?!?!?!

Come se non bastasse questi ultimi due atleti, appena usciti da quest’ultima batteria, si sono immersi nella mistaffetta a stile libero. Tolte e tracce di marmellata mi son presentata anch’io ai blocchi, con la Grisbina e la belva pestilenziale. Cosa ci faceva una scatoletta di riomare come me con il fiorfiore dei campioni? Questa volta l’anca in titanio era utile non solo per i crediti universitari, in quanto i concorrenti dovevano: essere due uomini e due donne, edavere come somma delle rispettive età un numero pari o maggiore di 100; per questo secondo punto potevo concorrere anche da sola, ma insomma…

Mi ristrovo sul blocco senza neanche accorgermene. Parto io, poi si butta Gianburrasca, che passa il testimone alla Grisbina, la quale trova il Magnifico ad aspettarla. Primo evento favorevole e propiziatorio: siamo in corsia 7. 7 è il mio numero, nata di 7 mesi il settimo mese dell’anno. I magnifici 7… ah no, quelli eran 4… via che pignoli, 3 più o 3 meno chi se ne frega! E poi il panico: sul trespolo la consapevolezza di essere tonno mi pervade. Gianburrasca mi ripeteva, facendomi apprezzare il vero spirito di squadra, di fregarmene di quanto ci mettevo ad arrivare, purchè partissi e arrivassi bene. Nel senso di non farmi squalificare.

E così la giudicessa puttanessa ha fischiato. Salgo sul bordo. Guardo gli altri, che farò bene?

AL POSTO. Bum bum bum, il cuore mi martella nelle tempie . Oddio mi parte l’embolo. Che ci faccio qui? Madonna e se poi sbaglio? Cretina, chi non fa no falla. Aspetta il via e tuffati! Guarda l’acqua sennò vanno via gli occhialini, come ti ha consigliato Aaron al riscaldamento. VIA! Mi butto. Spancio come una foca e giù a tutto fuoco. Non vedo nessuno intorno a me. Minchia allora sono forte! Si, si come no, basta crederci. Ovviamente ero sola in mezzo alla vasca perchè tutti gli altri erano già arrivati da un pezzo, chi si faceva le unghie, chi la messa in piega, chi rilasciava interviste. Arrivo, tocco e Giamburrasca zompa. Cosa è successo dopo è leggenda: Giambu, la Grisbina e il Magnifico, per recuperare la mia placidità di bradipo hanno realizzato l’impossibile. Con i vortici da oro generati hanno regalato a Prato 3 anni di luce gratis. So che hanno ricevuto proposte di lavoro alla General Elelectric. Stavo in una botte di ferro. E così sono riusciti a far salire anche me sul primo gradino del podio… E’ proprio possibile tutto a questo mondo. Purtroppo la squadra del coach avrebbe meritato l’argento, non fosse che la puttanesca della giudicessa fischiasse un'altra squalifica: ma ‘sti giudici sò proprio inflessibili!

Da quando ho stretto la medaglia tra le mani non l’ho più mollata. E’ diventata il mio nuovo collier. Mi piace più di un Tiffany. Mi segue anche a nanna. Non me ne separo mai. Me la tengo decisamente stretta, la mia cazzutissima medaglia. E quando sono in macchina la esibisco: tutto il mondo deve sapere! L’altro giorno sono andata in radiologia: non volevano saperne di farmi passare con il mio monile. “Io non me la levo. Passerete sopra il mio cadavere”. E’ la mia prima medaglia ed è d’oro, non si scherza con queste cose. Da 0 al gradino più alto è roba, soprattutto per il titanio che mi ritrovo nelle anche. E chi c’era mai salito su un podio!

Dunque sono tornata a casa con una medaglia d’oro al collo: il nuoto fa miracoli.

giovedì 12 maggio 2011

Viareggio

Non posso non raccontare la disfatta viareggina che ha rischiato di farmi appendere occhialini, costume e cuffia al chiodo. Continuo imperterrita per la mia strada, alla faccia della sfiga… se di sfiga si vuol parlare. E’ la mia scusa ufficiale.

