venerdì 9 ottobre 2009

Retro al naturale

Quella sera nessuno avrebbe immaginato che l’azzopata Valetudo diventasse eroina sventatrice di interventi costosi sulla carrozzeria della mia machine. Non che non lo sia, anzi, distribuendo quotidianamente e a gratis cultura al popolo, la sua missione già la candida nell’olimpo dei nobel per la pace. Ma quella sera di mezza estate passata superò sè stessa, esondando dagli archivi storici e dagli scaffali impolverai della biblioteca pubblica.

Sappiamo che Valetudo è saggia, ma non che sia zoppa, iniziamo quindi col dire che si era azzoppata, l’ultima sera delle ferie a Santorini; dato che uno ne fa tanto poche c’è da capirla, s’era emozionata e non trovò niente di meglio da fare che zomparsi sul piede. E’ una sperimentale, c’è poco da fare. Contribuirono sicuramente le vernacce locali, di cui aveva comunicato il gusto e gli effetti oltre-adriatico alle T4ever attraverso telefonia mobile e la vacanza che stava volgendo al desio... L’ultima sera, è noto, va fatta scorta. Uscendo dalla taverna, che poi si scoprì essere una bisca frequentata da bari di prima categoria e scenario di traffico di stupefacenti, denaro sporco e prostitute [Valetudo, lo so che queste son tutte minchiate, ma il feuilletton così mi acquisisce tutto un altro spessore], quasi senza accorgersene si ritrovò riversa sul selciato, aiutata da una voragine che si apriva tra le pietre. Si sentì la botta anche da dentro, tanto che il cameriere interruppe la pesa della bamba per accorrere in visione; in realtà era per puro piacere visivo, dato che - affacciatosi -  non mosse un dito, ma si limitò a guardarla alzando le spalle, come a dire che dato che era già fuori lui non c’entrava nulla... Ma il ragazzo era poco perspicace, dato che lei non aveva fiatato, tanto meno si era rivolta a lui. Certo, in sovraimpressione passavano tutti i santi in compagnia, ma dall’istanza alla volta celeste i mortali erano esclusi. In ciò la testa di Valetudo si girò automaticamente verso l’Olimpo, moglie e dei dei paesi miei. Passato il raccoglimento in preghiera si alzò  e prese in braccio anche il fidanzato. Il giorno dopo si caricò come un mulo per partire con trolley e quant’altro e marciò ampiamente e reiteratamente sopra la botta. Le ferie si prolungarono con 5 giorni di malattia (dio ascolta sempre), ricevuti al pronto soccorso di zona a cui si precipitò arrivando a casa: la caviglia in foggia di melone denotava una contusione che rendeva obbligatorio l’uso delle stampelle. Spero che nessuno di voi le abbia mai provate: alla fine il problema diventano le mani, sforzate dal costante appoggio. Poche sere dopo, con le T4ever cercammo di allietare la convalescente con una cena e l’occasione si presentò da sè: la festa della birra. Ci strafogammo di cibo bavarese e di Weiss. Chiaramente per il rientro a casa alzai subito la mano offrendomi come autista, anche perchè la mia macchina è piccola, ma nessuno sa che ci tengo dentro un tappeto rosso per le grandi occasioni, quale era questa; non potevo assolutamente perdermela. La casa di Valetudo si trova un pò in pendenza: Per allestire la passerella degna della migliore Croisette, parcheggiai in retro e precisa con lo sportello del passeggero nello spazio tra due macchine parcheggiate. Si dice che “donne al volante, pericolo costante”, e io credevo che fosse una superstizione, invece mi son dovuta ricredere, nonostante il femminismo e le suffragettes; in effetti il mio problema si palesò essere non tanto il volante, quanto il mio rapporto col freno a mano: nel vano tra i due sedili davanti dove appunto è alloggiato il freno a amano son solita poggiare la mia borsa, meglio conosciuta come “bagaglio a mano”; se ho bisogno all’improvviso del lucida labbra o della pinzetta per le sopracciglia non posso esitare, devo trovarle immediatamente e questo spazio si confà in tutto e per tutto allo scopo. Chiaramente per tirare il freno a mano va movimentata questa massa critica e ciò non avviene proprio tutte le volte con successo; quella fu una di queste; io feci la mossa di tirarlo su e abbandonai l’abitacolo per aprire lo sportello alla passeggera e srotolare il tappeto rosso. Mentre mi alzo abbandonado l’abitacolo, la macchina prende la via, Valetudo era già ruotata di 45° sul sedile e arzilla aveva anche già aperto la portiera e così aveva le stampelle in mano accingendosi a uscire. Intanto la portiera aperta era sempre più vicina al cofano di una delle macchine ferme, in procinto di essere divelta dal movimento. Mi vedevo già davanti a un assicuratore in giacca e cravatta con la faccia lussuriosa di chi te lo sta mettendo nel culo e davanti  a un poster di parrucchiere nude in tridimensione dal meccanico di fiducia. Mi sento chiamare, cercando di entrare in macchina, pensando “Ormai è fatta!” e invece no. La prontezza di Valetudo ci ha salvate: con scatto felino di lince selvatica ha gettato le stampelle, si è rimessa in posizione, ha scostato il bagaglio a mano e ha tirato la leva come si deve. Poi ha iniziato a ridere. Io mi son pisciata addosso. Ci ha salvate perchè ha anche salvato il suo arto con fascia allo zinco dal ghigliottinamento. Con il mantello da wonder woman che le era spuntato e l’occhiolino m’ha detto: “Tranquilla, ci avrei messo il piede!”

Non è bionica questa Donna?

Insomma cosa potevo fare: Bondi a Ballarò che mi parla di Craxi... ho preso il viagra e ho girato su un porno.

domenica 20 settembre 2009

Le inaspettate risorse del monolocale

La ricerca di una casa per un single non è facilissima. Anche la Titti è stata presa per il collo. Sebbene abbia ampiamente passato l'età da marito, sua madre non si rassegna restando estremamente convinta che se la nostra trovasse un fidanzato avrebbe anche un tornaconto finanziario non indifferente, ma la Titti serafica risponde:
"Mamma, ma perchè limitarmi ad avere un uomo in un appartamento, quando posso avere tutti quelli che voglio in un monolocale?!?"
La libertà ha sempre un prezzo.

martedì 1 settembre 2009

Bus o Sub?

Assito in diretta ad un episodio che ha dell’assurdo, ma è realistico testimone dei tempi che corrono; sto scrivendo a finestra aperta, dato che fa caldo; mi arrivano le voci dalla strada; sostenute, ansimanti; mi affaccio; si capisce che son due controllori degli autobus che stanno rincorrendo una ragazza e in più c’è un giornalista al seguito; la ragazza aveva pagato, ma penso servissero le generalità ai multanti; il giornalista accusa di barbarie questo rincorrere la sgunzia come fosse il peggio delinquente (non ci dimentichiamo che era a bordo senza biglietto e questo mi pare assai grave); i due dei trasporti però sottolineano che, facciano il loro dovere o no, vengono sempre attaccati dai giornalisti; per questo son d’accordo con loro, ma anche con mister cronaca, seppur in maniera diversa: è assurdo che debbano correre dietro agli stronzi che non pagano (chi non paga è uno stronzo: se si pagasse tutti il servizio sarebbe molto migliore), perchè, come OVUNQUE all’estero, non ci sarebbe nemmeno bisogno di loro. Una sola porta per entrare, quella davanti all’autista che controlla esso stesso il possesso del biglietto/abbonamento o lo fa a chi ne è sprovvisto, e se non siamo sicuri mettiamoci anche un controllore che non faccia entrare nessuno da altre entrate, da cui si possa solo scendere. Ci vuole tanto?

Cera d’Api

Ero incazzata nera con la zoccola dell’estetista, dato che dopo 3 settimane potevano di nuovo dimostrare la mia discendenza dall’orango, e normalmente ne impiego 5; è noto, chi lascia la vecchia strada per la nuova sa cosa lascia ma non sa cosa trova ed ecco come mi ero ritrovata io a cambiare estetista.
Punto primo voleva agganciarti un sacco di programmi drenanti-dimagranti-rassodanti e questo è controproducente al massimo: quando andiamo dall’estetista o dal parrucchiere abbiamo bisogno di essere rassicurate, e di sentirci leggere e belle come Eva Herzigova, perchè siamo in cerca di coccole e non di sguardi critici, che ti fanno notare quello che già sai; per intendersi meglio: bella mai se parli a me di cellulite è come parlare di corda in casa dell’impiccato.
Punto secondo mi ha preso tutti dati per mandarmi tutti i programmi delle promozioni, che si verificano - mi spiegava stridula - soprattutto a natale; praticamente avrei dovuto spenderci stipendi su stipendi per avere 2 o 3 trattamenti gratis.
Punto terzo mi depila con la famigerata cera al titanio, di ultima generazione, anzi di generazione futura, a detta sua (in realtà già l’avevo provata a Parigi nel 2002, ma solo per le zone delicate, potta e culo come direbbero gli amici del vernacoliere); per carità, delicata è delicata e lo strappo scivola via agile, il problema è che il pelo, galvanizzato da tale soavità si ringalluzzisce in tutto il suo vigore e così a suo agio si riproduce più folto e più rapido; il pelo ha bisogno della forza bruta per essere eradicato, e chi vi parla ha rotto un silk-épil.... La stronza aveva pure messo le mani avanti: “se prendi il sole ti cresceranno più in fretta perchè attivi la vitamina E che stimola tutto ciò che contiene cheratina, unghie, capelli, peli...” Guarda caso le unghie son diventate retrattili e per farmi crescere i capelli ci devo appendere dei piombini, gli unici a crescere inesorabili sono stati gli steli nelle gambe.
Proprio mentre a lavoro condividevo con le mie colleghe tali estetistiche sventure se ne esce fuori Sandra, OSS infaticabile, che esclama: “ E che problema c’è?! Te li faccio io!” Quindi oltre che OSS infaticabile m tocca aggiungere che è un tutto fare. Detto fatto, due giorni dopo suono alla sua porta. Mi viene incontro Willy, lo York Shire tutto guaiti e scodinzolii; si emoziona facilmente e inizia a spiaciacchiare qua e là, nello slancio salta a anche sul divano, marchiandolo di felicità, aggiudicandosi l’ira della padrona. L’adattamento della casa a studio-estetico non mi dispiace ed offre i suoi vantaggi: non ci sono clienti a battere i piedi o a sfogliare impazienti giornali dalla dubbia tiratura, quindi c’è tempo per una sigaretta e per un caffè, tutto con calma e le chiacchiere sono autentiche e non pettegolezzi di convenienza che ci si trova a scambiare con quelle con la cera al titanio; Sandra si avvale dell’aiuto delle amiche api ed usa una cera al miele. Mi sistema sotto la ventola, sul tavolo di cucina coperto da un asciugamano. Lo strappo è deciso, ottimo; scopro che l’estetista era stato il suo primo lavoro, il trucco c’era!
In posizione ginecologica vengo privata del cappottino inguinale, mi scuso per il cospetto imbarazzante, ma Sandra, materna, mi rassicura: “Con tutte quelle vecchie che vedo finalmente una giovane!”.
Sull’interno coscia suona il campanello. Sandra svelta mi butta un accappatoio addosso, chissà da dove e come lo ha preso, e mi nasconde in terrazza: era il cognato che aveva bisogno di lavorare al pc, anche lui per sicurezza si tappa gli occhi e passa dicendo “NON VEDO NULLA - NON VEDO NULLA - NON VEDO NULLA”. Sandra approfitta dell’interruzione per una pausa sigaretta, Willy per fortuna non piscia più, in compenso zompa intorno al mio altare.
Ho le gambe lisce come il culo di un bambino, dubito di risentire l’odore della cera al miele prima di 4 settimane.

uomini che odiano le Donne

Mariuccia ha il morbo di Parkinson e due occhi grandi e celesti grandi così che ti guardano a volte vuoti, ma a volte addirittura terrorizzati, anche se le stai solo cambiando il lenzuolo. Non capivamo perchè; lei non ha molta voglia di parlare, diciamo così, e non te lo dice, ed è bravissima a non farti capire le cose se non lo vuole, sa diventare una maschera amimica.
Infine un giorno ci siamo accorti perchè fosse così sulla difensiva. Il marito, che la stava imboccando le urlava imprecando contro, dato che non voleva mangiare; lei allora si che serrava la bocca; lui le diceva che allora voleva lasciarlo, mentre le sbatteva il cucchiaio sui denti in trisma inesorabile. E’ ovvio che le scelte dello chef o la qualità e il gusto delle pietanze non c’entrassero con quel rifiuto e ciò è diventato ancor più palese quando le ha mollato una sberla colossale e rabbiosa. La testimone era di spalle, s’è girata, lui fermo; lo ha invitato a desistere; poi ha lasciato la stanza, ma lo teneva d’occhio dallo spiraglio della porta; non appena fuori, lui ha ricominciato e giù altre botte. Allora è tornata indietro irrompendo nella camera, chiamando anche una collega. Abbiamo anche la testimonianza della badante: quando rientra dal giorno libero la ritrova sempre con qualche livido; una volta fu ricoverata al pronto con il collo rosso e un’idrocefalite, chi sa fare 2 + 2 azzardi pure efferate conclusioni... E ora arriva il bello: la cretina della mia collega non ha riportato nulla in consegna, io non posso farlo “per sentito dire”, davanti a un giudice non varrebbe nulla; noi siamo l’unico aggancio per quella donna. Perchè - mi chiedo - c’è questo atteggiamento omertoso? Diventiamo carnefici anche noi.
Per ora gli abbiamo impedito di imboccarla, e fiche sarà da noi ok, ma poi? E tutto quello che deve aver passato prima? No, non stiamo facendo per niente un buon lavoro.
E poi mi dicono di non bestemmiare.

