mercoledì 30 ottobre 2013

La PFM, il riporto e la PX.

La PFM era alla Feltrinelli di Firenze. Son caduta dal pero. Me li aspettavo in uno stadio, in un teatro, và. Ero entrata per prendere un libro e mi trovo davanti un assiepamento di capelloni attempati intervallati da qualche under 25 con la maglietta dei Jethro Tull. Inizio ad ascoltare, dato che ci sono. Ma è stato impossibile. la mia attenzione è stata totalmente rapita da un veterano seduto sulla sinistra, all'estremo della seconda fila. Aveva un consistente riporto. Lo portava con disinvoltura, rilassato, si abbandonava con tutto il suo quintale passato sullo schienale, allargando braccia e gambe. Pareva seduto in business. Tranquillo, col suo riporto. Uno ha il sacrosanto diritto di portare il suo riporto come e dove gli pare, ma questo avrà avuto uno spessore minimo di 5 cm, parlo ad occhio e visto da lontano, quindi sicuramente sto arrotondando per difetto, a impedire alle folate di vento di scomporre l'acconciatura. Ma c'è di più: la focaccia era colorata. Io mi chiedo come mai per gli uomini i colori per capelli siano così assurdi, era un misto indefinibile tra un rosso e un marrone, vagamente simile al manto di un pastore irlandese. Tutto questo conferiva al toupé l'aspetto di una lontra con l'henné decapitata passata sotto una 4x4. Impossibile ascoltare cosa dicessero quelli della PFM. Inoltre il vecchio rocker aveva dimenticato di passare la tinta sulle basette e sulla nuca, questo effetto biancorosso mi a fatto dubitare che fosse un ultras del Vicenza, ma a queste latitudini mi è sembrato francamente improbabile, più facilmente avrà voluto intonarsi ai colori della libreria. La visione mi ha turbato molto. Preferisco immaginarlo al concerto che la PFM fece nel '79 con De Andrè alle Cascine, fiammante sulla sua Vespa PX nuova di pacca e con le fluenti chiome al vento. Sarà stato Černobyl' a ridurlo così o l'obbligo di portare il casco?

lunedì 28 ottobre 2013

Scrivere

"... Io volevo fare lo scrittore. Io volevo scrivere di tutto, di tutto ciò che può accadere in un momento: Di come erano i fiori mentre li portavi tra le braccia, di questo asciugamano e del suo odore, della sensazione che dà la sua trama. Di tutte le nostre sensazioni, le tue e le mie. Della nostra storia, di chi eravamo una volta, di tutte le cose del mondo, tutto mescolato insieme, come tutto è mescolato adesso..."
Michael Cunningam Le Ore - Stephen Daldry

sabato 6 aprile 2013

15 anni

Fomentata dal sole che fa capolino tra le nuvole, esco spavalda sentendomi una quindicenne. E' primavera. Mi alleggerisco dal trittico cappotto-sciarpa-stivali, sostituito da giacca-foulard-converse e a testa alta affronto la strada. Le vie sono invase dalla gente  che rincorre gelati.  E poi eccola, la quindicenne vera: camicia annodata in vita con maniche arrotolate su canottina e sandali. Altro che il mio cardigan di lana abbottonato sulla trippa che sbuca dalla giacca, nonostante i tentativi di celarlo. Si capisce che una folata di vento in più dove una volta avevo un piercing potrebbe bloccarmi la digestione! 

martedì 2 aprile 2013

Rakam

Oggi sono alle prese con un dilemma: è più divertente il punto G o il punto croce?
La mia storia parla chiaro: mia madre mi spedì ad un corso di cucito quando ero piccola; scappai e le toccò venirmi a riprendere in piscina... Ma adesso che ho un bottone da attaccare al cappotto la domanda sorge spontanea.

giovedì 28 marzo 2013

Il club degli incorreggibili ottimisti

(Jean-Michel Guenassia)

