giovedì 22 dicembre 2011

Padroni al guinzaglio

Indisturbata giaceva la merda di cane sul pavimento del garage, placida ma odorosa. Il pavimento non era quello del box auto del cane che il cane aveva fatto cacare, ma il suolo dove i singoli box si affacciavano, lo spazio comune a tutti insomma.

Me la ritrovai davanti, di primo mattino. Stavo andando a prendere la bici per una passeggiata in centro. La prima cosa che pensai fu del tipo:

“Ma chi è lo stronzo che fa cacare il cane nei garage?”

Ero certa che fosse di un cane: troppo piccola per essere umana, troppo grande per uscire da un gatto. Era la merda tipica da marciapiede, come tante se ne trovano sulle nostre strade e, a volte, sotto le suole. E non poteva essere di un randagio, a meno che queste bestiole vagabonde non abbiano chiave o telecomando per aprire il cancello… ipotesi che mi sembrava francamente inverosimile.

Cercai di essere ottimista e finsi di credere che il padrone del cane, accortosi dell’incidente, fosse andando in casa a recuperare paletta e sacchetto per pulire. Presi la bici, evitando accuratamente di passarci sopra con le ruote e chiedendomi cos’avrei fatto con l’automobile. Inforcai il ferro alla volta della città convinta che al ritorno l’escremento sarebbe stato solo uno spiacevole ricordo, quindi, un’allucinazione. Scorse il giorno, tornai a sera. La merda mi accolse rassicurandomi quasi: su certe cose puoi scommetterci, non cambiano. Era ancora lì, integra; evidentemente nessuno ancora c’era passato sopra a marcia indietro o avanti. Avevo bisogno della macchina; lo sapevo. La merda era tutta per me e per i miei pneumatici. Quindi architettai di uscire nel senso inverso all’abituale per scansarla, puntandoci tutti gli specchietti. L’impresa miracolosamente riescì. Sbucò un vicino, uno nuovo, che ha preso il posto al piano terra dell’Arabo Paziente attualmente nel nord del continente americano. Ci presentammo, subito mi chiese se il prodotto di scarto mi appartenesse. Dico io, ti sembra che abbia le braghe calate? Vedi cani in giro? Domanda lecita, rispondere è cortesia: “No, io non ho cani, mi chiedevo lo stesso”. Manco lui aveva i cani. Si avviciòa al suo box. Era il suo turno di cacciare la macchina: bingo! Era tutta sua! La spalmò tutta sulla gomma anteriore destra, togliendosi subito il pensiero. Ma la merda non si mosse, venendo solo spalmata sul suolo; restava lì, caparbia.

Rientrando a casa scrissi un cartello e un identico biglietto per ciascun condomino recapitato in ogni singola cassetta della posta. Recitavano:

“Chi ha fatto fare i bisogni al cane nei garage pulisca”

Certe cose mi sembrano surreali, e invece no. Per la pubblica via è meglio, c’è un’ordinanza del sindaco del 2002 che punisce con una multa salata questo reato, in quello spazio privato invece tutto è affidato al senso civico… in un posto dove la gente si spara.. ma per favore! Mi sa che talvolta il guinzaglio e la museruola starebbe meglio ai padorni che ai cani.

Era tardi ormai. L’indomani mi svegliai e chiamai subito l’amministratore, comunicandogli il fattaccio.

La merda è rimasta dov’era fino all’autodistruzione, in compenso è comparso un cartello timbrato e firmato dall’amministratore, in cui si fa proibisce di portare i cani nei garage. In effetti stanno meglio nei prati.