Rinnegata Appagata

“Madri di biciclette” è il titolo di un bel libriccino di Massimo Fagioli, che le T4ever mi hanno regalato per i “trentunanno” (esce per Società Editrice Fiorentina). E’ stato graditissimo visto che, come si immaginavano a buon diritto donandomelo, mi ci rivedo molto, per esempio quando parla di Firenze:

“... “Ma quanti comitati ci sono in questa città?
“Facile. Uno a favore, uno contrario e uno possibilista. Per ogni questione all’ordine del giorno. Fai il conto tu! L’apoteosi dell’associazionismo nella capitale dell’individualiismo. Chi ci capisce, è bravo!” ...”

La location ad onor del vero non è mai specificata, ma chi fiorentino è lo sa che è della sua città che si tratta. Questa mi pare una sintesi magistrale dell’aria che tira nel capoluogo toscano, vedasi per la tramvia il vespaio che i fiorentini son riusciti a tirare su.... siamo ancora a discutere del proto-metrò e io che speravo che mettessero i missili, o che ci sparassero sul luogo di lavoro con il propulsore che nei circhi usano per la donna cannone (in sottofondo De Gregori, naturalmente!).
Il buon Massimo ne ha anche per gli automobilisti, e da ciclista non posso che essere sensibile a ciò (è Asfalto, leader del movimento a pedale, che parla):

“... Ma noi vogliamo arrivare alla gente è, all’automobilista bloccato nel traffico, vittima e corresponsabile del suo stato di incazzatura e frustrazione. Dipendente da un potente motore che farebbe pure i 200 ma poi non regge il minimo e si spegne quando sei in fila sulla rampa d’uscita di un sottopassaggio, e intanto stai inquinando l’aria che i tuoi figli respirano e pure spendendo fior di quattrini [...] Ma pensate che la gente sa stupida? [...] E vi sbagliate, è solo male educata e peggio abituata ....”

Poi entra in scena Alvaro, che se n’è andato dai crucchi, e qui si ritorna sul mio volermi mimetizzare di cui qualche post fa e sulla facilità di vivere altrove:

“... Evitò i connazionali e le varie trattorie Bella Napoli, scegliendo di condurre vita da tedesco, “il rinnegato”, lo chiamavano i pizzaioli della zona, vedendolo tirare di lungo, senza affacciarsi una sola volta nel locale, “che qua pijamme pure ‘a Rai!”.
Solo dopo molti anni riconsiderò l’idea di tornare in Italia, ma la decisione fu sofferta, e tutt’altro che facile: se a Hannover gli mancava l’Italietta disperata ma tanto cinematografica, nelle periodiche rimpatriate bastava il primo intoppo, il primo autobus strapieno come un carro bestiame in ritardo di mezz’ora, o la cabina telefonica maleodorante di orina e la cornetta strappata perchè già rimpiangesse la Germania, ordinata, efficiente, appagata. Quando fece il grande passo, e si decise a tornare, operando una faticosa operazione psicologica di annullamento e rimozione di tutta quell’esperienza, c’era una cosa di cui non volle dimenticarsi: la vivibilità di una città profondamente ed estensivamente percorribile in bici. La sostenibilità di una città pedalabile. Il semplice che da noi è difficile a farsi. Industrioso...”

Fermerei l’attenzione sulla parola “appagata”: è appagata si la Germania, e così la Svezia: sono rilassati e tranquilli, lo dico per aver toccato con mano, ripeto; se tutto intorno ti gira nel modo giusto è ovvio che non parti incazzato come una iena appena ti svegli, non occorre che ti metta un’armatura pesa un quintale per affrontare la giornata e soprattutto non devi sprecare le energie a vuoto in gatte da pelare che in realtà sono fuffa. E così la questione della gente male educata e peggio abituata: quante volte non prendo la pista ciclabile perchè anche se c’è è invasa da coglion-pedoni? E questo è solo un piccolo esempio... A risentirci alla prossima polemica, su questi schermi naturalmente: Stay connected!!!

mercoledì 26 agosto 2009

The End

Son toranta, con gli ori in tasca della Pellegrini e della Filippi, torno nel profondo sud, sweet home Tuscany... senza aver trovato un ortolano che mi vendesse dei mirtilli per gli orsi... fortuna che il check-in a loro non lo fanno...

Day 13: 08/08/'09

Le contraddizioni non mancano anche qui, ma è facile vivere in Svezia. Questa è la conclusione a cui giungo sul Flygbussarna che mi riporta ad Arlanda. Guardo dal finestrino, ho un nodo in gola, so che tornerò, ma per adesso voglio riempirmi gli occhi e il cuore di tutte le immagini di Stoccolma che posso raccogliere, anche di quelle della zona industriale, da cui passiamo per raggiungere l’aeroporto. Ho salutato Isil dove ci siamo incontrate quando arrivai, con lo stesso abbraccio, abbiamo chiuso il cerchio. Prendiamo il caffè al bar dei saluti, al City Terminalen dove viene a salutare chiunque passi a trovarla. E’ troppo doloroso pensare a questo adesso, mi lascerò riempire gli occhi dal cielo di Svezia.

Parte della mia missione di mimetizzarmi è riuscita: viaggio con una maglietta di Berlino, sono in fila per il check in che qui puoi fare molte ore prima e di fatto sei tra persone che al 90% non saranno sul tuo volo. Scambiamo due parole con gli astanti; un passeggero austriaco mi chiede se non sia tedesca. 



Day 12: 08/07/'09

E così siamo arrivati all’ultimo giorno, domani parto. Oggi ho una bella scarpinata da fare.

In questi giorni escono le dichiarazioni dei redditi delle donne più ricche di Stoccolma. L’anno passato da noi ci fu un così gran putiferio su questa questione. Qui non hanno nulla da nascondere, ma è un fatto di mentalità; e ora fatemi fare un pò di antropologia abitativa: fateci caso, da noi le persiane stanno parecchio accostate, chi è fuori non deve impicciarsi; qui son tutti vetri e se magari sali le scale a culo di fuori te lo vedranno, ammesso che te lo guardino: hanno di meglio da fare che stare li a fissarti morbosi le chiappe! Sicuramente c’entrerà anche il clima, qui si ricerca la luce, il calore, da noi, d’estate soprattutto si rifuggono, ma è una forma mentis, altrimenti, sulla trasparenza sempre, non si spiega come, pochi anni fa una parlamentare che fu beccata a parlare con un giornalista al di là degli spazi e dei tempi consoni, per solo questo fatto si dimise. Da noi il premier va a mangiare con i giudici e dice che i giornalisti non si devono schierare: e questo è un appello a loro, è esattamente quello che dovete fare, l’opinione pubblica altrimenti come fa, poi è scontato che vinca quel nato d’un cane, e poi vergogna  a lasciarmi Marco Travaglio sempre solo!

Prendiamo la tunnelbana e intercettiamo il giornaletto “Metro” da cui ritualmente  ormai leggiamo l’oroscopo. Isil scende a Rådmansgatan per andare dritta da Martina. Io torno in Gamla Stan, dove c’è la libreria dell’Istituto Svedese; ci trovo il libro di Selma Lagerlöf sul prete spretato, in italiano; ho finito le mie saghe (che così potrò finalmente passare a Valetudo). Faccio un giro da Ålens, un grande magazzino classico, mai lasciare Stoccolma senza averci fatto un salto prima. Soprattutto non posso partire senza tornare al Central Badet. Voglio tornare con lo schiaffo morale di un’abbronzatura, contro i luoghi comuni. Mi mancherà la sauna! Prima però urgo di uno spuntino; scelgo la Kulturhuset come mia meta: ha il caffè ai piani alti e la struttura in vetro e ferro offre un’ottima visuale, mi pregusto già panorama e caffè scrivendo sul mio mac, ma il sorriso mi si spezza sul viso appena mi rendo conto che tutti i posti sono occupati; ma dovevano venire tutti qui oggi? L’idea in realtà era di venirci con Rosalba, per salutarla, ma non può perchè stasera farà la notte... una scusa per tornare: come si fa a partire senza salutare Rosalba? Mi tocca farmi uno smörgås, un panino scoperchiato, al bar del Central Badet, sennò in sauna ci collasso.

Soprattutto oggi è il tempo per l’ultima fika... scelgo ciò che ha detta di Isil è il posto dove si mangia la miglior Hallon paj di Stoccolma, sarò costretta a confermare. E’ il Café Birger, giusto dietro Odenplan, questo mi fa essere vicinissima a Martina, potrò sfruttare fino all’ultimo minuto. Ci sono i tavolini fuori. Il cielo è terso e anche se ci vuole la giacca, mi accomodo fuori e mi godo il tepore. Scrivo e leggo. Questa si che è vita! Tuttavia 20 minuti mi sembrano eccessivi per l’attesa, soprattutto dopo che continuo a veder servir tutti e che la capa si fuma pure una sigaretta, così le chiedo che fine abbia fatto la mia torta. Lei cambia espressione, è mortificata, si scusa; viene immediatamente con la Hallon, la salsa di vaniglia e un’aranciata che io non avevo chiesto, ma che mi offre lei per scusarsi; quante volte pensate vi sarebbe successo in Italia??? E’ davvero la Hallonpaj più buona di Stoccolma; purtroppo mi scordo di visitare la toilette, nonostante le raccomandazioni di Isil... l’unica volta che non mi scappa! Lo prendo come un altro segno di Odino: devo tornare qui. Anche per visitare Skansen del resto e per fare milioni di altre cose, chi più ne ha più ne metta!

Raggiungo Isil al negozio. Stasera mi aspetta con Valerio, l’amico genovese vittima della sindrome di Stoccolma pure lui, cui auguro con tutto cuore di farcela a trasferirsi. Lui sostiene che con il mestiere che faccio dovrei annullare il rientro.. pure lui ci si mette ora  a schiantarmi pulci nelle orecchie!!!

In onore alla mia ultima sera e alla sua prima ceniamo in un ristorante svedese, salmone è la nostra scelta. Al cuoco purtroppo è caduto un pò troppo sale... questo ci costringe a bere una volta usciti; la meta è sempre lei, Söder l’incontrastata, senza tralasciare il panorama di Montelius, da cui dò il mio saluto ufficiale alla città. La sete incombe, cerchiamo un pub, Götgatan fa al caso nostro; voglio assaggiare il sidro, che penso essere semplice succo di mela. Quando ne ho trangugiato un buon 95%, sentendomi avvampare come arsa su un rogo e sentendo che ormai i freni inibitori hanno salutato la curva, chiedo ingenua e spavalda:”Ma c’è l’alcool qui dentro?” Isil manca poco soffoca dalle risa e anche Valerio è molto divertito. In quelle condizioni, raccolta la serata, torniamo verso la casa dove una valigia spalancata mi aspetta.


Day 11:08/06/'09

Il livello delle mie occhiaie comincia ad essere difficile e critico anche per il restauratore più preparato. Ma ho un sorriso ebete stampato in faccia. Sono febbricitante, ho un obiettivo e non si tratta di perdere peso, cosa voglio di più dalla vita? 