Da qualche mese passo parte del mio tempo libero a fare su e giù per i 25 m delle corsie della piscina che già da molto prima frequentavo. Ora però questo sguazzare appare più organizzato. E’ comparsa una squadra, di cui ho accettato di far parte solo perché non mi si dava la veneranda età che in realtà ho; quindi ecco apparire allenamenti meglio strutturati e soprattutto ecco la venuta di allegri compagni di scorribande, ovviamente tutti più giovani e talentuosi della sottoscritta. Abbiamo anche un nome, “Gli Squali”, sebbene io mi senta più un tonno infiltrato, e recentemente abbiamo ottenuto anche delle fantastiche magliette rosse. Ovviamente ci sono anche le competizioni che ci hanno visto gareggiare l’ultima volta a Viareggio appunto, dove si è consumata la tragedia.

La squadra ha raccolto alcune medaglie, gli atleti hanno migliorato i tempi, mentre io, da ventresca infiltrata che si rispetti, nel giro di 5 minuti son riuscita a farmi squalificare nelle due specialità che dovevo disputare, eludendo anche l’unica medaglia cui in vita mia avrei mai potuto aspirare: il bronzo nei 100 rana, dato che eravamo in 3.

Cos’è accaduto? Alla partenza della prima prova, i 100 m rana appunto, al tuffo è seguito lo scivolamento degli occhialini al mento, evenienza temutissima da ogni Nuotatore con la N maiuscola, che infatti appronta varie tecniche per ovviare alla famigerata eventualità, come per esempio posizionare gli occhialini sotto la cuffia, cosa che avevo fatto, ma evidentemente non bastevole. Se il male fosse stato solo questo avrei nuotato 100 m senza vedere un cazzo e con l’impossibilità di aprire la bocca per respirare, non possono squalificarti perché gli occhialini sono caduti. O perché diventi cianotico, o perché affoghi, casomai ti soccorrono, ma non ti squalificano. Ma possono farlo se tocchi in virata come all’arrivo il bordo con una mano sola, cosa che ovviamente ho fatto. E una.

La seconda disavventura è avvenuta dopo neanche 5 minuti, quando son salita sul blocco per disputare i 50m stile. Hanno dato l’”a posto” e non davano il via. Con le tette che mi ritrovo mi son sbilanciata, ha vinto Newton con la sua fottuta gravità ed eccomi in acqua prima del “via!”… falsa partenza, tutti a casa. Accanto avevo una novizia alla prima gara: poverina: mi ha seguito a ruota, meno male che lei non è stata esonerata.

Però non s’è capito come mai due batterie dopo quando la falsa partenza c’è stata davvero - io non m’ero spinta cazzo - l’atleta responsabile non solo non è stata squalificata, ma ha fatto ripartire tutti ottenendo dei tempi falsatissimi e causando la perdita di una lente a contatto a scapito della nostra squalessa più forte, la Grisbina (così detta perché capace di sfornare Grisbì da oscar), che si è ritrovata la corda con cui i giudici di gara fermavano i natanti già partiti su un occhio.

Ciliegina sulla torta mi son ritrovata nel’accappatoio il tesserino della Federazione Italiana Nuoto di un simpatico signore di 70 anni e passa… Data la mia età tutti hanno pensato che mi volesse fare l’abbocco… Ma non gliel’ha detto nessuno che con i tonni non servono ami, ma reti?

BEST SELLERS

Niente da temere, i tempi non sono ancora maturi perché io diventi una scrittrice da un milione di euro… diciamo un milione di dollari, che suona meglio… quell’aura di mistero attorno al cambio, almeno per quelli estranei come me a “finanza” ed “economia”, crea aspettative oltremodo ottimistiche. Chiaramente lo stile e gli argomenti possono essere alla base di questo crack letterario, o anche il fatto che non mi sia mai rivolta a nessun editore… come Rimbaud: pubblicò in vita una sola raccolta, peraltro incompresa, tutto il resto è postumo… il povero Gianni Nicola Arturo. Abitò in una casa vicino a dove abitavo io a Parigi… Tra La Fourche e Clichy, che quartiere! Un boulevard divideva più efficacemente del Muro a Berlino le puttane e i ladri dalle famiglie e gli asili: da un lato sfiziosi negozi di “abbigliamento” per esercenti la professione, dall’altro farmacie e cartolerie. Oddio, chiamare “abbigliamento” quelle follie di taglio e cucito è tanto… Solo tabaccai e brasserie si distribuivano equamente su ambo i lati, ad indicare l’attaccamento dei francesi alla buona cucina e soprattutto al buon vino e al fumo.