mercoledì 14 dicembre 2011

Firenze si tinge di nero

"I luoghi dove viene insegnato l'odio per gli altri vanno chiusi" ha detto ieri nel Salone dei 500 Pape Diaw, portavoce della comunità senegalese a Firenze.
Appena 2 giorni fa, il 13 dicembre 2011, Gianluca Casseri, un pazzo pistoiese, simpatizzante del movimento di destra casa pound, ha fatto il tiro a segno tra le bancarelle di Piazza Dalmazia e di San Lorenzo... 2 morti e 3 feriti gravi, tutti senegalesi. Quando ho appreso la notizia, accendendo la radio, è stato uno shock. Se mi fossi drogata mi sarei chiesta:
"Che cazzo di roba mi ha dato il pusher?"
La stessa reazione che ebbi per le Torri Gemelle, o meglio per i Georgofili, dato l'elemento di sinistra vicinanza, che rende il tutto ancora più surreale, da farti esclamare incredulo:
"Non è possibile, da me non succedono queste cose!"
Il cuore in gola... Mio padre lavora in centro, ma la speaker non dettagliava, restava in sospeso con questa "strage"; solo il luogo era chiaro, "Firenze". Attimi interminabili col fiato sospeso. Poi son venuti i dettagli, che via via nelle ore, seguendo la cronaca, si sono chiariti di particolari. E la rabbia che gonfiava.
Verso mezzogiorno il cinquantenne brizzolato ha fatto fuoco nel mercato rionale di piazza Dalmazia su due ragazzi senegalesi uccidendoli. Si chiamavano Diop Mor e Samb Modov. A lungo si è parlato di "due senegalesi", poi per fortuna si è restituito loro un nome, una dignità. L'edicolante della piazza, gli si è parato davanti; il killer ha impugnato la pistola e si è fatto strada rivolgendogliela contro, "Fossi in te ci penserei". Una cosa tremenda.
Casseri si è poi diretto al mercato di San Lorenzo, mica gli bastava. Farabutto. Era a bordo di una Volkswagen polo grigia. Arrivato in centro, ha ferito altri tre connazionali delle suddette vittime: Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbenghe Cheike; il primo rischia una paralisi dato che un proiettile ha centrato due vertebre dorsali; gli altri due sono in gravi condizioni, ma sembrano fuori pericolo di vita.
Immagino la gente che scappava correndo, tra le urla e gli spari.
L'assassino si è poi ucciso nel garage di San Lorenzo all'interno della sua autovettura, sparandosi alla gola con la sua Smith&Wesson 357 Magnum. Era già circondato dagli agenti. Anche loro non hanno dovuto passare dei bei quarti d'ora. Sei lì che vedi e riconosci la macchina, ti avvicini identificando anche la targa e vedi che c'è uno dentro, e sai che ci sei, che è lui.
Non ha solo ammazzato due persone (3 per essere esatti) e ferite 3. Ha travolto tutti quelli che ha incontrato sul sulla strada: immagino il giornalaio, che s'è visto una pistola puntata contro, tutti quelli che hanno iniziato a correre via tra i colpi e le grida e i poliziotti che hanno fatto 'toctoc' al suo finestrino che non hanno visto morire qualcuno, hanno visto qualcuno uccidersi.
Dall'indagine che sta conducendo il PM Paolo Canessa pare che il pluriomicida fosse da tempo in cura per depressione, che amasse la negromanzia, che vivesse tra Firenze e Pistoia e che si fabbricasse proiettili da solo, per andare al poligono. Si era allenato bene, senza dubbio. La casa di Firenze pare svuotata dal dentro, come se non volesse lasciare traccia. Nel pc si esplicita il suo pensiero, con collegamenti al mercato di Sesto, poi evidentemente scartato come setting. Il carnefice era un simpatizzante di destra, sembra che frequentasse casapound, covo di neofascisti. Se dio esistesse la farebbe ardere per autocombustione con tutti gli aderenti dentro; dall'alto dei cieli farebbe bene a scendere armato, ma in proposito mi tocca dar ragione al Benni:
"Io non so se dio esiste
ma se non esiste ci fa una figura migliore"
Inoltre nel profilo dello psicopatico emergono Tolkien e Nietzshe; quel mascalzone è stato capace di insozzare anche l'immagine dei geniali maestri, oltre che di tentare di adombrare quella di Firenze.
Tuttavia la città ha risposto cospargendo di fiori e fiaccolate i luoghi degli attentati. Il sindaco Matteo Renzi ha proclamato lutto cittadino: bandiere a mezz'asta, chiusura degli esercizi commerciali dalle 12.00 alle 12.10, convocazione del consiglio straordinario, con la partecipazione del portavoce della comunità senegalese a Firenze Pape Diaw e del ministro dell'integrazione Andrea Riccardi; il Comune si farà carico delle spese dei funerali e del rimpatrio delle salme. L'Imam Izzedin Elzir ha organizzato una preghiera a cui hanno partecipato circa 200 persone. Il presidente della regione era in piazza.
Pape Diaw ha dato prova di un'estrema forza nelle parole pronunciate in Palazzo Vecchio, completamente scevre da qualsiasi forma di violenza.
Molti reportage e documentari puntano sulla follia dell'uomo che ha provocato questa tragedia, ma presterei molta attenzione a concentrarmi troppo su questo aspetto: un altro psicopatico non molto alto, un pittore mancato proveniente dall'Austria, ha compiuto atti scellerati, stragi di massa, genocidi, eppure sedeva sullo scranno del cancelliere. Era la Germania della prima metà del XX secolo, ma tutto il mondo è paese e soprattutto la storia si ripete terribilmente e inesorabilmente.
Siamo de coccio!