Restringendo il tempo  e il campo d’azione oggi il mio obiettivo è il Vasamuseet, il museo più visitato di Svezia; si tratta dell’esibizione del vascello lungo 69 m ed alto 48, che partì per il suo viaggio inaugurale il 10 agosto 1628, orgoglio della corona svedese, con un equipaggio di ben 100 uomini. Pochi minuti dopo aver salpato si ribaltò e inabissò, più o meno all’altezza dell’attuale museo, al cui esterno svettano gli alberi della nave che riproducono quale ne fosse l’altezza reale. E’ impressionante. Negli anni ‘60 l’imbarcazione è stata tolta agli abissi e ha rivisto la luce nel 95% della sua mole, che è stata mantenuta. Era decorata con coloratissime statue di legno che ora sono sbiadite. Il bestione è veramente suggestivo, perchè - colori a parte - si può dire sia stato recuperato nella sua interezza. Appena si entra si è sovrastati. Ci sono più livelli da cui ammirarlo e vengono illustrate sia la storia che le fasi di recupero. Alcune cere tentano di riprodurre i volti degli sventurati a bordo e molti oggetti ricostruiscono la vita dei marinai del ‘600. 

Devo fare i conti con il fatto che il museo è popolarissimo e che è periodo di vacanze;  é invaso da orde di turisti, che onestamente mi guastano la visita. L’apice viene toccato quando sento una mamma romana strillare: “Ah Ggià, ‘ndò sta ‘r piccoletto???” 

Ma vattene a morì ammazzata! Anvedi sta bborgatara! E’ la scritta che appare in sovraimpressione nelle mie meningi... dove ho lasciato le mie cuffiette??? Poi non mi biasimate se quando sento parlare italiano o vedo uno zaino invikta mi fingo di un altro paese... Non sopporto tutta ‘sta caciara e penso che sia all’origine di buona parte della disfatta del paese che accolse fior di geni ed artisti. Non siamo più nel rinascimento e di questi tempi non trovo vanto nel professarmi italiana, in particolare dal 1994. Oltretutto siamo anche in balia dei massoni. E non mi dilungo oltre, è della Svezia che voglio parlare ora. 

Faccio una passata prima di raggiungere Isil, con cui a razzo ci catapultiamo nel nostro amato Söder, a Sofo, nel parco di Vitabergen dietro santa Sofia, dove stasera si esibiranno i Cirqus Alphon. Non ci sono le acrobazie di Circus Cirkör, qui si fa musica. L’anfiteatro di legno e pietra è gremito, non troviamo un posto neanche a pagarlo oro. decidiamo di sederci sui gradini da cui una visuale, anche se di sbieco, si ottiene, fino a quando due pesti ci piantano il culetto in faccia e ci fanno assistere allo spettacolo come se si ascoltasse alla radio. Esperienza sicuramente alternativa, ma di cui avremmo fatto volentieri a meno. Depresse ci avventiamo sul cibo, questa volta preparato in lauta quantità da Isil, cuoca provetta, pure le tortine di lampone ci stanno, disgraziata! Mancano giusto i supplì. Le maiale ci ottundono la visione, la madre se ne frega; vi sembrerà esagerato che parli così di bimbe di 8 anni, ma essendo aristotelica fin nel midollo intuisco l’atto di ciò che ora si palesa solo in potenza. Ci lasciano tregua solo per un attimo, quando - infreddolite - cercano qualcosa con cui coprirsi; i nostri beniamini, in capigliature e baffi anni ’80, terribili e gagliardi, lanciano bucce di banana sul pubblico, si cimentano in cover rivisitate e con inaspettate prestanze ginniche ci fanno discretamente scompisciare dalle risate. Non riesco a descriverveli, dovreste vederli. 

Ci tratteniamo anche dopo la fine dello spettacolo, finalmente guadagnando uno spalto... non è da tutti vedere da qui almeno i titoli di coda. Gli eterni banchini di queste occasioni con korv e liquirizie aromatizzano l’aria e poi sbuca da un cespuglio quello che io amo definire un nobel postumo: ingolfato nei suoi abiti neri, col suo cappotto svolazzante ma non troppo, la calvizie incombente sopra un misero codino e barba si aggira con aria greve da grande incompreso per eventi mondani, sempre defilato, sempre alla ricerca della maniera di dare meno nell’occhio. Ci accorgeremo di lui solo quando sarà irrimediabilmente troppo tardi. Ricordatevi di questo quando accorrerete in libreria per accaparrarvi una copia dell’opera del misterioso genio svedese prematuramente scomparso...

Per uscire dal parco ci imbattiamo in una casetta alle cui finestre si affacciano pupazzi di gufi e civette che tanto piacerebbero ad Eule e Liz, subito scatto una foto pensando a loro.

Decidiamo di prendercela comoda e di ammirare il panorama da Katarinavägen, un contro belvedere a Montelius, precisamente dall’altra parte di Söder, se come spartiacque si prende Slussen. Da qui siamo più vicini a Djurgården, quindi al Vasa e a Junibacken. Si ha l’esatta percezione dello snodarsi a piovra della città fra gli spazi verdi. L’idillio è interrotto da un pazzo che si avvicina farneticando in un inglese molto impastato; è moldavo, dice di odiare gli italiani, ci aggredisce verbalmente; si avvicina decisamente troppo, provocatorio e fuori di sè; siamo spaventate, cerchiamo passanti a cui attaccarci e troviamo una coppia; le ire del midriatico (che subito mi fanno pensare a cocaina) si scagliano anche contro di loro. La frase che più ripete è “I hate you”, urlando. La donna, un bestione biondo e a questo punto molto incazzato, gli urla di tacere, il suo uomo interverrà solo dopo. Questo lo spinge verso l’altra parte della strada, da un’altra coppia di ml capitati, acceleriamo il passo cercando di guadagnarci la fermata della metro; stranissimo, ma non vediamo in questa folle corsa una volante della polizia che sia una, intanto il ragazzo della biondona chiama il 112, ma il pazzo strafatto fa in tempo a riattaccarci. Per fortuna qualcosa lo distrae e riusciamo a dileguarci. Chissà a quanti altri romperà i coglioni; avrà fortuna finchè non troverà un gruppo di neo nazisti in serata buona o finchè lo spacciatore gli rifornirà dosi tagliate adeguatamente, ma questo in genere è un gioco che non dura per sempre. Ma guarda te se uno stronzo del genere ci ha dovuto rovinar il panorama da cartolina... ‘Fanculo ai paradossi e alle contraddizioni di questo mondo cane, chissà come mai un mal comune e trasversale è che quando la polizia ti serve davvero non arriva mai, quando ti deve fare una multa però è una primatista. Per due bocconi di korv in un autobus notturno i gendarmi sono accorsi subito, quando invece 4 persone rischiano davvero, non hanno avuto il garbo di presentarsi; chi me lo dice infatti a me che quello stronzo testa di cazzo non avesse un serramanico o una pistola in tasca, mica l’ho perquisito??? Minchia che incazzatura. Si deve iniziare a girare con una bomba a mano in tasca? Mica per altro, mi rovina la linea del pantalone sul fianco, già rinforzato di suo.

E anche stasera raggiungo il bordo del letto inquieta. Per fortuna ho le mie saghe della buona notte. Il mondo è un postaccio, perchè abitato dagli uomini che raramente tendono alla furbizia e all’intelligenza, troppa grazia sant’antò! Gli svedesi d’altronde non possono riparare a tutto.

La questione dell’immigrazione poi apre ad esacerbanti riflessioni; la Svezia ha sempre spalancato le porte a tutti, così ci sono adesso molti irakeni scappati a gambe levate dalla guerra. Nella città di Malmö, a sud, sono una comunità molto forte, anzi sono la vera e propria maggioranza dei cittadini, e si nota un cambio nei costumi della gente: la piscina comunale dava la possibilità, alle donne che lo volessero, di nuotare in topless: non se ne vede una. Pensiamo che sia il prezzo del cosmopolitismo, ma non ci torna fino in fondo, così come se a una ragazza musulmana piace uno svedese che non è colui che le è stato destinato dal matrimonio combinato dalle famiglie o va in giro vestita alla occidentale e per questo viene percossa. Essendo la maggioranza in quella città potrebbero istituire l’obbligo di portare il velo, ipoteticamente, anche se la legge svedese non lo permetterebbe immagino. Concludiamo che la religione dovrebbe rimanere un fatto intimo, non interferire con la vita pubblica, ma quando uno la pratica in maniera radicale credo sia difficile resti in certe sfere personali. C’è un altro aspetto da considerare: loro non vengono qua perchè vogliono vivere in Svezia, ma perchè fuggono da una guerra o cercano un lavoro; è logico che facciano comunità molto chiuse e non abbaino la benchè minima voglia di integrarsi veramente.

Ma prima di andare a letto decidiamo di distrarci con un pò di TV, entrambe ne abbiamo bisogno; la scatola con tubo catodico, è alloggiata nel salotto vittoriano; le poltrone rispetto ad essa son disposte così male che tocca fare come alla casa del popolo e portare due seggiolacce di cucina davanti alla tele (se lo sapessero Bengt ed Eva!!!). Iniziamo a cercare di accenderla e parte anche il satellite; Intercettiamo canali mediorientali, russi e italiani, tra cui tre reti commerciali milanesi dove cercano di appiopparti pacchianate che hanno il coraggio di chiamar gioielli e attenzione attenzione TelePadrePio; ci colpisce il logo, che ritrae il santo stilizzato di profilo... è sinistro a bestia. La tv svedese invece ha due canali statali senza, ripeto SENZA pubblicità; gli stacchi tra una trasmissione e l‘altra rimandano alla programmazione di lì a venire; per il 90%  si tratta di notiziari e documentari; a parte quelli sulla natura, condotti settimanalmente da un Alberto Angela fichissimo, ce ne sono molti a carattere di attualità; una sera, in prima serata Isl ne beccò uno sul metal, sui Gorgoroth, in particolare. E’ uno di quei gruppi che per mia madre si limitano a fare i rutti nel microfono. Ve lo immaginate su raiuno un documentario in prima serata sui Gorgoroth? Ma anche sui Metallica? Andiamo, sembra di raccontar le novelle... Intervistati raccontavano di come bruciassero le chiese per rivendicare le loro origini pagane: i cristiani son venuti fin quassù a rompere le palle, ma a loro mica torna e vagli a dare torto. Alla domanda “Cosa ti sipira?” il leader della band ha risposto, sguardo perso nel vuoto e voce da baritono: “Saaaaaa_taaaaaa_naaaaaa”.


Day 10: 08/05/'09

Come volevasi dimostrare; meno male che ieri mi son rilassata al Central Badet, perchè stanotte non ho dormito poi molto; i tecnici hanno rilevato presenza di “farfalle nello stomaco”. Che ci volete fare??? Sono ancora un’adolescente!!!

Ci siamo date appuntamento per il pomeriggio, ho dunque tutta la mattina a disposizione per prender fiato, e il mio luogo d’elezione è il Modernamuseet, sull’isola di Skeppsholmen, immediatamente ad est di Gamla Stan. E’ vicino al museo di architettura che purtroppo non ho il tempo di visitare, almeno per questa volta!!! E’ un edificio che si articola su tre piani e sfrutta il dislivello naturale del terreno scendendo in basso. Le sale che preferisco sono quelle dedicate ai Cubisti e a Mondrian, il resto mi incuriosisce ed affascina, ma mi sfugge anche molto, orba di quello sguardo sulla realtà che altrimenti permetterebbe a me di fare installazioni. In ogni modo per vederlo bene mi ci vorrebbero altre due puntate minimo, ma urge che prenda la rossa per andare a Danderidgs... 

Le indicazioni di Rosalba sono svedesissimamente precise, arrivo in un batter d’occhio a destinazione. L’ambiente è molto curato, la struttura è nuova, ampia e luminosa.

Mi ha procurato un camice per poter girare indisturbata nella struttura, una divisa e le ciabatte, per queste non so chi ringraziare, ma ci son stata comodissima. Il suo è il comparto operatorio, dove, come infermiera specializzata, fa l’anestesista. Il modello di riferimento è diverso dal nostro si ispira a quello anglo-americano in cui non c’è una divisione tra operatori socio sanitari e Infermieri, ma ci sono solo infermieri; c’è il nurse staff, dedicato all’assistenza di base  e poi il personale specializzato come Rosalba. Sia le sale operatorie che le sale-risveglio o la rianimazione e il pronto non sono dissimili dalle nostre, a patto che siano di recente costruzione, tuttavia è il sistema attivo lì dentro che cambia e stravolge tutto. Tutti parlano correntemente inglese, facilitandomi la partecipazione; come anche altri esempi hanno dimostrato, gli svedesi son sempre molto attenti a questo aspetto. Ed anche i pazienti stessi parlavano con me in inglese. Assisto ad un intervento su un piede diabetico, è un uomo di 75 anni circa; mi racconta delle sue vacanze giovanili con la moglie in Italia, non appena scopre che è da lì che vengo, e loda con occhi estasiati persi nei ricordi, la cucina del bel paese. C’è la radio accesa, il clima è disteso... Inusuale per me, dato che le sale operatorie viste da me fin’ora sembravano dei circhi in cui la strumentista sesso fa da assistente a un lanciatore di coltelli. Il paziente canta, ci sono gli Abba in onde medie, che spettacolo. Assisto anche a due  parti cesarei; devo ammettere che sono commoventi e che il momento topico non è  quando estraggono la pallina di lardo dalla trippa, ma quando tagliano il cordone. Da lì si che inizia una nuova vita, in quel momento secondo me hanno radice tante cose. Immagino che per me abbiano usato un paio di tronchesi! E poi dal taglio al primo vagito tieni il fiato sospeso; non so com’è che succede, ma di fatto così è: tieni il fiato sospeso finchè non senti il marmocchio strillare, e come ti piacciono quelle urla. E’ lì che allenti la tensione e se hai la palpebra debole ti cala anche una lacrimuccia. I babbi se vogliono possono assistere, anche se in realtà dipende dal tipo di anestesia somministrata alla mamma. Poi, quando il bimbo è stato pulito e dopo qualche spregio a fin di bene viene dato ai due incoscienti, e ora hai voglia te a favole e pankakor!!! Tanti auguri!