Preferisco vivere da ottimista e sbagliarmi che vivere da pessimista ed avere sempre ragione.
Anonimo

domenica 24 marzo 2013

Beati gli ultimi

Durante la trasmissione odierna di Riccardo Iacona "La meglio sanità", una donna esprimendo affetto, riconoscenza e plauso per la riuscita dell'intervento di trapianto del figlio presso l'équipe del Prof. Pinna del Sant'Orsola Malpighi ha detto che erano stati tutti meravigliosi, dal primo dei medici "all'ultima delle infermiere". 
L'ultima delle infermiere.
Questo epiteto la dice lunga su come la gente percepisca gli infermieri. 
Come fa uno poi a non attaccarsi a cosa ne pensavano i Led Zeppelin invece?


Messaggi illeggibili

Sul parabrezza dell'auto ho trovato un biglietto scritto con un pennarello non indelebile arancione. La pioggia si è mangiata tutte le parole. Chissà chi mi ha scritto, che mi voleva dire, da quanto era lì... saranno mica i vicini che imprecano contro i miei parcheggi assurdi? Chiedo venia e dico loro che non è colpa mia: mi disegnano così.

sabato 23 marzo 2013

Wayne

"Accettare che certe cose finiscano significa dare la possibilità ad altre di cominciare."
Wayne Coyne

mercoledì 20 marzo 2013

Per chi non si accontenta

Gli aspirapolveri si rompono. Succede nelle migliori famiglie. Ma non si s-p-i-e-z-z-a-n-o in due fracassati sotto il peso delle grazie della Titti. 
Ampiamente già al di là del termine della garanzia la scopa elettrica veniva a disintegrarsi, come decapitata. Anni prima l'aspirante massaia in disperata ricerca di una colf l'aveva scelta e raccolta dagli scaffali del supermercato, dove si trovava a prezzo stracciato, attirata dalla garanzia che era roba "per chi non si accontenta"; la prese bofonchiando:
"Ma guarda te che cazzo mi tocca comprare invece di andarmi a fare la piega, sono una donna finita, senza la governante!"
La Titti era lieta di guardare pavimenti (o soffitti), ma in altre pose, insomma non era proprio il suo stile quello della casalinga, e lo si vedeva lontano un miglio e lo si sentiva al di là delle pareti, dato che ogni volta, schiacciando le vertebre dietro la rowenta, scaraventava l'elettrodomestico verso il muro urlando imprecante contro Gesù Cristo morto in croce sul Golgota e contro le sue utopistiche e velleitarie teorie egualitariste : "Tutti uguali una sega! Voglio essere uguale a quelli che non passano questi aspirapolveri del cazzo!"
L'articolo le era stato tirato dietro dal mercato delle occasioni, ma adesso era lei a volerlo tirare dietro a qualcun altro.
Uno si sarebbe aspettato una fine dell'arnese in questi classici e reiterati scenari, frantumato in più parti contro il muro. Questa volta la Titti non se l'era minimamente presa col marchingegno, anzi era tranquillissima e ben felice di passarlo, esercitandosi bendata sui tacchi, come raccomandatole dalla docente di Burlesque Sophie Lamour. Due giorni prima aveva frequentato un formidabile seminario sul Burlesque il cui programma era così strutturato:

-Rilassamento Corporeo
-Il Burlesque nella Storia
-Il New Burlesque di Dita Von Teese
-La figura della PinUp
-Fiducia in se stesse
-L’Arte dell’Ironia
-La potenza della musica
-Imparare la seduzione dalle movenze dai simboli della bellezza italiana
-Analisi dei passi base delle più importanti performer internazionali
-Teasing, la postura, la camminata, la mimica
- Elogio della Lentezza: come sfilare i guanti e le calze come slacciare il Bustier