sabato 10 dicembre 2011

Hanno detto si

Dopo due giorni canonici di ripresa dalla sbornia post nozze possiamo dirlo lucidi:
HANNO DETTO Sì.
Faceva caldo per essere il 7 dicembre e ha pioviscolato solo qualche istante, giusto per non mancare al detto secondo cui se la sposa si inzuppa come un colusso nel latte è fortunata... A me girerebbero parecchio le palle, ma come è stato in questo caso mi poteva anche andare bene. In diverse occasioni ho riposto l'ombrello, senza paura che l'acconciatura si sfacesse. Ero isterica per quel coso. Il Vallosballo ha rischiato più volte la vita: scendendo di macchina mi ha tirato il manico dell'ombrello in testa, rischiando di far saltare l'arsenale di forcine e lacca, così l'ho fulminato con lo sguardo e ho ringhiato molteplici bestemmie. Lui dice che non si era accorto che mi stavo muovendo...
Meno male non ero io a sposarmi. Avrei sbattuto con tutta la mia forza il bouquet in testa all'ombrellatore; cosa avrei lanciato alle amiche single?
Arrivati al municipio abbiamo trovato uno sposo visibilmente felice, che ci rassicurava: la cena si sarebbe fatta, anche se la sposa non si fosse presentata. Era in frac e cilindro come nel disegno delle partecipazioni. C'est super!
Poi sono arrivati F&F, Eule e Fra cioè, lei - come promesso - con le penne di fagiano, perchè lei si che è una ragazza di parola. Fra in impeccabile british style, sebbene da quando si vestì da nerd lo scorso carnevale è quella l'immagine che impressiona la mia retina ogni volta che lo vedo. Stavo per chiedergli che fine avessero fatto gli occhiali.
Eule mi argomenta l'ordinanza del sindaco per cui nell'ingresso e sui gradini era proibito il lancio del riso e per cui avevamo architettato, con vari calcoli balistici, di far avanzare gli sposi e poi di colpirli; pare che anni prima, in occasione di un analogo evento, il portiere, trovandosi ad attraversare la hall tempestata di chicchi di arborio e carnaroli, scivolò e guadagnò una frattura e un gesso; da allora niente più riso in quegli ambienti.
Poi ci hanno raggiunto Ali e il Piccio; non so come abbia fatto lei a camminare in quello schianto di scarpe. Erano divine, ci voleva una certa maestria. Io mi sarei rotta l'osso del collo. Il Piccio nella consueta calma serafica è stato lenitivo per tutte, in simili momenti a prova di nervi.
Mancavano solo Valetudo e Bourgugnon all'appello e, naturalmente, la sposa. A un certo punto mi viene il dubbio che non sia lei a sposarsi, poi guardo lo sposo e mi convinco.
Ecco la cinquina gialla col tulle, arriva la sposa e si scorgono a falcate pure gli assenti. Anche Valetudo, indosando un paio di stivali da vera rocker che invidio moltissimo, si conferma donna di parola, avendoli eletti al posto delle décolletées.
Va ammesso, senza essere presuntuose, anzi, si rischierebbe - omettendolo - di cadere nella falsa modestia: siamo tutte dei bei bocconcini, ma la sposa è qualcosa di sesazionale. E' una nuvola quella che esce dalla 500, come si suol dire "radiosa", che ci investe di questa felicità.