Un segreto: i letti si muovono in maniera che basta aiutare il paziente a spostarsi, senza il minimo sforzo; mi spiegano “perchè abbiamo solo una schiena!” .. non ditelo a me, che già me ne rimane mezza sola... Questi svedesi sono bravi a girare il dito nella piaga!

Non è una sanità, questo sistema è una santità! Sto cercando di non pensare al fatto che cercano infermieri, e sono molto tentata da annullare il biglietto di ritorno... Ma ormai la pulce nell’orecchio m’è entrata.. magari per questa volta torno, ma con un sogno nel cassetto nuovo nuovo, svegliata da un lungo sonno senza sogni.

Mandiamo messaggi ad Isil, per sentire se ci raggiunge da qualche parte per bere qualcosa, siamo cariche come cannoni.

Andiamo a bere in un pub all’aperto proprio tra due degli edifici della biblioteca. Si tratta di un locale estivo, allestito con gazebo e comodissimi, ampi divani Ci sediamo e ci trangugiamo birra e patatine. Dannazione, ma perchè il meglio della vita o è illegale, o è immorale o fa ingrassare? Come fa poi uno a non bacarsi il cervello??? Chiacchieriamo e ridiamo, la serata vola e presto arriva l’ora in cui la tunnelbana si trasformerà in zucca, ma per quanto mi riguarda sono su un jet, dato che son reduce da un nurse-tour da sballo.

So che neanche stanotte dormirò.


DAy 9: 08/04/'09

Niente Frukost (colazione) a casa oggi; è qualche giorno che abbiamo adocchiato i Pancakes del caffè Naco... Ne assaggiamo uno alla mela e alla cannella... delizioso, questo vince un grammy, è un Punkakes... e so che la ricetta è dei fratelli Ramones; non lo sapevate? Furono spediti a guadagnarsi l’estate da mamma, prima di imbracciare chitarre e microfoni o meglio se li volevano avere, in un caffè della East Cost, nei pressi di Portland. Si narra che fu in quell’occasione che maturarono le loro idee anarchiche; covarono le loro molotov contro l’ordine precostituito a suon di pancakes per Miss Virginy e Miss Laurette Locart, le sorelle (zittelle) che insieme facevano 155 anni, presso cui i fratellini erano ospitati e che si dovevano accertare dei progressi culinari dei due adolescenti brufolosi; riscuotevano molto successo e un netto miglioramento si registrò al passaggio di Frank Sinatra da quelle parti, tale da far dividere la carriera gastronomica dei Ramones in Before ed After Frank. In onore della loro musa escogitarono l’ingrediente segreto ed iniziarono a scaracchiare nell’impasto. Ciò permetteva, a detta degli chef, di raggiungere la morbidezza adeguata. Il vecchio Frank fu impressionato a tal punto che volle portarci la figlia Nancy, ignaro del fatto che Joe aveva fantasie erotico-orali su tale soggetto; non potè esimersi da escogitare anche per lei un ingrediente speciale e fu così che Nancy si ritrovò un pelo pubico in bocca. Furono immediatamente cacciati e successivamente per le tournées in patria il manager dovette ingrullire non poco con le autorità e furono confinati quasi esclusivamente all’estero, ma a Joe non importava, era come essersi fatto fare un pompino dalla sua Nancy, non tanto per il rapporto orale in sè, ma perchè ciò era avvenuto al cospetto del padre; lei in compenso gli voleva sparare e ci mancò un pelo -appunto- giusto perchè lei non aveva la sua p38 nella pochette.... Ma il padre aveva una lupara con sè, proveniente direttamente da lu paesiello, che azionò a raffica. I Ramones si salvarono usando le Locart come scudi umani, che essendo abituate a vivere in terra di gang giravano con il giubbotto antiproiettile sempre allacciato e ne uscirono illese ed illibate. Tale scena spinse Nancy a fare sua la cover di Beng Beng di Dalila. Una versione locale “Bengt Bengt” viene spesso cantata da Eva, nel cucinotto di Isil, quando squarta i cervi che tanto ama divorare. Mi chiedo se anche lei al primo appuntamento abbia trovato qualche pelo pubico da qualche parte... Sempre per restare sulle cover, fu per celebrare tale aneddoto che l’amico Sid Vicious intonò My way. Quando il discografico seppe la verità stava per strozzarsi con l’oliva del martini che si stava tracannando...

Dopo questa aneddotica spinta necessito relax... qual miglior rifugio del Central Badet? Questi stronzi hanno costruito nel 1904 una piscina in pieno stile Liberty, ma chiamarla piscina è fuorviante; infatti io arrivo tutta bardata pensando di trovare 6 corsie da 25 m e tanto cloro e invece mi affaccio su una vasca ovale, contornata da terrazzi, poltrone e giornali, lampade  e lettini per massaggi. Qui si galleggia in circolo, mi fa pensare alla maratona bagnata di Alice nel paese delle meraviglie. Sono l’unica con cuffia e occhialini, che vergogna! Mi precipito ad indossare il bikini e salto sul tetto, la cui terrazza pullola di amanti dell’abbronzatura. E’ attrezzata con docce per refrigerarsi, e offre una buona panoramica sui tetti. Non avrei mai creduto di prendere il sole e di abbronzarmi quassù... questa città non finisce mai di stupirmi. Tutti leggono qualcosa io ho le mie saghe popolari svedesi, e così riesco a fare la mia figura, non potendo puntare troppo sul bikini dato che celullitissimamente fornito, poi con tutte queste fike vi lascio immaginare! Il bello è che per raggiungere il tetto si passa dalle scale condominiali... non ho incrociato nessuno per le scale a chiocciola, magari io sarei rimasta un pò imbarazzata, ma nella loro inossidabile impudicizia al signor Larsson o alla Signora Svensson non avrebbe fatto ne caldo nè freddo. Il top viene alla sauna; in quella per donne si va nude. Mentre in quella mista hai solo l’asciugamano, io temo che mi cada, ma anche lì non credo che qualcuno si scandalizzerebbe più di tanto. Adesso so che molti mi invidieranno perchè ho visto diverse svedesi nude... consolatevi molte avevano più di 70 anni e di biondo avevano solo  ricordi. So che adesso ri-inguainarmi in un costume o in un reggiseno sarà un problema, è così liberatorio andare a giro nudi... certo il mio amico Valentino fallirebbe e questo mi dispiacerebbe molto, ma volete mettere! Effettivamente non ovunque ci sono umidità e temperatura da sauna. Effettivamente qualche volta una lisesina (mantellina della nonna fatta ai ferri, in lana, con nastri di raso en pendant a chiuderla) fa comodo...

Mi sciolgo a quei vapori, mai provati; rinasco e ho l’esatta sensazione, che poi è la sensazione del viaggio intero, di essermi svegliata da un lungo sonno. Perchè a volte non basta puntare la sveglia, la sveglia va anche sentita...

Il Central Badet ospita anche un caffè molto rinomato, dove molti vengono ignorando il resto e soprattutto ha un romantico giardino d’entrata con fontana e panchine dove poter leggere in tranquillità. 

Sono così appagata che le tentazioni della pasticceria oggi non mi tangono (almeno una volta nella vita!), sono energica e me ne vado al faro blu, l’ultima dimora di August Strindberg, allestita a museo del vate. Si trova a due passi dal Central Badet sempre in Drottningatan, ha un’insegna molto carina. Strindberg è un poeta nazionale, uno dei suoi romanzi più famosi è La sala rossa, ma pubblicò anche molte opere teatrali. Si sposò diverse volte, e così cambiò casa. Girò per Stoccolma più di quanto Kafka abbia vagato per Praga. Il popolo istituì per lui un contro-Nobel autofinanziandosi, tanto era amato. Fece anche il fotografo e tra i suoi amici si annovera Edward Munch, che lo ritrasse più volte (un ritratto è in questa casa, l’altro si trova al Modernamuseet). Scrisse anche opere a carattere psicologico, disegnando i profili delle personalità svedesi, sarei curiosa di leggerli. Si faceva fotografare in espressioni bizzarre.

Sono a 5 minuti esatti da Martina, mi avvio.

Da Isil incontro Rosalba. E’ sempre una gioia vederla, sempre sorridente. Mentre aspettiamo che Isil chiuda cassa, facciamo un giro per l’isolato, in cerca di una lampada per Emilia... E’ una giornata caldissima, la ragazza che lavora nel negozio di luci è senza aria condizionata, non so come diavolo faccia  a stare lì. E invece è bionda e impeccabile... io avrei tutti i capelli appiccicati sulla fronte, il rimmel un pò colato, insomma non mi assumerebbero mai!

Rosalba è venuta per darmi indicazioni circa il Danderydsjukhus , presso cui lavora: domani è il gran giorno, giocherò fuori casa e curioserò nella sanità svedese... Inizio già ad animarmi e prevedo che stanotte dormirò ben poco... 

Rosalba ci allestisce in 4 e 4 8 una cena a casa sua, è sconfinata la pragmaticità di questo popolo e disarmante per un foresto.


Day 8: 08/03/'09

Nordea è il nome della banca a cui mi devo rivolgere per rompere il mio maialino di terracotta; devo prelevare, ma non tutte le banche hanno i circuiti elettronici che interessano me. Per esempio quella di Isil mi risputa la carta, meno male non se l’è magnata, ma non ci è dispiaciuto fare un giro in quelli uffici dato che ci ha ricevuto un impiegato giovanissimo biondissimo e svedesissimo con effetto axe innato, insomma un tanghero che portava via di sentimento. Ero quasi lì lì per farmi accendere un mutuo, poi i piedi hanno ritoccato terra. Che botta! E’ per lui che perdono il rifiuto del mio cip. Il bello è che secondo le banche nostrali non avrei dovuto avere il minimo problema, bastava digitare 4 delle 5 cifre del pin... mah! Comunque alla fine ho riscosso la grana, ogni polemica è inutile. Anzi, mi ero munita di riti scaramantici, come non indossare niente di viola, perchè abituata a rimbalzare di ufficio in ufficio, invece davvero qua non è un problema quasi niente, la strada si trova per tutto. E’ facile vivere in Svezia.                               Sollevata e sorridente per poter spedire le cartoline, saluto Isil e m’incammino all’Historiskamuseet, che raggiungo a piedi per gustarmi qualche scorcio.

L’Histuriska prende sede nel quartiere abitato nei primi del ‘900 da un poeta nazionale, August Strindberg, mi pare abbastanza residenziale. Il museo è concepito in maniera futurista; è interattivo, non ci sono solo i reperti esposti con le didascalie, ma il tutto è arricchito da video, da testi di approfondimento e da integrazioni: ad esempio nella ricostruzione degli utensili usati nelle varie epoche della storia si arriva fino ai nostri giorni e quei mattacchioni degli archeologi ci hanno piazzato spazzole per lavare i piatti e scopettini per il cesso; effettivamente sono oggetti con cui abbiamo molta familiarità...

Le parti sono estese, quella che più mi colpisce è quella sui vichinghi, che erroneamente immaginavo vestire con colori abbastanza neutri, invece le loro vesti avevano notevoli picchi di colore e i modelli potrebbero essere rivistati oggi. Mi colpisce un monile femminile molto diffuso in quei tempi: le donne portavano una chiave appesa al collo, erano loro che detenevano il potere logistico nelle case.  