Nell'occasione aveva conosciuto un bel gruppo di brillanti ragazze che sebbene si fossero conosciute in quello stesso momento si erano ben affiatate da subito, complice la carica travolgente impartita dalla sapiente maestra. La lezione l'aveva perfusa di nuova fiducia in uno dei periodi più bui per lei, che infatti aveva benedetto la partecipazione all'evento, nonostante fosse rimasta al verde. Quando si ha una manciata di giovani donne, si fa capire loro il potenziale che hanno e le si rende sicure, i risultati non possono che essere esplosivi, a dimostrazione la scopa elettrica decapitata. Camminare sui tacchi bendate implica un enorme atto di fiducia in sè stesse e scioglie tanto... Ma 'tanto' con la Titti, si sa, quasi sempre diventa 'troppo'; la Titti ricordava il concetto di Sophie che ribadiva come successivamente - provare per credere - passeggiare dall'alto di 12 cm, figuriamoci scuotersi lanciando boa e calze ai ritmi di Etta James o chissà quale altro demonio, non sarebbe stato niente, e la diligente Titti non voleva certo perdere l'allenamento. La performer però soffriva di vertigini e questo le fu fatale. Al terzo affondo dell'aspirapolvere sotto il tavolo tutto iniziò a vorticare nella testa della Titti, che a quel punto aveva le movenze di un gatto che si risveglia dall'anestesia. Urtò una sedia e poi precipitò sul dispostivo. Fu un colpo netto, morte sul colpo. Ma come un pollo che continua a camminare nonostante gli si sia torto il collo, la macchina continuava ad aspirare, con la Titti accanto testa al suolo e piedi al soffitto. 
La mascherina per occhi con la scritta "Fuori servizio" non si era mossa di un millimetro.

