lunedì 25 luglio 2011

VerdiVerdena

Quella sera il tempo fu clemente Si vedeva anche la luna a un certo punto. Uno spicchio sottile, a levante… quindi calante la mia cara vecchia luna, ma insomma si vedeva.

Avevo inforcato la bici nel tardo pomeriggio dopo la consueta dormita post notte. La mia pedalata rincoglionita cerava di guadagnare strada a tutta velocità. Dovevo ancora comprare il biglietto per il concerto dei Verdena di quella sera stessa nella favolosa cornice di piazza Santa Croce. Avevo paura di non trovarne sebbene Valetudo mi avesse tranquillizzato in merito La chiamo col fiatone e cercando di non farmi stirare a pelle di leopardo dalle macchine che mi sfrecciavano intorno:

“Nini , sto volando in bici al box office”

“Ah” In effetti non le avevo ancora detto nulla: quando esco dalla notte non so mai quanto dormo, quando mi risveglio e se mi risveglio. “Buongiorno”

“Buongiorno a te”

“Sono alla stazione, sto prendendo il treno”

“Per mangiare vi siete organizzati?” Le mie fantasie gastriche iniziavano a fare capolino.

“Si, ho preso dei panini”

E brava Valetudo, mica come la trafelata di turno… inizio a scorrere l’elenco mentale dei forni limitrofi al box office… tabula rasa. Panico. Respira e ragiona. Bingo! Dopo devo passare da Archetipo e lì intorno c’è ampia scelta.

“Ok, allora mi rifaccio viva quando ho il biglietto in mano”

“Bono, ciao ciao!”

“Ciao!”

Estraggo l’iPhone dalla tasca della mini in cui era conficcato a pressione, ovviamente dopo aver accostato; è un’operazione che non si può eseguire in marcia. Riavvio youtube sul video dei Nine Inch Nails di Something I can’t never have, e me la faccio sussurrare tutta all’orecchio da Trent ficone Reznor. Riparto con la sua lingua sul lobo sinistro, ma anche sul destro: miracolo degli auricolari…. Due Trent tutti per me… Cosa vuoi di più dalla vita, un tucano???

Mi precipito al Box Office a tutta velocità, o almeno a quella che posso, con la mi ansia nevrotica a farmi da scorta. I biglietti ci sono. Sospiro di sollievo, ma ascella pezzata, non si può avere tutto dalla vita. Richiamo Valetudo e la aggiorno circa le ultime conquiste. Da lì a via de’Ginori è tutto un fiat; Firenze non è New York, il centro si gira in un attimo. Quindi faccio marcia indietro e mi ridirigo verso piazza santa croce, col malloppo di panini, cola e biglietto.

Arriviamo contemporaneamente, notiamo che il gruppo sta bivaccando in una delle osterie dei dintorni. Restiamo stupiti, come quando inizia a cadere la neve, ti pare impossibile. Il batterista è ancora più sottile di come ce lo ricordavamo dal palco. Ma mangia questo ragazzo? Invece la Roby appare proprio al suo apice, come ha commentato Valetudo. Ha un taglio di capelli esagerato, che vorrei anch’io. Le sto per chiedere il numero del parrucchiere, ma aprono i cancelli. Ed inizia il lavoro di meningi per nascondere i tappi delle bevande. Decido la coca di seccarmela tutta d’un fiato prima, ma il buon dio, sapendo che avrei fatto un rutto di proporzioni titaniche l’ha impedito: durante il viaggio in bici, la bottiglietta aveva sciaguattato ben bene, così che nell’aprirla mezza se ne uscì facendo una doccia gasatissima alla mia tetta destra e ai miei piedini. Il buon dio evitò il rutto, ma mi fece mandare uno dei miei più riusciti bestemmioni: chi la fa la spetti. Non so chiaramente quale sa l’ingrediente segreto della famosa bevanda, o quale fibra sia stata usata per cucire la maglia che mi copriva la tetta colpita in pieno, tuttavia è risultato che la t-shirt si è asciugata senza nessun segno visibile dell’offesa ricevuta; ci son rimasta quasi male.

Poi si entra, le birre abilmente nascoste da Valetudo e consorte, il quale poi si è rivelato un mago dell’apertura delle stesse sotto gi occhi dei buttafuori; ci guadagnamo la prima fila, così gli occhi di quei bestioni son tutti per noi. Lui non si lascia sgomentare, si procura un paio di bicchieri di plastica ed è fatta. Mai visto niente di simile, manco ai compiti in classe di matematica al liceo… Oddio il paragone non regge dato anche avevamo bidelli così zelanti che ci riportavano in classe i libri oculatamente piazzati in bagno chiedendo di chi fossero proprio durante la verifica, ma insomma ci davamo un certo da fare. Quindi Bourgugnon, con una sola mano dietro le transenne riesce a stappare e a versare il liquido ambrato… io sono impedita con due, figuriamoci. Ma attenzione, per non dare nell’occhio riesce al contempo con l’altra mano a esultare e con la voce a catare le canzoni in cui la band si sta cimentando. Roba da non credere. C’è un’arte per certe cose, come la fede, o ce l’hai o non ce l’hai.