Uscendo mi dirigo al Saluhallen, un mercato centrale al chiuso, ce ne sono molti sparsi in città ma questo è il più famoso, dove gli svedesi son soliti mangiare un boccone in pausa pranzo; vi si trovano caffè, ma anche banchi del pesce e dei formaggi. Da astenersi se non si amano gli odori forti. Poi passo per Nybrogatan e raggiungo il Drama Teatern, molto sontuoso, poi per Hamngatan risalgo verso Hötorget, dove si trova un mercato all’aperto e il PUB, un mega centro commerciale, che occupa un isolato intero e che è gestito dalla ex cantante dei Cardigans. Hai capito la biondina? Isil l’ha vista x strada, avrà passato i 40 ormai, sembra una ragazzina... ma che gli danno da mangiare da piccoli a questi figlioli??? Non hanno nemmeno i plasmon, infatti è Isil a rifornire molte coppie della zona... è lei che si è battuta per introdurre tra i prodotti venduti da Martina anche questi miracolosi concentrati di proteine ed antidepressivi (li avete mai provati con latte caldo nelle tristi domeniche pomeriggio invernali con la sbornia in strascico? Hano poteri straordinari!).

Ormai sono in pieno centro, imbocco Drottningatan e raggiungo Gamla Stan... è già passata una settimana, sono già oltre il giro di boa del viaggio, girano le palle. A bestia. Ma la vista della città sull’acqua mi consola, e so che quando andrò via sarà solo un arrivederci, ci rivedremo Stoccolma mia bella, non credere di liberarti così facilmente di me. 

Mi caccio in Tunelbana e raggiungo Odenplan, da lì mi intrufolo alla Stadts Bibliotek... E’ enorme, è composta da un edificio centrale e 3 distaccamenti altrettanto ampi e su più piani: abbiamo gli uffici amministrativi, la biblioteca dei piccoli e la sezione internazionale, con anche riviste  e quotidiani di tutto il globo. E’ impressionante anche il numero di persone che le frequenti e che sia lì a lavorar di meningi... Vado a curiosaare nella sezione italiana del 3° piano... ci trovo delle favole di Gianni Rodai, in un’edizione che a lungo ha occupato il mio comodino quando facevo le elementari. Le sezioni sono ampie e variegatissime, nessun luogo del globo resta scoperto, meglio di google earth.

Prima di raggiungere Isil all’uscita del lavoro faccio fika al caffè Naco, dove finalmente assaggio la mitica Rabarberspje e prendo appunti; quando lei staccherà sarà troppo tardi per concedersi questa gioia, ma io devo fare scorta prima di prendere il volo di ritorno, esiliata in patria. Una delle cose più tristi al mondo è fare un biglietto andata ritorno, è come un coito interrotto: devi avere tutto lo slancio e l’entusiasmo, ma poi vieni bruscamente frenato e riprecipiti con i piedi per terra, la tua terra, che magari ti va stretta, nonostante tu la condivida con persone importanti per te, come magistralmente sintetizzò Isil qualche mese fa: “avere quelli a cui vuoi bene nel osto sbagliato”... Sa un pò di Quelo questa sentenza, ma indubbio è il suo statuto di verità, almeno per me e per lei. Rifletto, forse bisognerebbe lottare e restare, ma quando ti fanno nauseare è molto difficile; poi atterri qui come Alice nel paese delle meraviglie e la cuccagna viene spontanea. E chi vuol più partire? Adoro il rock’n’roll, ma sono pigra quel tanto per non essere una rivoluzionaria; con me il potere, almeno in Italia, trova diversi punti d’appiglio (lo svantaggio delle maniglie dell’amore..) come il sugo sui rigatoni, c’azzecca! Si, in Italia mi sento impotente, perchè credo, come già ebbi addire in queste farneticazioni virtuali, abbiano tolto alla mia generazione l’orizzonte del possibile: puoi avere anche la possibilità di fare una cosa e poi scegliere di non farla, ma -appunto- scegli. In Italia è a monte il problema, perchè non ti diano la possibilità di sognare, e quando ad un uomo togli questo lo fai regredire. Se smettiamo di sognare ci terranno per le palle; a costo di farsi di allucinogeni non lo permettiamo! E’ che quando vedo che ancora a 30 anni non si riesce ad abbandonare il nido mi sento male, e non son tutti mammoni sempre attaccati al grembiule della balia, ci sono anche tanti che avrebbero voglia e come di tagliare il cordone obelicale, fallo te se il mese dopo non sai se lavori o no. Mi sento male quando penso a ragazze brillanti che si sposano e magari hanno figli e per rivedere quell’intelligenza ti ci vuole altro che mastro lindo... ripetono gli stessi errori delle loro madri, o delle madri dei loro fidanzati... Mi tocca ammettere che quei pazzi furiosi di Vico e Nietzsche avevano ragione. Vedo queste giovani donne e ho paura di diventare come loro, perchè puoi avere tutte le lauree che vuoi, ma se il contorno ti rema tutto contro è davvero inaffrontabile; immagino i ricatti morali a cui queste poverette sono costrette e poi immagino cosa farebbe una svedese... forse la bellezza aiuta, perchè alla bellezza si perdona tutto, ma ci credo poco, e poi diamine se il trucco sta nella biondità che ben vengano le parrucchiere!

Chiariamo: non voglio dire che tutte quelle che sono accompagnate passino da queste forche caudine, e meno male, ma è un andazzo generalizzato che sento intorno, al di sotto del 48° parallelo e forse anche un pò più su... Diciamo che se uno vuol star tranquillo deve piazzarsi oltre il 56°... per ora ci sono, le mie coordinate attuali sono 56 e qualcosa nord, e 16 ed altrettanto ovest... più o meno, non siamo maniaci, su per giù di là mi troverete.


Day 7: 08/02/'09

Il cielo è terso, evenienza rara, sottolinea Isil, dato che non lavora. Iniziamo la giornata con il tour intorno al lago; incontriamo molte persone a fare jogging, come sono dediti al fitness questi svedesi! Pellegriniamo alla runa, per tutti gli Odini! apprendo che tra tutte le divinità della mitologia nordica la Svezia si è aggiudicata la puttanissima e bellissima Freja, così si spiega molto del loro carattere poco pudico. La dea, si narra nel mito, che per ottenere una collana fabbricata dai nani se li facesse spudoratamente, per esempio. E poi c’è il mito di Balder, un dio fichissimo, bello, buono, forte e valoroso. Forse l’espressione “baldo giovane” viene da lì; chi avesse altre fonti etimologiche si faccia avanti. Proprio lui va a schiattare, provocando una depressione nel mondo per cui anche i fili d’erba erano in lutto, ma questo, nella guerra con i demoni, gli permette di restare fuori e sarà l’unico  a risorgere dopo. La macchina fotografica ha esaurito la carica, niente runa, la terrò nella mente.

Lasciamo Bromma per il centro, ma scendiamo qualche fermata prima dalla tunnelbana, per farci il canale, Norrmälarstran, a piedi; è tutto un brulicare di gente che prende il sole e fa il bagno, molti organizzati con brace portatile, acquistabile al supermercato, e giù di korv a gogo. Leggiamo un cartello che ci fa riflettere: qui si parla di “regole del divertimento” più che di divieti, perchè la filosofia è di divertirsi tutti, tutti insieme; volemose bbene. 

Passo dopo passo raggiungiamo lo Stadshuset, il municipio di Stoccolma. Dato il campanilismo universale tra città vicine e a maggior ragione tra stati diversi, è alto un metro in più di quello di Copenhagen. A proposito dell’inimicizia con i danesi circola una pubblicità molto carina dell’Axe, di cui è tappezzato il metrò; vi si vede un supporter svedese, con la faccia dipinta a mò di bandiera svedese ad esclusione della bocca dove ci sono i colori della Danimarca, cioè è riuscito a farsi baciare da una supporter danese. Sarebbe come voler unire un romanista con una laziale, la vedo dura, e poi questi ragazzoni non hanno certo bisogno dell’axe... che bistecche! Ad ogni modo il muncipio è un edificio imponente, nei cui locali vengono a mangiare i nobel; anche i turisti possono richiedere il menù della serata e possono scegliere anche l’anno. I sceglierei quello di Selma Lagerlöf , prima donna a vincere il Nobel per la letteratura, prima ad entrare nell’Accademia di Svezia, un pò come la Yourcenar, per intendersi; tra gli altri è autrice di “La saga di Gösta Berling”, storia di un prete spretato...

Il municipio è fatto di mattoni rossi, potrebbe apparire cupo detto così, invece è caldo e come molto in questa città fiabesco; staglia l’oro delle tre corone, della luna e delle stelle che spuntano sul tetto e sulle torri, così come la statua del feretro di Birger Jarl.

E l’ora di avviarsi ad assaggiare lo strömming, l’aringa fritta, al presidio di Sloofood a Slussen. Con il corrispettivo di 3 ero si può gustare questa prelibatezza all’aneto, su un letto di pane croccante. Si mangia al tavolo con altre persone. Con la mia grazia elefantina rovescio l’acqua, che per inciso servono gratuitamente; lo sommo nella sua infinita bontà ha fatto sì che la rovesciassi sulle cosce della ragazza di un mastodontico metallaro; cerco di scusarmi, più intimorita che imbarazzata... Mi immaginavo già senza incisivi e invece quello mi aiuta ad asciugare il tavolo e i va a riprendere l’acqua... dio è un metallone pesante! Sia benedetta la Svezia, voglio vivere in questo paese, accidenti! Intanto una signora sull’80ina ha attaccato bottone con Isil, poi vedendo che o non capisco una parola di svedese inizia  a parlare inglese, per far partecipare anche me alla discussione di nuovo alla faccia della freddezza nordica, ma è difficile con lo strömming nel piatto che cattura buona parte della mia attenzione. Caro pesciolino, io lo so che preferivi sguazzare nel baltico più che nel mio stomaco, ma che ci vuoi fare, così è andata, non me ne volere. 

Il pomeriggio è destinato  a scoprire l’area sud-occidentale di Söder, dalla parte di Långholmen; oggi sembra tutto così ameno... vaghiamo e vaghiamo fino a raggiungere l’ora della fika, che consumiamo vicino ad un ostello realizzato in quella che prima era una prigione, ci sono i tavolini all’aperto in cunicoli, spazi dediti all’ora d’aria, clautrofobicissimi... Tra una chiacchiera e l’altra facciamo tardi, stasera tocca a Cirkus Cirkör, alla Friluftsscenen del Råmbshovsparken, ci basta attraversare il ponte, ma qui è tutto a misura di svedese e quindi prendiamo l’autobus, che per fortuna, anche di domenica, funziona alla perfezione. Si tratta di un anfiteatro in un parco pubblico, come ce ne sono tanti da queste parti (si stima che ogni stoccolmese abiti a meno di 100 m dalle aree verdi) e dove artisti, che d’inverno si esibiscono per lauti biglietti nei teatri più in voga della città, vanno in sena gratuitamente. Lo stile è quello del Cirque du Soleil. Lo spazio è gremito, come al solito troviamo tutte le gamme di età e lo svedese, in un retrogusto un pò meridionale, devo ammettere (d’altronde non ci troviamo nel nord della Svezia), e super organizzato: non si porta il panino e via, qui ci sono zangole di pasta, spiedini e quello che colpisce sono i serviti di piatti, niente plastica, ecco la vera ecologia. Poi cuscini e coperte, c’è poco da fare, qui il comfort è tutt’altro che un optional. Sulla scena molte persone si avvicendano per la messa  appunto degli ultimi dettagli e bambini onnipresenti infestano scalzi ogni angolo e minacciosi si dirigono su ogni presa staccata, a dimostrazione che la testadicazzaggine e l’amore per il proibito e il rischioso è innata nell’uomo. Dominano un trapezio con funi, nastri, altalene, un furgoncino ed una rete per i salti. Finalmente eccoli, 4 staltimbanchi in piena regola, vediamo vari attacchi alla gravità, tutti felicemente superati, qualcuno è originariamente un ginnasta, e si vede; suscitano risa e coinvolgono gli eterni veri leader di questa terra: gli scugnizzi, che chiaramente rispondono con i loro inconfondibili spontaneità, grida e scalzaggine ballerina. Uno degli artisti, nei saluti finali in cui si inchinano a spalle girate, ha l’impellenza di togliersi le mutande dal culo, fantastico. D’altra parte danno noia, vai a dirgli di no; un conto è avere il perizoma, che tra le chiappe trova la sua sede naturale, ma se hai non dico una culotte basta uno slip che ti va là dove non deve perchè la mela gli sfugge incontenibile, son cavoli amari, e come cerchi qualcosa con un minimo di privacy per liberartene; ci sono due soluzioni: o si fa come l’étoile di Circus Circör, o si inizia a girare senza mutande.