giovedì 14 marzo 2013

OGM

La Titti non se n'era accorta, ma le buste dei regali per il suo amante e per sua nonna erano identiche. Spensierata, come era lei ogni anno prima che arrivasse la primavera, se ne andava in giro per la città trascinandosi dietro queste buste con fiocchi e nastri, ignara del mondo, che nell'inverno a volte la faceva dannare, ma che allo schiudersi di marzo lasciava spazio alle follie metereologiche del mese ed erotico-sentimentali della Titti. 
Aveva proceduto nel suo giro consueto di ricognizione che comprendeva:
- 4 profumerie: una -la profumeria inglese- per cercare la rarissima essenza di mandragola e belladonna con cui avvelenare il marito il giorno che l'avesse trovato, una -sephora- per provare gli aromi  inediti, una -aline- per acquistare il sentore preferito "Rem" e una, che era più una sala da trucco, -mac- dove trovare i pennelli a lingua di gatto per gli ombretti.
- 3 negozi di abbigliamento: due vetrine -MaxMara e Valentino- e un tour completo comprensivo di prova nel camerino e scenata isterica alla povera commessa per l'inesistenza del modello in satin -Max&Co.
- 1 Libreria dove trovare romanzi arzigogolati e dvd con cui o piangere a fiotti o da cui trarre ispirazione.
- 2 gioiellerie: solo vetrine - Bulgari e Pomellato - per giocare a "se fossi nata ricca".
- 1 caffè: bere un nocciolino da Chiaroscuro era imprescindibile per riprendersi da "se fossi nata ricca". La prima volta che si era imbattuta in quelle tazzine era stata scortata fin lì da Isil. Avevano giocato a "se fossi nata ricca" davanti alla vetrina di Patrizia Pepe; la Titti era stata folgorata da una pump nera con lacciolino alla caviglia, 10 cm senza plateau e tacco a spillo, era decisa a entrare ed alleggerirsi di 400 euro uscendo vestita solo delle calzature, dato che il budget era così estinto. L'amica la dovette graffiare e trascinare per i capelli per farla desistere. Spettinate e sudate promisero che da quel momento avrebbero giocato solo a Monopoli. Ovviamente sapevano entrambe che avrebbero continuato a giocare a "se fossi nata ricca", ma era un tacito accordo che le faceva stare ben al di qua dell'entrata, anche perchè la Titti in genere rimaneva affascinata dagli apri-porta di certe boutiques, "bersaglieri che ti sorridono sempre" come li chiamava, ed una volta ne prese a borsettate uno perchè confuse il sorriso professionale con un ammiccamento e quando voleva lasciargli il numero, vedendo che il tipo la ignorava cortesemente, non fece discorsi, impugnò la pochette dal lato morbido e lo colpì con la fibbia in strass sullo zigomo destro strillando che era un cafone. Furono distribuiti 7 punti di sutura e una settimana di prognosi.
Il Tour poteva arricchirsi di extra e deviazioni, come quando doveva fare dei regali, come in questo caso. La cardiopatica nonna paterna festeggiava i 9 anni dal by-pass coronarico senza l'ombra di un acciacco, un'occasione speciale, dato anche che i sanitari le avevano garantito al massimo 5 anni di vita dopo l'intervento, così la Titti voleva celebrare degnamente un simile traguardo. Per l'occasione si recò da "I visionari", occhialeria radical-chic aperta nel quartiere più cool della city in un ex - cartoleria degli anni '40 di cui, genialmente, restavano intatti i pavimenti e l'insegna. Optò per un paio di occhiali da vista anni '50, a gatto, con coordinata catenina, al bisogno trasformabile in collana.
La Titti era contenta perchè immaginava di aver trovato un regalo perfetto. Così decise di passare a trovare il suo fido consigliere del centro della calza, rivenditore autorizzato per professioniste e non di abbigliamento hard. La Titti voleva fare una sorpresa anche al suo fidanzato, che era avvezza a coccolare con la mercanzia del mago delle calze. Le mancavano pochi articoli del campionario, ma quel paio di autoreggenti a pois da pin-up erano una falla nel suo repertorio e fu colpita dai nuovi arrivi: ventagli giapponesi, che prese nelle tonalità del cipria sognando di omaggiare Sophia Coppola e la sua Marie-Antoinette, di cui il fidanzato pareva essere un fan, e copricapezzoli a stellina in fantasia Bowie-Stardust.
Col cuore pieno di piume e pizzi la Titti volò dalla nonna, ospite della Residenza "Villa Arzilla", ma consegnando il pacco sbagliato. Le dita artrosiche sciolsero il fiocco e sollevarono stelle, ventagli e pois. Gli occhi presbiti si sgranarono. La Titti capì l'equivoco e si sentì la terra andar via da sotto i piedi. "Nonna temo che ci si stato un errore". Ma la nonna intanto, svelta come un bambino che gioca ad acchiappino, si era già diretta verso la sala TV chiamando un tale Gino. La nipote riuscì a raggiungerla porgendole gli occhiali che la donna guardò con sufficienza e commentando:
"Questa roba io la portavo nel 1952, quando facevo la dattilografa dall'avvocato Guidotti. Ho già dato. Ci puoi fare la segretaria-gatta con quel carciofo a cui piacciono i film storici, io mi tengo questo bel malloppo. Gino, ma dove ti sei messo?!"
La nonna scomparve dietro il suo conte di Fersen (forse quello vero), un fossile con un bastone da dandy -si dice appartenuto ad Oscar Wilde- ancora in buono stato (la mazza), erano svelti come saette. La corsa finì sulle scale dove una ciabatta della vecchietta era rimasta incastrata nel tappeto, valendo una lussazione. Il Conte di fersen aggiustando il volume dell'apparecchio acustico chiedeva spaesato: "Il vino? Come dove l'ho messo?"
La nonna fu messa in lista per una protesi totale dell'anca destra, non destando il cuore per l'équipe la minima preoccupazione. Quando perentoria l'anziana comunicò all'anestesista 
"Gradirei ascoltare quel giovanotto del Mississippi che agitava il bacino come un satanasso, invece del martello e della sega quando sarò sdraiata sul tavolo operatorio" la Titti ebbe la certezza di ciò che aveva sempre sospettato: la madre di suo padre era un OGM.

Risa

Era bello ridere un tempo
quando eravamo spensierati e non ce ne accorgevamo.