Certamente se calcassi ancora quei marciapiedi, dove le copiose merde di cane paiono pennellate impressioniste, starei scrivendo il romanzo della mia vita, rapita dallo spirito bohémien della ville lumière, sicuramente sarei povera in canna, vivrei in un barcone sulla Senna con una bottiglia di assenzio sempre sotto il braccio e i reumatismi imperterriti conviventi, ma sarebbe come staccare la testa di un pipistrello a morsi davanti a una platea rock: roba già fatta. E sull’originalità del mio status attuale niente da dubitare: vivo ai margini di una città italiana, ho cmq le pezze al culo, ma le merde di cane sui marciapiedi sembrano esattamente ciò che sono.

Tuttavia la radice del mio insuccesso è da ricercare non solo nella mia condizione geografica ed economica, ma anche nella false indicazioni che ricevo. Giorni fa mi recai in libreria, nella “mia” libreria… il luogo dove, come dice mia madre (mi tocca pagarle il diritto d’autore di tale affermazione), “non ti può accadere niente di brutto, come a Holly Goolightly in Colazione da Tiffany davanti alla gioielleria newyorkese”. Qui m’imbattei in un volantino che pubblicizzava gli eventi mensili organizzati nella stessa libreria, per lo più incontri con autori che promuovevano le loro inedite opere. Tra questi c’era l’intervento di Frédéric Martel, la brochure recitava: “Come si fabbrica un besteller o un prodotto che vada a ruba sotto ogni latitdine? Perché il popcorn e la coca-cola rivestono ormai un ruolo centrale nell’industria cinematografica?...” Non avevo neanche finito di leggere… se l’avessi fatto avrei saputo che il nocciolo della questione era il chiedersi perché il modello americano era egemone a scapito di quello europeo… cioè alla fine la serata si era incentrata su identità nazionale e diversità culturale… e io che credevo di ricevere in consegna i segreti per farcela, per sfondare…. L’ingrediente segreto della ricetta che il pasticcere tiene in cassaforte… Per ora mi sa tanto che mi tocca accontentarmi di andare in pasticceria ad assaporare quelle leccornie ignorando cosa combini lo chef in laboratorio, evitando per strada di pestare le merde di cane e sostenendo di essere shampista piuttosto che infermiera: è più figo dichiarare di lavare delle teste che ammettere di lavare culi… il problema è che molto spesso le prime si trovano al posto dei secondi…

martedì 3 maggio 2011

La verità mi fa male lo so

“[…]

Capii in quel momento quale fosse il modo di ragionare del mio maestro, e mi parve assai difforme da quello del filosofo che ragiona sui principi primi, così che il suo intelletto assume quasi i modi dell’intelletto divino. Capii che, quando non aveva una risposta, Guglielmo se ne proponeva molte e diversissime tra loro. Rimasi perplesso.
“Ma allora,” Ardii commentare, “siete ancora lontano dalla soluzione…”
“Ci sono vicinissimo,” disse Guglielmo, “ma non so a quale.”
“Quindi non avete una sola risposta alle vostre domande?”
“Adso, se l’avessi insegnerei teologia a Parigi.”
“A Parigi hanno sempre la risposta vera?”
“Mai.” Disse Guglielmo, “Ma sono molto sicuri dei loro errori.”
“E voi,” dissi con infantile impertinenza, “non commettete mai errori?”
“Spesso.” Rispose. “Ma invece di concepirne uno solo ne immagino molti, così non divento schiavo di nessuno.”
Ebbi l’impressione che Guglielmo non fosse affatto interessato alla verità, che altro non è che l’adeguazione tra la cosa e l’intelletto. Egli invece si divertiva a immaginare quanti più possibili fosse possibile.
In quel momento, lo confesso, disperai del mio maestro e mi sorpresi a pensare: “Meno male che è arrivata l’inquisizione.” Parteggiai per la sete di verità che animava Bernardo Gui.
E con queste colpevoli disposizioni di spirito, più turbato di Giuda la notte del giovedì santo, entrai con Guglielmo nel refettorio a consumare la cena.

[…]”

Tratto da Il nome della rosa, di Umberto Eco, Bompiani, Milano 1980