Lo spettacolo ci mette una bella carica addosso e nonostante sia già tutto il giorno che camminiamo la sete dei nostri occhi di riempirsi d questa città prevale sulla stanchezza dei piedi che sembrano leggerissimi. Passiamo, dirigendoci a nord, da Kungsholmen e Vasastan. Sono quartieri molto silenziosi ed architettonicamente ineccepibili, secondi nella hit parade del toto casa solo dopo Söder, ma Söder fa testo a sè. Arriviamo fino a Vasapark, il giardino pubblico in realtà dedicato ad Astrid Calzelunghe Lindgren, che oramai aveva già questo importante nome... In ogni modo la casa al primo piano dove la scrittrice abitò fino a qualche anno fa e che è stata la sua ultima dimora si affaccia sul parco; c’è un ala con campi da calcetto che volendo diventano da calcio a 11 e d’inverno vengono usati come pista i pattinaggio su ghiaccio e di Hockey m’immagino, per i più scalmanati de quartiere, ma soprattutto c’è una montagnola morbida, su cui si sale scalzi, con scivoli e rete per i salti. Le scarpe abbandonano spontaneamente i piedi, appoggiamo le borse più in là e iniziamo a saltare come bambine... il momento topico è lo scivolo in cui temo di non entrare, e invece è progettato a prova di mum&dad e via giù alla Bridget Jones dato che avevo un vestitino gonnellato. E’ meravigloso, era troppo che non lo facevo, s parla di lustri... mi riprometto di salire su uno scivolo almeno una volta al mese, e dovreste farlo anche voi, anche se state bene o siete in pace con voi stessi, perchè è super, perchè ve lo meritate. Diventando grandi si perde la capacità di cavalcare l’arcobaleno, e il rischio è di annoiarsi molto, qui dato che crescere non crescon mai fino in fondo va meglio.


Day 6: 08/01/'09

Ed eccoci arrivate al “sabato caramelloso”. Il sabato si va a fare la spesa e si comprano le caramelle; nei supermercati ci sono pareti di sportellini di plexiglass con varietà sorprendenti di dolciumi. Sacchetti e palettine distribuiti qua e là e self-service. Il tutto viene pesato alla cassa, come la frutta e la verdura. Piccoli e grandi, perchè ricordiamolo in ogni svedese c’è un bambino molto facilmente risvegliabile, prendono d’assalto le gommosità di zucchero e si vedono uscire dai centri commerciali beati e masticanti con il loro sacchetto di carta colorato e le mani a pescare. Anche noi ci allineiamo; le fogge delle caramelle sono tra le più varie, la più strana è una rotella-arcobaleno, secondo me prodotta in occasione del pride.

Dopo tanta dolcezza, l’amaro della realtà; Isil rientra a lavoro. Non ci possiamo lamentare perchè almeno questa settimana è stata con me, ma questo è sempre un momentaccio, che viene “allietato” da varie sorprese: la collega che l’ha preceduta, detta “Il Genio” si è “dimenticata” di pulire il pavimento, di assicurarsi che la corrente non saltasse quando si scaldava il pranzo, di controllare le scadenze. Morale della favola i gelati nel frigo son da buttare, molti prodotti son in scadenza e il pavimento ha bisogno di Cenerentola. Come dice Isil, il problema è che il negozio non è gestito da svedesi. Nonostante il genio dia fondo a ciò che in scadenza non è divorandolo famelica e sbriciolando ovunque non viene messa in riga... Se le dici qualcosa lei di rimando starnazza come un’oca. Forse se chiediamo alle ragazze coccodè ci danno una mano a capire... Nonostante queste avversità Isil mi mette sù un cappuccino che non ho mai gustato nemmeno da Rivoir in Piazza della Signoria. Questo è confermato anche dalle due affezionatissime vecchiette che vengono a fare fika qua di pomeriggio, e te credo... e poi volete mettere? Il tutto abbinato al sorriso di un’italiana in colori e cuore svedese!

Prendo il mio fagotto e, per la prima volta sola per le vie di Stoccolma, mi aggiro verso la tunnelbaa; Isil ha fatto una così buona scuola che la cartina mi serve ben poco. Sono diretta allo Stockholm Stads Museet, un museo gratuito che ricostruisce la storia della città, a Slussen, negli  ambienti che prima erano una prigione. L’idea è quella di riacchiappare poi il corteo del pride che dovrebbe passare davanti a Martina, fermarmi a quel punto da Isil per poi continuare e aggiungere la colorata combriccola a Söder. 

Allo Stadsmuseet oltre ad un’interessante e curiosa esposizione di fragranze medievali, apprendo che i nomi maschile e femminile più diffusi sono Lars ed Anna, che ci sono più gatti che cani e che mediamente gli abitanti di Söder sono i più espansivi e socievoli (non c’erano dubbi); questi dati son stati ricavati prendendo un gruppo di persone residenti a Stoccolma, di varia età, sesso e professione, che hanno risposto a cosa secondo loro voleva dire essere uno stoccolmese e se ci si sentivano, molto divertente da leggere. Chiaramente c’è l’effigie d Birger Jarl il Grande, fondatore della città (metà del XII secolo), su tronchi d’abete messi nel Mälaren, da cui il nome (Stock è una parola che si riferisce ai tronchi appunto).

E’ tardissimo, mi schianto sulla metro e cerco di raggiungere il pride. C’è un muro umano di cittadini di tutte le età dai bambini ai nonni come pubblico, prendo il corteo già partito. In parata ci sono anche preti e pretesse, polizia e medici. Incredibile, vero? I festeggiamenti qui durano una settimana, infatti è da lunedì che dagli autobus sventolano le bandiere arcobaleno, così come dai luoghi più rappresentativi della città. I bastardi mi cambiano il percorso stabilito, così mi dirigo da Isil, ormai in procinto di chiuder bottega, staccandomi dalla manifestazione.

Purtroppo date queste variazioni inattese alla marcia e data l’ora che facciamo, arriviamo a Söder a sera già fatta, anche se il sole ancora alto ci trae in inganno. Optiamo per una Fika a base di hallonblåbärspaj (torta con lamponi e mirtilli ed immancabile salsa di vaniglia) e smoothie; questa bevanda è un altro must svedese: basta prendere un pò di latte, yogurt alla vaniglia, banana e lamponi e mischiare tutto in un mixer o meglio ancora tuffandoci un minipimer, facilissimo da fare anche in Italia, penso previdente a crisi d’astinenza da Svezia che mi aspetteranno al rientro... Il caffè che scegliamo è intitolato alla Garbo, gloria drammatica nazionale, in stile vinatge-hollywoodiano. Troviamo per fortuna posto fuori, perchè fa un discreto calduccio, è si cari miei abbiamo avuto sole e caldo anche a Stoccolma. La barista è una bionda tutta pepe simpaticissima, molto svelta, non si ferma un attimo, ride e fa ridere i colleghi, ti vien voglia di lasciarci il curriculum anche se non hai mai fatto un caffè. E’ l’unico posto visto fin’ora manchevole di poss: qui, anche il caffè si paga con la carta, data assenza di commissioni; lo stoccolmese raramente esce con molti contanti appresso. La barista ci rassicura: “Fate la vostra Fika, poi a 100 m c’è un bankomat, andate, prendete e tornate a pagare con comodo dopo”; Scommetto che nessuno di voi mai in un altro posto si è sentito dire una cosa del genere. Rilassatissime, ci sediamo e iniziamo ad attaccare la Hallon. Dopo un pò la biondazza esce a pulire qualche tavolo, si sente osservata, si stoppa e sbotta, nel suo brio naturale e guardandosi le terga: “Mamma mia, che ho fatto? Perchè mi guardate tutti, mica avrò la gonna tutta sù infilata nelle mutande???” Tutti ridiamo e lei, assicuratasi che così non fosse continua a caricarsi con mestrìa le braccia con piattini, posate e tazze. Chiacchieriamo in pace e tranquillità; e per forza gli svedesi son sereni: lavorano il minimo, alle 4 le 5 massimo del pomeriggio son tutti a far fika e a rilassarsi con gli amici, con i figli o con i morosi; dove ti rigiri ci sono scorci fantastici...neanche un lucano vuoi più dalla vita a queste condizioni. Faccio un pò di conti... devo fare un prelievo, ma dovrò trovare una macchinetta che accetti i pin di 5 cifre, perchè qui li hanno tutti di 4. Decidiamo che lunedì ci metteremo all’opera, intanto ci godamo il week-end; non c’è niente, con una hallon e un smoothie, che possa distoglierci da questo appagamento. Eppure tal massa proteico-glucidica va buttata giù in qualche modo, e la prode Isil ha ovviamente la soluzione in tasca: all’insegna della Stoccolma più autentica e meno turistica, mi conduce a Monteliusvägen, il che ci permette di fare un trancio dello Stieg Larsson magical mistery tour, dato che il giornalista del romanzo Uomini che odiano le donne abitava proprio in una di quelle case, da cui vedeva il municipio. Anche Lisbeth, la protagonista femminile, è del quartiere, in realtà di una traversa di Götbacken, vicino a cui s trova anche la redazione del Millennium, quartier generale dei giornalisti della storia. Söder caput mundi. 

Dopo un percorso acciottolato e in salita per strade tortuose in cui le abitazioni hanno conservato la foggia medievale  e che tanto fanno pensare al Vicolo D’Oro di Praga, arriviamo a Montelius, da dove il panorama è veramente impressionante. Si vede Stoccolma con l’occhio di Söder, cosa che carica di significato e bellezza ciò che appare alla vista. Isil ha assistito per la prima volta a questo spettacolo in una nebbiosa sera invernale, adesso invece ciò che ci viene offerto è un caldo tramonto di fine estate... i mille volti di Stoccolma! Uno dovrebbe venirci in ogni stagione, e vedrebbe comunque una città diversa..   Immagino che a Santa Lucia in the Sky with Diamonds sarebbe un tripudio di luci e neve. La città è ai nostri piedi, maestosa e fiabesca; abitare qui è rischioso, la tentazione di stare alla finestra dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina sarebbe troppo forte.

Il tramonto è veramente tardo, dal punto di vista di un europeo del sud per lo meno, la luce ci dà la possibilità, tornate a casa, di fare ancora qualche paso adelante, e merita perchè casa di Isil si trova sulle macerie di un cimitero vichingo; questo, unito al salotto vittoriano e al fatto che due case più sotto si dice aleggi lo spirito di Ingmar Bergman mi fa chiedere cosa diavolo aspetti David Lynch a prediligere tal luogo come set per il suo nuovo film. Devo assolutamente telefonargli, qualcuno ha il numero? Fondamenta a parte davanti casa si ergono degli orticelli, in cui gli ingredienti prevalentemente coltivati sono lamponi, ribes e rabarbaro. In uno di questi appezzamenti c’è proprio un tumulo, con tanto di cartellino. Siamo sulle rive di un laghetto; i vichinghi eran soliti avvicinarsi all’acqua. Più in là, e lo vedremo domani, emerge dalla terra una vera e propria runa. Siamo molto vicini all’aeroporto di Bromma. Non so quanto le autorità siano state messe al corrente dell’esistenza di un sito archeologico. Se mai prenderete un aereo da qua e a bordo vi offrissero degli alcolici, ricordate almeno di brindare senza far toccare i bicchieri ma guardandovi negli occhi e dicendo “skål!” (cin-cin!); lo skål era il bicchiere (ciotola) in cui i vichinghi bevevano. La tradizione vorrebbe che ogni volta che a tavola qualcuno beve tutti si faccia lo skoll. Per fortuna gli svedesi non son troppo formali. 

I cari Bengt d Eva hanno dotato la casa di allarme, ma ne potevano ben fare a meno, dato che è più che protetta da spiriti di antichi guerrieri. Sfido chiunque a sfuggire al martello di Thor.


Day 5: 07/31/'09

Date le scorribande notturne ci svegliamo con comodo; ricevo moltissimi sms, le t4ever sempre in testa, e ovviamente la telefonata di mammàpiezz’e’core, che mi passa tutto il parentado, anche chi non c’è. E io che non volevo pensare al capello bianco incombente!!! Isil mi fa una sorpresa graditissima: mi ha regalato una tazza trasparente, del te Söderblom (che credo voglia dire tipo “fiore del sud”) profumatissimo e il colino abbinato a forma di fragola, il tutto in pieno design svedese. Lei ne ha uguali, così quando prenderò il te a Firenze penserò a quest’altro pezzo del puzzle... E’ un momento raro: quasi mai siamo riuscite a scambiarci regali di compleanno/natale in date consone... altro che Alice nel paese delle meraviglie e il buon non - compleanno...  La festa c’è sempre quando c’è condivisione, qualsiasi giorno sia.