Saliamo le scale eccitate. La sala del sindaco non è il Madison Square Garden, ma ci accoglie tutti... saremmo un centinaio.
Ad officiare le nozze uno spiritosissimo amico dello sposo; questi personaggi sono imprescindibili: riescono a rendere leggero un qualcosa che di per sé è un coraggioso impegno; ha messo grazia anche nella lettura degli articoli del codice civile e poi si è espresso con parole sante rivolgendosi alla sposa:
"Son capo del calcio storico, se fa (riferendosi allo sposo) qualcosa che non ti va bene, dillo a me!"
Neanche un sacerdote sarebbe stato così esemplare.
Tutti abbiamo udito i "si".
Anelli.
Bacio.
Eule, conclusiva: "Ormai è fatta!"
Io, pragmatica: "Mi scappa pipì"
C'era troppa poesia, dovevo riabbassare il profilo, era un mio dovere morale.
Meno male non ero io a sposarmi: chi raggiungeva il cesso in quell'assedio di parenti e amici?
Non c'è stato bisogno dei kleenex, l'allegria dei due impavidi ci ha contagiato tutti.
Ho fatto in tempo a trovare la toilette e a lanciare il riso. L'avevo sistemato in un cartoccino conico, che mi ha permesso di lanciarlo forse un po' troppo violentemente all'indirizzo degli sposi. Eravamo variamente assortiti: se non sbaglio Eule aveva la qualità buona per i risotti, mentre l'Ali e il Piccio si erano tenuti sull'esotico con un Basmati, tutti direttamente con la confezione.
Sono seguiti baci e abbracci di congratulazioni e Antoine non si capacitava della bellezza di sua moglie.
Alle carrozze per il ricevimento.
Anche qui gli sposini si sono confermati coerentissimi: il locale che avevano scelto li rispecchiava, molto chic, ma anche molto cool. Viene usato esclusivamente per questi eventi. Si trova nella cornice del centro storico: al bacio!
Il catering era davvero sopraffino. Ci hanno accolto con un aperitivo, in cui il Vallosballo ha dato grande prova di capacità di socializzazione, soprattutto dal secondo bicchiere di prosecco in poi. Nell'attività di levatura del gomito è stato magistralmente assistito da Fra, Bourgugnon, il Piccio e Andrea, un amico simpaticissimo dello sposo.
I camerieri passavano volando con vassoi di polpette, carpacci, crocchette e altre diavolerie culinarie, che mi proibiscono di misurare i grassi nel sangue per almeno 6 mesi.
Poi è venuta l'ora di sedersi ai tavoli. Questi non erano numerati in ordine, ma con numeri che avevano un valore per la coppia, mi pare anche giusto. A noi è toccato il 28, giorno di nascita dello sposo, ma che nella cabala fiorentina viene associato ai becchi (cornuti). Sapendo che nella smorfia napoletana il significato era diverso, e per sedare gli animi, ho subito contattato il collega partenopeo accanito giocatore di tombola, che mi ha confermato che nella saggezza popolare campana il 28 rappresenta " 'e zizze delle donne ". Non male.
Ci sediamo. I gentleman volevano appiccicarsi tutti da un lato del tavolo dividendolo in donne e uomini; ci siamo opposte; già consapevoli che al ritorno avremmo guidato noi ragazze, non volevamo comunque dargliela vinta subito, col rischio anche di dover chiedere in prestito bottiglie ad altri tavoli.
Il menu era nello stile delle partecipazioni e prevedeva:

Ventagli di pasta fresca al radicchio trevigiano con emulsione al burro e noci
Risotto Carnaroli con ragout di cinta senese, salvia fritta e lamponi
Tenerissimo di filetto di vitella al Sauternes
cestino croccante con valeriana, pinoli, pecorino e aceto balsamico
Flan di patate al tartufo

Una delizia!
Meno male non ero io a sposarmi: i bottoncini del bustino sarebbero schizzati via accecando qualcuno degli ospiti.
Bourgugnon aveva la cravatta che si mimetizzava con i tovaglioli e a un certo punto ha rischiato di adoperarla come tale.
Il vino ha ammorbidito il talebanismo fotografico di Valetudo che si concede a qualche scatto: se avessi io la sua faccia da copertina vivrei di prepotenze.
La torta nuziale, millefoglie con frutti rossi, è stata preparata express e in diretta dallo chef. Gli assistenti volteggiavano con coppe di crema chantilly, roba vista solo in sogno.
Il dolce era un'autentica leccornia, come ci si immaginava vedendolo preparare. Alcuni bambini circondavano il tavolo su cui veniva lavorato, pronti a fregare con le loro rapide manine fragole e lamponi. Erano in adorazione. Non so come lo chef abbia fatto a uscirne indenne.
Musica maestro! Dopo il brindisi ci siamo scatenati in pista, aiutati da accessori carnascialeschi messi a disposizione dal locale. Ci siamo sciancati, aiutati dai caffè e, per i più prodi, dai superalcolici. Valetudo ha barattato con un bambino una maschera piumata per una parrucca. Boa variopingevano l'ambiente. Andrea ha scambiato le scarpe con quelle della fidanzata; i due portano lo stesso numero; lei indossava originariamente un 12 cm con plateau di pitone, che poi è finito nelle grinfie di lui; non è noto se il gesto è stato compiuto per eccesso di zelo nei confronti delle estremità doloranti della fanciulla o per egocentrismo, sebbene l'affermazione da lui pronunciata:
"Stasera il trans che è in me può emergere"
Ci abbia fatto propendere per la seconda ipotesi.
Il concetto di "Scelta di distillati" recitato nel menu è stato preso alla lettera dal Vallosballo, che è diventato amico intimo del barista.
Lancio del bouquet. Scansato.
Le ore sospese a 10 cm da terra su cilindri del diametro di 5 mm si sono fatte sentire: le demoiselles si siedono. Solo la sposa sembrava inscalfibile. Le chiediamo se abbia realizzato; con la sua proverbiale tranquillità ci ha trillato sorridente:
"Si, si!"
Valetudo commentando:
"Ora si sposta la fede sul medio e ce lo mostra"
La sposa è fresca come una rosa, mi chiedo come faccia. Proseguità la serata. Anche il Vallosballo lo farebbe, ma io da nevrotica guastafeste mica potevo seguirlo in quel delirio di ebrezza. Che materiale avrei portato alla mia successiva seduta di psicanalisi?
L'intimità acquisita col barista ha dato i suoi frutti nel ritorno a casa: il Vallosballo, che durante il tragitto ripeteva circolare 3 concetti in croce, non appena ha sentito odore di cuscino e materasso si è messo a russare come una locomotiva.


mercoledì 7 dicembre 2011

Fiori d'arancio

E così il gran giorno è arrivato. La nostra Farfallina e Antoine oggi compiranno un gesto di gran coraggio, convoleranno a nozze. La notizia era nota da tempo e i preparativi sono stati copiosi. Abbiamo iniziato, con le T4ever, guardando le riviste, sentendo i pareri della futura sposa sui vestiti, le scarpe, il trucco e le aconciature. E che dire dell'addio al nubilato? Me lo son persa porcaputt, ed hanno visto in quell'occasione quanto la fascia da miss faccia imbroccare, ormai troppo tardi...
In questi ultimi giorni abbiamo dato il meglio di noi; abbiamo iniziato con dubbi amletici, che Shakespeare ci faceva un baffo, in un turbinio di mail da far girar la testa, e quindi:

. Si lava la macchina o no, non avendo molto tempo a disposizione e piovendo a dirotto? Qui Eule è stata esemplare nella soluzione: se non si riesce a lavare la macchina basta tenerla lontana dai riflettori.
. Il riso si potrà lanciare o il sindaco lo ha vietato? Cazzo, ne avevo comprato un kilo a offerta, hai voglia te a minestre e risotti! E anche qui è stata Eule a informarsi, mi ha citato anche l'ordinanza del sindaco. Bombarderemo gli sposi in strada. Ma scatta un altro dilemma: il pacco di riso lo apro o lo lascio intero?
. Le calze, o collant... se si rompono, sarà meglio avere il cambio dietro? Qui non è stata data soluzione, a ciascuna è data facoltà d'azione.
. Capitolo Kleenex: come faccio a zepparli nella pochette con confezione e tutto? perchè il gusto del kleenex è farlo uscire dalla scatola, sennò tanto vale un normale fazzoletto... Opterò per un sobrio rotolo di scottex...