Il bello è che aveva anche aiutato due squinzie che avevano qualche bottiglia e un acendino per aprirle, ma non c’era verso di far saltare quei tappi metallici stramaledetti; Bourgugnon, altruista si precipita; ma secondo me è stata una mossa strategica: ha spostato l’attenzione dei caterpillar sulle pischelle che hanno aperto si le bottiglie, ma non hanno potuto ammollare il becco, dato che ne sono state subito prontamente requisite…

E quindi se l’arsura del giugno incombente è stata allietata con sorsate di teutonico bere il grazie va a lui.

Li avevamo già visti, sempre noi tre, mesi addietro al Viper i Verdena. La Roby riesce a mantenere la sua presenza femminile, pur dandoci dentro di brutto, circondata da tutti quei maschi. E sarebbero sicuramente una buona cover band, o per lo meno si sentono le influenze che hanno. Ovviamente quest’ultime parole le ho sgraffignate a Valetudo, ma mi perdonerà. O no?

Club 27

Chi se la immaginava Amy Winehouse invecchiare? No, a parte gli scherzi, ci avete mai pensato? Io con le rughe e il guscio come Keith Richards non me la riuscivo a immaginare; si perché Keith, scavato dall’esercito di droghe che dagli anni ’60 ha spedito nel suo corpo usando tutte le vie possibili e immaginabili, è solo un guscio; e che guscio, ma -voglio dire- lì dentro non possono abitare organi, suvvia non siate ingenui. E così la Amy a farsi il colore dal parrucchiere per coprirsi la ricrescita o direttamente sfatta coi capelli bianchi nei momenti di down, proprio non riuscivo a immaginarmela. Eppure, ora che c’ha messo del suo, s’è impegnata e ha bussato al club dei 27, dove l’ha accolta Maggiordomo Jim Morrison, in compagnia di Kurt, Janis e Jimi, mi pare comunque presto. Nonostante il suo l’avesse già fatto. Può piacere o no, ma quella voce, imitata inutilmente da tante dopo, ha cambiato qualcosa. Un altro mattoncino nella storia della musica.
Guardi quelli del Club dei 27 e ti viene da pensare che bisogna disfarsi a quella maniera per scrivere qualcosa di originale e creativo e, soprattutto, capisci che non sarai mai una rock star, perché te i 27 li hai passati da un pezzo, perché credi ancora in babbo natale e anche perché la cosa più alternativa che ti sei fatta è stata una sniffata di vicks quando la bronco tronco era già un pallido ricordo.

sabato 2 luglio 2011

Welsh Trainspotting

La società s’inventa una logica assurda e complicata per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, il fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti. Scegli noi, scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano. Scegli di marcire in un ospizio, cacandoti e pisciandoti sotto, cazzo, per la gioia di quegli stronzi egoisti e fottuti che hai messo al mondo. Scegli la vita.

Beh, io invece scelgo di non sceglierla, la vita. E se quei coglioni non sanno come prenderla, una cosa del genere, beh, cazzo, il problema è loro, non mio. Come dice Harry Lauder, io voglio andare dritto per la mia strada, fino in fondo…



I nostri occhi s’incontrarono e qualche cosa passa tra noi, come in un lampo. Qualche cosa che non so definire, ma è una cosa bella, veramente. Dura un istante, poi sparisce.




Gilbert era un professionista che trafficava in droga da parecchio tempo. Comprava e vendeva tutto. Per lui era soltanto una questione di lavoro, e secondo lui non c’era nessuna differenza tra questa attività e una qualsiasi altra attività imprenditoriale. L’intervento dello stato, sotto forma di polizia e tribunali, era semplicemente uno dei tanti rischi del mestiere. Un rischio che valeva decisamente la pena di correre, però se uno teneva presenti gli eccezionali margini di profitto.

Se fosse rimasto lì, non avrebbe mai potuto essere diverso da com’era sempre stato. Adesso che si era liberato di tutti, per sempre, poteva essere quello che voleva. Se la sarebbe vista da solo. E questo pensiero lo terrorizzò e lo eccitò allo stesso tempo, mentre pensava alla sua vita ad Amsterdam.