Facciamo un lunch e imbocchiamo la strada alla volta del quartiere degli artisti della capitale svedese. Ci sarebbe da capire quale sarà il prossimo quartiere gettonato dagli alternativi per mettersi in coda e prenderci residenza; il mettersi in coda non è una metafora: sia per comprare un appartamento che per averlo in affitto ci sono delle liste comunali; credo che per Söder i tempi d’attesa vadano per i 20 anni circa... E i proprietari non sono mai proprietari... senza addentrarci nei  meandri del prima e seconda mano, basti sapere che il proprietario non è mai proprietario dell’oggetto-casa, ma del diritto a starci. Quando tiri la calza se ha eredi si arrangiano, e la ruota continua a girare. Sono case bellissime, coibentate a regola e non ci sono gli scempi tristemente noti dalle nostre parti... Scendiamo con la Tunnelbana, linea verde, a Slussen, e andiamo al Katarina Hiss, l’ascensore che offre un buon panorama della città dalla parte di Söder. é collegato a un ristorante; il macchinario è vagamente retrò, per non dire arrugginito; troviamo una famiglia, con due bambini; da come si lanciano sotto la pioggia capiamo che sono svedesi; sono venute due gocce d’acqua; qui succede spesso, il tempo è variabile, ma nel vero senso della parola: sta piovendo, ti fermi a prendere un caffè e quando esci è molto probabile che ci sia il sole. Vince quindi lo stile a cipolla, ma si sconsiglia di portarsi dietro ombrelli; l’uso più comune è di camminare sotto la pioggia fregandosene, tanto dura sempre poco e in ogni caso il modo di ripararsi si trova. E’ tempo di arcobaleni. Altri due passi ed entriamo nel vivo del quartiere; c’è la moschea ricavata nei locali di una ex centrale elettrica (se non ricordo male). I muri sono vivi; un dei più belli è affrescato con Maledictus XVI dietro le sbarre...

Söder è molto simile a Friedrichsein o Kreuzberg a Berlino. Quartiere colorato, nei muri come nelle facce. Va su e giù tipo San Francisco, ma questi paragoni non devono far pensare che non abbia un’identità propria... tutt’altro; è che Stoccolma non è inflazionata quanto Parigi o Londra, ingiustamente, quindi mediamente è meno nota. Söder porta dritto -verso sud- al Globen, una cupola che staglia sulla cima di Götgatan, su cui vari artisti propongono periodicamente installazioni, e in cui le band più in tiro del momento, se passano in Scandinavia, si fermano sempre...In tal senso fresca, seppur già troppo remota per me, è la toccata e nemmeno poi tanto fuga dei Depeche Mode - Nine Inch Nails - Korn & Compagnia della tre giorni di inizio luglio, quasi una Midsommar in ritardo.

Vaghiamo tra le strade di SoFo (a Sud di Folkungatan, che insieme a Götgatan costituiscono i cardo e il decumano della zona), ci sono i saldi, entriamo in qualche negozio di abbigliamento, sono eccentrici, stravaganti, originali e creativi, offrono molte tentazoni allo shopping; non manca Hennes&Mauritz (H&M), ma un’altra catena da non perdere è Monky  (spero di ricordare in nome giusto), che per la prossima stagione propone una giacca con pallettes cangianti creato appositamente per Isil, anche se lei non lo sa. So che prima o poi sarà suo, ho fiducia in lei! Ho parlato con lo stilista che mi ha detto che non riesce a inviarlo di persona perchè ha un lupino al piede destro e non può andare alla posta e chiede alla sua musa se possa andare lei a ritirarlo. C’è anche un negozio specializzato in stampa, è il più rifornito della Svezia: e te credo tiene pure “Donna Moderna”; l’ho vista con questi occhi, altrimenti non c’avrei creduto... Da non perdere la sezione dedicata a Rock e Metal.. Ora che ci penso non ci ho visto “Il Vernacoliere” però... accanto, e vi si può entrare senza uscire (lo faranno soprattutto per l’inverno) un negozio di design, che come sempre è in primo piano; qui ci si trovano dai porta tamponi alle presine-guanto da forno a forma d cuore; tutto coloratissimo e sgargiante, geometrico. Della stessa risma, sebbene più incentrato su shopper, cuscini e asciughini è il negozio del famoso Gruppo10, attivo dagli anni ’70. 

Tanti dettagli ci consumano in concentrazione, e il cervello -si sa- carbura solo a zuccheri: è ora di fika! Puntiamo dritte verso Bondegatan, passando per Folkungatan dove c’è una mattonella che porta scritto che Lukas ed Carmen si son conosciuti lì, che ora son sposati ed hanno una figlia. Ammazza ‘aò! Isil ha già in mente un obiettivo, la Hallonpaj più buona del rione, e non possiamo perderci il Caffè String, dove qualsiasi oggetto, dai bicchieri, alle poltroone, alla macchina per fare il caffè è acquistabile Lo stile in effetti è un pò da rigattiere, ma è gagliardissimo: c’è un semaforo dentro. Se in casa avete problemi di precedenze fate un salto quassù. 

Facciamo in tempo ad appoggiare la forchetta vittoriosa nel piatto vuoto che il cellulare di Isil prende a suonare; è Rosalba; sta facendo le pannkakor, le frittelle di Pippi Calzelunghe, ci invita ad assaggiarle; come perderle??? Come perdere Pyssla con le bimbe? Ci precipitiamo, per quanto il nostro abbiocco post-fika lo permetta.

Varcando la soglia di Drakenbergsgatan 11 siamo investite dal profumo delle frittelle ; Rosalba impersonifica magistralemnte il ruolo di Pippi, e sforna pankakur ad una velocità impressionante. Vanno mangiate con panna montata e classicamente con marmellata di ribes. I bambini aspettano a gloria il giovedì sera perchè costituiscono la cena tipica, insieme alla zuppa, ma non vi sto a dire cosa vada per la maggiore.

Questa sera non assediamo casa di Rosalba fino a notte fonda. Pyssliamo un pò con le bimbe. Sono veramente imbranata, ma ho qualche dote nel ritagliare figure che poi si ripetono a organino e soprattutto ho la fortuna che alle bimbe piaccia, quindi me la cavo con poco. Ho anche il culo, a differenza di Isil, di avere i capelli corti: quando viene il momento di giocare a parrucchiere è la bionda che viene eletta come reginetta e soggetto di nuove creazioni; anche in questo caso son salva con niente, ed anzi mi capita qualcosa di rarissimo: sono libera di fotografare Isil inerme; per gli scatti sia lei che Valetudo sono integraliste della Jihad, come dice la seconda “indossatrici di burqa mentale”, ma ragazze l’anima ve l’hanno già presa Vedder e Bowie, non temete!

Il gioco è bello quando dura poco, e infatti le nuove coiffeuses provette filano a letto presto, come di consueto; qui mediamente si fa tutto abbastanza presto, come la cena del resto. Chiacchieriamo con Rosalba, stasera è la volta dei gay, dato che domani la settimana del pride culminerà con la ricca parata. Anche stasera note giungono dal parco vicino. Rosalba, come molti svedesi, sostiene che in Italia le cose, da questo punto di vista, vadano peggio per la presenza del papa, e del resto come anche molti italiani. E si accettano proposte, ecco le mie: a. Torna ad Avignone con un charter della Air France; b. si fa il toto papa tra i paesi a maggioranza cattolica e ogni 4 anni, come alle olimpiadi, cambia casa; perchè anche da noi ci sarebbero i patti lateranensi, però di fatto quei tonaconi non pagano manco le tasse e in un anno e mezzo con tutto quello che evadono ci s comprerebbe il CERN di Ginevra (l’acceleratore di particelle). E poi non ci sono soldi per la ricerca... mi viene da vomitare. Loro che son tanto pro-life: quando un bambino di 3 mesi muore per una malattia rara perchè non si è fatto abbastanza ricerca, cosa mi rispondono dell’infinità bontà di dio? Sarebbe uno stronzo inqualificabile se ci fosse... Andrei fuori tema assai continuando questa polemica, per la quale rimando al testo La Questua, uscito per Feltrinelli, di Curzio Maletese. Dio ladro.

Tornando a casa, ormai stuzzicate sulle questioni religiose, conveniamo che si bestemmia solo in Italia, e nemmeno in tutte le regioni; ipotizziamo che di ciò la responsabilità vada cercata proprio nella presenza della corte papale in territorio laziale; ciò nondimeno questo questo causa un gran cruccio ad Isil, che in svedese non ha interiezioni adatte ad ogni situazione. Entrambe veniamo ancora sgridate dai genitori, perchè dedite a questo eloquio blasfemo, ma diciamo noi: 1. Cari mamma e babbo ma secondo voi da chi le abbiamo imparate? Fatevi un esamino di coscienza dai... 2. E’ liberatorio più dello yoga, cosa vuoi dire, quando un piatto ti scivola di mano “benedetto sia lo sommo che dissemina il nostro cammino di ostacoli”??? Tra l’altro questi sarebbero anche  fin a fin di bene, quindi meno gravi di altri. 3. La critica più razionale non ci viene mossa mai: perchè, essendo atea, bestemmi? E quindi ritorniamo sull’uso tradizionale della lingua natìa, l’accademia della crusca  dovrebbe pagarci la SIAE ogni volta che ne tiriamo uno (io vivrei in un villone con 20 colf) 4. Il moccolo in realtà non esiste: come può avere carattere offensivo o dispregiativo se è la bibbia a sostenere che dio è in tutte le cose? Qui gli immanentsti doverbbero fare la ola. Un ceppo ben radicato di loro si trova all’Humanitas di Scandicci dove una delle bestemmie che va per la maggiore è la “4in1”, il mitico “dio camalupente” (cane, maiale, lupo e serpente) e qui a mio parere sarebbe la Svezia, terra di Nobel, a doversi inchinare.

Isil domani lavora, l’umore è da domenica sera chiaramente. Chi se lo ricorda quante volte la domenica sera, prima del rientro a scuola uno metteva il termometro vicino all’abat-jour? C’era in giro il Lunecocco che mieteva più vittime dell’influenza. Questo  verme bastardo però sapeva vendicarsi a momento debito: una volta avevo davvero la febbre a 39, mia madre stufa delle solite storie mi mandò a scuola lo stesso, c’era la neve. La temperatura poi arrivò a 40... Da allora tornò a credermi, ma ormai avevo imparato a falsificare la sua firma... 

Tuttavia Isil non ha il termometro, quindi mostra un discreto e giustificatissimo giramento di palle e rizzati. Affetta finocchione e  serve con gentilezza ed amabilità ottimi cappuccini da Martina, un negozio di prodotti italiani in Odengatan; dai stella, ce la puoi fare! Però ora a nanna, march!


Day 4: 07/30/'09

E’ la volta di Junibacken, che non so ben definire... vediamo un pò... ovviamente non esiste un posto simile da altre parti, che io sappia, e qualsiasi paragone mi è difficile. E’ un luogo magico, un “posto delle fragole”, cioè un luogo che ti richiama alle gioie dell’infanzia, infatti è pieno di orde di marmocchi in visibilio. Qui si usa l’espressione “il posto delle fregole” (c’è anche un film di Bergman che s’intitola così, ma in italiano l’espressione non ha senso: è perchè qua da piccoli si va a fare fragole, chiaro ora?). Sono riprodotti in varie sale, gli ambienti delle fiabe più popolari, ad esempio c’è la casa di Pippi Calzelunghe, per entrare nella quale ho battuto una chiorbata micidiale, e mi ci sta bene: è tutto a misura di bambini. C’è un bookshop con molti libri tradotti in svariate lingue, fino al giapponese e al persiano e soprattutto c’è un teatrino ispirato ai personaggi di Elsa Beskow che va in scena 2 volte al giorno. I bimbi sono estasiati e spesso entrano sulla scena facendo domande agli attori, altro che metateatro pirandelliano... Ma la cosa più bella secondo me è “il trenino”: per un quarto d’ora circa veniamo catapultati nella letteratura per l’infanzia svedese, salendo su una sorta di diligenza che attraversa il mondo di “Emil” ed altri eroi fantastici, in modellini ricostruiti alla perfezione; l’apice arriva quando si vola sopra Stoccolma notturna ed invernale, provare per credere. Una voce fuoricampo (in opzione plurilingua) accompagna il viaggio; lo trovo un ottimo modo per incuriosire anche a storie che ancora non si conoscono.