Stamattina ci ho messo del mio: facendo colazione ho rovesciato la zuccheriera sul pavimento, che mi ha sbattuto sul medio sinistro tagliandolo, mi son ferita il piede stoppando una bottiglia che stava cadendo... Cosa accadrà da qui alle 4.00 del pomeriggio, ora fatidica del si? Non oso immaginarlo... Frafallina, tranquilla, anche a pezzi verrò per omaggiarvi dei miei migliori auguri.
E ora via, ad acconciarsi!

domenica 4 settembre 2011

Ich bin die fesche Lola. Due bisbetiche indomate a Berlino.

Vorher. L’abito non fa la monaca.

Se pensavate che di combinare guai avevamo finito vi sbagliate di grosso.

La mail girata a Isil col Voucher dell’Hotel in realtà riproduceva solo il mio percorso aereo di arrivo nella capitale tedesca. Del pernottamento niente. Non posso lasciare Isil sotto un ponte per una giornata, dato che avrà la sveglia puntata alle 3.30 del mattino. Che cosa folle e ammirevole. Ad ogni modo pare che alla fine la giusta mail sia arrivata a destinazione. Ho dovuto imprecare diverse volte alla cortese attenzione di gestori di telefonia nazionale e internazionale, dato che mentre eseguivo l’operazione mi trovavo in un luogo dimenticato dalla copertura di rete, ma alla fine le mie preghiere sono state esaudite.

E fin qui…

Ringarzullita dall’avvicinarsi delle ferie, sono letteralmente andata a podio. Quel giorno la capa sapeva che a lavoro si sarebbe consumata una scena magistrale e non mi ha voluto togliere la gioia di farne parte: alle 10.00 del mattino mi chiama per presentarmi a lavoro alle 14.00. Avevo appena finito di fare la spesa. La sera Valetudo sarebbe venuta a cena, avevo pensato alle lasagne. In questo la superiora aveva fatto bingo, evitandomi la consueta chiamata ai vigili del fuoco. Compongo il 115 ogni volta che mi avvicino ai fornelli. Sistematicamente. Quindi le sono molto riconoscente. Alla fine.

E quindi eccomi a lavoro.

Da quanto ero stanca ridacchiavo nervosa per il corridoio. Tutto scorre tranquillo, fino al passo. Entro –chiamata- in una stanza con due donne e parentame venuto a far loro visita. La figlia di una delle due indossava un vestito largo, che lasciava intravedere una bella panciotta. Spavalda io le chiedo a bruciapelo ammiccando alla rotondità:

“Quanto manca?”

“No non no, ma io non sono incinta!”

Gelo.

Cazzo, perché non mi sono stata zitta??? Perché non mi faccio un ballino di cazzi miei??? Il sorriso da deficiente che avevo sulla faccia inizia a piegarsi all’ingiù. E fin qui sarebbe stata una normale figura di merda.

“Vedi” La donna mi mostra il suo corpo intero alzando la gonna, tuta su, fino al seno “io non ho la pancia!”

Ora, che non avesse la pancia era un’affermazione discutibile, ma effettivamente ne aveva molta meno di quella che mostrasse l’abito. L’abito non fa il monaco, manco la monaca.

Cerco di spostarmi davanti a lei, o meglio tra lei e il marito dell’altra occupante la stanza che aveva fatto tanto d’occhi, che sono strabuzzati da dietro i suoi occhiali. Pover’uomo.

Meno male aveva le mutande.

E domani si parte. Come premessa non mi sembra male.

mercoledì 31 agosto 2011

Ich bin die fesche Lola. Due Bisbetiche indomate a Berlino.

VORHER, ancora VORHER.

L'aria delle ferie comincia a farsi sentire e mi ha letteralmente dato alla testa. Prima di partire non mi sono risparmiata. Ne ho combinata qualcuna delle mie. Ad esempio ho dato il via alla lavastoviglie senza il detersivo dentro. E fin qui tutto bene.
Una notevole vicenda mi è successa con la padrona di casa. Ora dico però io, cazzo viene proprio mentre annaffio i fiori. Sul balcone ho delle bellissime e spelacchiatissima Zulfinee fuxia; dato che mi sono ricordata, ho imbracciato l'annaffiatoio e ci stavo dando dentro, dato che più che fuxia stavano diventando color savana. Sono stata di mano larga si vede, e l'acqua ha iniziato ad esondare dal vaso. Se prendevo la mira non ci sarei riuscita, le gocce hanno fatto centro sulla nuova presunta probabile, o forse ora improbabile, inquilina del piano terra, che dovrebbe sostituire l'insostituibile Arabo Paziente nei rapporti di vicinato, dato che questi è fuggito in Canadà a seguito di una rapina a mano armata all'espositore di caramelle del bar del quartiere, anche se lui dice di esserci andato per lavoro ovviamente. La voce della padrona di casa si è levata stridula al mio balcone:
"Attenziooooneee!!!"
Chissà se mi aumenta la rata dell'affitto. In un colpo solo ho rovinato la messa in piega della biondazza tinta che dovrà a breve traslocare e innescato un attacco epilettico nel mini York-Shire che teneva in collo. Con quest'azienda mi pareva il minimo.

Ma ovviamente non ho finito. La più bella l'ho combinata proprio con Isil: lei scenderà dalla Scandinavia, io salirò dal Mediterraneo. Far coincidere gli orari dei voli e gli aeroporti era finezza troppo ardita. Lei arriverà al mattino, io la sera. Aveva bisogno del voucher per l'hotel, volendosi giustamente riprendere un attimo. Nessun Problema. Ti giro la mail riepilogativa dell'agenzia di viaggi e te la stampi.
Ricerca nelle mail.
Nessuna traccia della mail in questione. Ovviamente l'avevo cestinata tra le tante che mi pubblicizzano paste per la dentiera, tettarelle e viagra.
E parte l'ennesimo bestemmione con autoinfamata.
Mi precipito all'agenzia supplicando di rigirarmi la suddetta mail e a quel punto di girarla direttamente loro a Isil.
Missione compiuta.

Troppo fico darsi appuntamento in centro a Berlino.

giovedì 4 agosto 2011

Ich Bin Die Fesche Lola - Due Bisbetiche Indomate a Berlino

Vorher

Un anno e sette mesi senza vacanze. E’ un punto di non ritorno. E ora basta. Sono questi tempi in cui apro la cassetta della posta sperando di non trovarvi nulla, o quanto meno nessuna bolletta, figuriamoci una multa, giacché di lettere d’amore - in epoca di mail, sms e diavolerie tecnologiche simili - non si parla manco a piangere in cinese. Ho messo sù un vero e proprio rito di approccio alla odiata e amata cassetta, con tanto di scongiuri; prima guardo dalla fessura, ma vero sospiro di sollievo a suon di “ E anche per oggi è fatta! “ lo tiro solo dopo aver aperto completamente lo sportello con la chiave.

Con le pezze al culo.

Al verde.

Sul lastrico.

Il mio conto corrente sta tentando il suicidio. Ogni volta che in un negozio striscio il bancomat so che mi potrei ritrovare istantaneamente i doberman dell’istituto di credito, prontamente sciolti dal Direttore, alla giugulare. Ma perché non adottano dei barboncini nani color albicocca?

E te credo che non ho un soldo in tasca. Vivere da soli a 30 anni oggi in Italia è un impresa titanica. Tutti a dirti: “Cretina, sposati! Cosa aspetti?!”. Te lo urla la gente, te lo bisbigliano i parenti impiccioni, te lo flautano le colleghe all’orecchio, proprio loro che poi ti dicono che venire a lavoro è il diversivo perché nel circo di mariti e figli a casa annaspano 24 ore su 24: fossi minchiona! Ma non solo le persone ti sibilano parole esplicite, tutto sembra dirti che è l’ora di mettere la testa a posto. Gli esempi sono a portata di mano; a fare la spesa ci sono fior fiore di promozioni sui pacchi famiglia, roba che quando tocca alla cartaigienica ti pulisci il culo da qui fino al 2024 (per gli stitici fino al 2050); e passino i candidi rotoli, perché restare con l’ultimo mitico strappo sul più bello è spiazzante. Ma quando è il turno di mozzarella o prosciutto la prova si fa ardua; provate a stare una settimana a mozzarella, provate; o una settimana a prosciutto; alla fine attaccate un gancio in soffitto e vi ci appendete cospargendovi di pepe. Ma esistono altri esempi: i messaggi che ti spediscono per mail o per sms dai produttori di linee pré-maman; vi chiedete se ci siano promozioni su tutine e fasciatoi? Chiedete pure alla sottoscritta!