Non so quanto questo luogo potrebbe colpire un bimbo italiano, a patto che non sia troppo grande: in Svezia la fantasia è messa a cottimo da subito e non ci sono cazzo di playstation o nintendo ad atrofizzare i neuroni stimolando le aree della rabbia e dell’aggressività; poi ci si scandalizza se gli adolescenti torturano gli animali al parco... ma non è colpa solo di questi videogiochi, che vengono dati in pasto alla gioventù senza strumenti critici e soprattutto per colmare il vuoto che i grandi non riescono a colmare, dato che devono lavorare come pazzi e non arrivano alla III settimana del mese, perchè chiaramente in Italia, a differenza che in Svezia, le infrastrutture non aiutano un piffero... pensano tutti all’embrione e al feto finchè sta in corpo alla mamma, dopo azzardati a cercare un asilo nido, stai fresco (Guzzati docet). Qui si tramandano giochi di legno e pupazzi di generazione in generazione, ma sono tutti molto più allegri, inventivi e soprattutto meno annoiati e viziati. Io non dico che il poco faccia bene, ma neanche il troppo amore: quando le mamme vanno a fare fika, d’inverno lasciano le carrozzine fuori dal locale, a vista, ma fuori, con il pupo dentro, che così si temprerà al freddo. Esistono anche asili dove il genitore può decidere se inserire il figlio in un programma che, neve-pioggia-sole o grandine che sia, fa svolgere tutte le attività esclusivamente all’aperto. Ci sono asili sui posti di lavoro, e a migliaia nei quartieri, che accettano i mostriciattoli anche molto prima che suoni la campanella, perchè se uno deve andare  a lavorare non deve esser certo per i figli che non ce la fa. E non esiste donna che non lavori: “mamma” o “casalinga” e rizzati qui sono parole senza senso, se succede è sporadico, perchè sei malata, o hai qualche problema. E non c’è a stupirsene nella terra della femminista per antonomasia Pippi: la Calezelunghe, come mi ha fatto brillantemente notare Isil, è una bambina, cioè una femmina sola e fa quel che gli pare. I figli non sono un problema, ma una risorsa. Se hai un figlio è lui a camparti (se si sparge la voce tra le ragazze madri avremo la frontiera intasata): lo stato stanzia un mucchio di soldi, oltre a rifornirti di pannolini (abbiamo idea di quanto costino???), carrozzina/passeggino e seggiolone, saranno brutti e tutti uguali, ma cazzo a caval donato non si guarda in bocca, o ricordo male?! Scrivere queste notizie e ribadire di nuovo l’inesorabile abisso mi mette a rischio d’infarto... E’ così semplice e logico, e perchè da noi non accade??? Ma perchè siamo un grande ufficio di COMPLICAZIONI AFFARI SEMPLICI. Ma torniamo ai lattanti: se una mamma sale su l’autobus con una carrozzina non paga nè lei nè il bambino. Questo meccanismo forse però cela una crepa nel sistema svedese: anche in questa terra fantastica sono i single che si sobbarcano le spese per la “famiglia”... cari svedesi qui mi cadete, vi vogliamo un pò più pagani, riscoprite le vostre origini!!! In fondo della macchina “famiglia”anche Stieg Larsson e compagna son stati vittime: l’autore della trilogia che tanto sta spopolando conviveva con la sua compagna, ma morendo improvvisamente questa si è vista depredare dal di lui fratello e padre di praticamente tutto; Stieg pare non se la dicesse gran che con i parenti serpenti ultimamente, ed infatti questi hanno tutta l’opinione pubblica contro; temo che di questo a loro non importi poi molto. 

Per inciso Pippi è stata inventata una sera che la figlia della Lindgren era malata e voleva una storia dalla mamma... cavano qualcosa anche dai febbroni!

Da Pippi a Lisbeth (“Uomini che odiano le donne”), non male il salto... ma dove ho perso la principale? Ah, si, eravamo a Junibacken... Siamo molto vicini al Vasamuseet, ma optiamo per andarci poi, e viriamo verso la parte più est di Djurgården, che passa oltre Skansen, il primo museo all’aperto sul folklore svedese, che dice sia un amore a Santa Lucia, da dove il corteo con le vergini con le corone e le candele in testa parte, e a Midsommar, il primo WE dopo il 21 giugno quando si celebra l’arrivo dell’estate e lo stoccolmese doc si va a ubriacare sonoramente; in questo i riti pagani rivivono, come quando a Bologna si brucia il Vecchione... passiamo oltre e ci dirigiamo verso l’ambasciata italiana e consolato, di cui solo questo pare essere accessibile; vi farei vedere che villona stile beautiful è l’ambasciata, e di che se ne fanno se i cittadini italiani non ci possono andare? Questo viaggio mi fa porre tante domande e mi fa salire notevoli incazzature.... confessiamolo! Ma a noi del console e dell’ambasciatore non frega, proseguiamo verso un delizioso caffè, allestito in una serra, che quindi d’inverno offre una coibentazione ottmale, dove coltivano ortaggi, frutta, fiori  e spezie in modo del tutto biologico, Rosendalsgården il nome di questa amenità. Il menù è vario  e abbordabile un pò per tutte le tasche; mi decido per una zuppa di carote, che ospita anche dei ceci ed è arricchita da créme fraiche e rigorosamente accompagnata da pane e burro, e dato che sennò si sta troppo leggeri mi avvento anche sulla torta di carote, che vedo come scelta essere condivisa dalla maggioranza degli avventori, dato che non fanno quasi in tempo a portarne di nuove. Ha un nome che comincia per MOK, ma proprio adesso i sfugge... per fortuna corre in mio aiuto Isil: si tratta della Morotskaka, che parola arzilla, se avrò un pesce rosso lo chiamerò così. Il baccanale merita una pennichella con i fiocchi, che consumiamo sul prato antistante tra meli, olivi e altre piante, tutte etichettate e classificate, si sente l’eredità di Linneo, cosa molto diffusa, così come i picnic, complice l’inverno rigido e buio che quando lascia il posto alle stagioni calde non dà tregua a nessuna aiuola. Ci sono coppie giovani, sia con bambini che non, si portano il vino, i flutes e anche un lenzuolo d’erba diventa un divano ikea. 

Ci addormentiamo di brutto, il cece ci ha tirato un brutto scherzo, mi ritrovo con la bocca aperta e la bavetta, uno spettacolo. Ahi! Ci rendiamo conto che è tardi: questa sera abbiamo un appuntamento... quindi ci catapultiamo alla fermata del 47 che ci porterà  a una metro utile per arrivare a destinazione; l’obiettivo è Södermalm (detto semplicemente Söder dagli autoctoni) che visiteremo meglio domani; Isil mi ci vuol portare per suggellare i miei 31 anni, perchè pensa che sia il quartiere più alternativo di Stoccolma, non è adorabile? Se non ci fosse andrebbe inventata! Quello di stasera è solo un piccolo un assaggio. Dobbiamo andare a casa di Rosalba, una amica di Isil. Le 5 del pomeriggio per un italiano possono sembrare presto, ma visto e considerato che uno svedese dopo un’oretta scarsa cena  essersi presentate alle 5.30 ci ha aperto le porta ad una cena svedese in piena regola. Rosalba è sposata con Pelle (diminutivo di Peer) ed hanno due bellissime bimbe, Emilia ed Alice. Vivono in un carinissimo condominio degli anni ’50, facente parte del funzionalismo tipico di quegli anni; in questi palazzi ci sono anche appartamenti che restano a disposizione, per cifre irrisorie, per eventuali ospiti dei condomini, super confortevoli ed attrezzati. La prima cosa che imparo entrando in una casa di svedesi indigeni è che ci si tolgono le scarpe appena si entra; in ogni abitazione, grande o piccina che sia, accanto alla porta d’ingresso c’è un piccolo vano appendi-abiti e posa scarpe, dove vanno smollati i suddetti accessori seduta stante e soprattutto prima di muovere un sol passo all’interno della dimora, pena il poter parlare solo in presenza di un avvocato e il diritto ad una sola telefonata. La famiglia ci accoglie festosa, le bimbe facendo “Pyssla” (credo si scriva così, Isil aiuto!!), cui non esiste - stano - un corrispettivo italiano: è una specie di collage, ma non proprio, si usano carta, forbici, colla, si disegna, si colora, insomma si mette a ferro e fuoco il salotto spandendo ritagli piccolissimi e appiccicosi di carta in ogni dove, per cui tra l’altro riscopro, dopo 25 anni, di avere una certa dote... C’è un ottimo vino ad allietarci, insieme ad una fisksoppa (zuppa di pesce) tipica del giovedì sera,  e knäckebröd  (pane croccante... i crackeroni wasa per intendersi) con burro salato spalmabilissimo. tutto si prepara i 5 secondi, lo svedese è così, non può stare a traccheggiare più di tanto: Pelle a fine cena si imbosca furtivamente in cucina con un libro di ricette, ed eccolo riemergere un momento dopo con una sfiziosisima äppelpaj (torta d i mele) accompagnata dalla crema di vaniglia di rito. Con le bimbe pyssliamo ancora un pò, ma soprattutto ci perdiamo in chiacchiere con Rosalba, che avendo origini italiane può ben tirare le somme di un confronto, non fatto quindi per sentito dire e conferma quanto già detto qui. Dal vicino parco di Tantolunden, unico luogo pubblico della Svezia dove si possono bere alcolici nonchè sede dei festeggiamenti della settimana del PRIDE, giungono note di festa e noi spaziamo dalla RU486 che qui viene somministrata in ospedale, alla pillola del giorno dopo, che manca poco può essere richiesta al bar la mattina mentre fai colazione; pensate che bello: invece di scapicollarti dalla guardia medica non obiettrice di di incoscienza, te col panico e la faccia da colpevole e lo sperminator con gli occhi da cane bastonato, te ne dormi bella tranquilla, tanto ormai la frittata è fatta, poi ti vesti, ti passi il correttore, perchè effettivamente sei sbattuta, il fard e tutto il resto, vai dal tuo barista di fiducia e il dialogo potrebbe essere più o meno questo:

“Il solito morettina?”

“No oggi prendo un cappuccio e una pilola del giorno dopo”

Rosalba è un’infermiera, ovviamente la assedio di domande; e anche qui la Svezia ci svernicia: debitamente specializzati fanno anche gli anestesisti, sulle ambulanze ci sono solo infermieri. Mi invita, per la settimana che verrà,  a fare un giro al Danderydsjukhus  dove lavora. Sono sorpresa, meravigliata e non sto nella pelle. 

Assediamo l’appartamento di Söder ben oltre le due del mattino... in tempo per vedere l’alba. Ci incamminiamo per la metro, di solito funzionante, ma non quella notte, come ci informa un barbone sconsolato che vi era diretto sperando di trovarvi un giaciglio. Ci dirigiamo verso la fermata del bus, che non tarda ad arrivare. Non siamo molti: Dopo qualche fermata sale un ragazzo con un sacchetto di caramelle e gli ultimi bocconi di un Korv (specie di hot dog). L’autista non sente ragioni, gli intima di scendere. Lui ribatte, ingoiando l’ultimo boccone che ha finito e che l’unico criterio per salire sull’autobus, il possesso del biglietto, lo sta adempiendo quindi non vede il problema, che chiami pure la polizia. Il testa di cazzo dell’autista lo prende in parola e chiama il 112 (numero unico per l’emergenza, poi ti smistano loro a seconda di ciò di cui ha bisogno, mica come in Italia che ce n’è 300 di numeri e non si fa mai quello giusto). Intanto spegne il motore. Si sentono imprecazioni, le persone non si danno conto di come sia possibile. Una ragazza va a protestare: ha una coincidenza, se la perde dovrà aspettare mezz’ora da sola a Odenplan: l’autista non ci sente, ormai è partito per la sua tangente. Una ragazza cerca di chiarire la situazione prende le difese del ragazzo, avvertendo l’autista che lo sta discriminando; infatti gli aveva detto che “appestava”, e poi gli fa notare che non può interrompere il servizio per un “fuking korv” nel meltinpot anglosvedese molto diffuso tra i gggiovani. Salta all’occhio come ognuno si faccia le sue ragioni con estrema educazione. nessuno si muove dalle sue posizioni, tutto il bus è con il ragazzo del panino, ma poi arrivano le guardie che non sono proprio poliziotti, ma scagnozzi che gli agenti inviano per levarsi i grattacapi; sono giovani ed inesperti. senza tanti discorsi tirano giù il ragazzo dall’autobus infischiandosene delle nostre testimonianze. Lo strattonano, il ragazzo resiste, un altro passeggero cerca di mettersi in mezzo, tutto inutile, appena a terra gli mettono le mani dietro la schiena. E’ violento e terribile. La ragazza battagliera gli urla contro, e pensa ad alta voce: “E’ così che questo paese sta diventando”. Ovviamente per tutti gli incisi Isil si è cimentata in una traduzione simultanea con picchi di slang che alla comunità europea si sognano... mica parole, fatti!!! Siamo scosse e amareggiate. Ci aspetta un altro autobus e una piccola passeggiata. Ormai il sole è sorto, sono più delle 4 quando torniamo, ho già 31 anni, direi che sono iniziai in modo significativo, i primi a farmi gli auguri, oltre Isil, sono - x sms - Valetudo e il Tose, e di nuovo non posso fare a meno di pensare che la distanza non è un fatto di km, proprio no. Non mi sembra poi male come inizio dei miei primi 31.