E che diavolo c’entra tutto questo con Berlino? C’entra, eccome: 19 mesi senza vacanze perché non decido ad appaiarmi. Non solo, d’accordo, ma anche. E trovamelo uno pronto a sopportare i miei deliri e le mie nevrosi. Ma andiamo avanti. Parlerò approfonditamente di queste difficoltà con Marta Flavi e Sigmund Freud. Quest’anno devo chiudere il becco e smetterla di lamentarmi, visto che per le ferie riesco a partire. Tutta quest’attesa però fa capire lo spirito con cui accolgo le ferie. Nonostante crisi, inflazione e penurie, si parte. E il gaudio è davvero magno. Ho azzeccato un bell’ambo, ho preso due piccioni con una fava: non solo parto, ma soprattutto mi becco con Isil. Si potrebbe anche andare al Padule di Fucecchio, perché è l’INCONTRO che conta. E comunque niente padule, abbiamo voluto esagerare. La città che mi vide festeggiare la seconda tesi con Valetudo a fine 2008, mi riospiterà con Isil in settembre. Roba da pazzi. Lei cala da Stoccolma, io salgo da Firenze e ci troviamo a Berlino. Cristo Berlino, mica Signa. Berlino, ah! Senti come suona bene. B_E_R_L_I_N_O! Che gusto pronunciare questo nome.

Dunque le coordinate sono chiare: 52° 31’ Nord, 13° 25’ Est. Se vuoi telefonare il prefisso è +49 030, se vuoi mandare una cartolina il codice d’avviamento postale è 14199, mi raccomando.

Mi sembra quasi un miracolo. E’ da metà maggio che so di avere la prima quindicina di settembre di ferie; non mi piace affrontare l’estate con le vacanze alle spalle. Ci si arriva morti, ma il miraggio è davanti a te, non te lo lasci alle spalle come quando parti a giugno…

“Hai la prima quindicina di settembre”

Mi disse la capa quando le chiesi notizie in proposito.

La mia mente, già pronta a rifiutare e rinvare a ottobre se venivano tirati in ballo giugno o luglio, iniziò a scaldarsi. Quest’anno non faccio come l’anno scorso, quest’anno in ferie ci vado, anche in autostop, anche a costo di lavare i piatti dei ristoranti turistici dei centri storici; se stai a casa non stacchi, trovi sempre qualcosa da fare; anche a costo di andare in prigione.

Questo della galera, a dire la verità, era un vecchio stratagemma che io e Isil architettammo in Interrail. Era il 2001, c’erano ancora le Lire, gli Scellini, i Fiorini e tutta la batteria di monete ante euro al completo che ti facevano fare mille conti in vacanza, e con ciò sembra ancora di più di parlare di preistoria; non erano ancora cadute le Torri Gemelle; era davvero un’era fa. Ci lasciammo alle spalle la Francia per arrivare in Belgio, prima di raggiungere l’Olanda. In tutto il cazzutissimo Belgio, che sarà anche piccolo ma è pur sempre una nazione, quel giorno non pareva esserci manco un buco per noi e i nostri sacchi a pelo. Niente ostelli; e va bene, essendo economici sono i primi posti a partire, ma manco all’Hilton o al Ritz c’era possibilità di pernottare. E sotto i ponti era pieno di clochard, così come i barconi sulla Schelda e sulla Mosa erano già occupati. A quel punto pensammo di farci sbattere in gattabuia: era pur sempre un tetto sulla testa; ti danno anche da mangiare. Invece poi saltò fuori una stamberga in un hotel nella periferia di Anversa e dove ci toccò sgraffignare razioni triple a colazione per arrivare alla pensione completa che non avevamo ma che ci era imprescindibile. Dovevamo risparmiare: la terra olandese era vicina e carissima…

E ora che le piccole pesti sono cresciute, diventando donne in carriera (non esco mai di casa senza la mia 24 ore, i tacchi a spillo, il tayeur e il machete), ci possiamo permettere ben altro. Ora che alla nostra generazione è stato tolto definitivamente l’orizzonte del possibile e se vuoi arrangiarti in qualche modo, non fare il bamboccione da mamma fino a 40 anni e passa, ti tocca emigrare ed avere le persone a cui vuoi bene nel posto sbagliato – come per Isil – o – come x me – tornare all’università per imparare a lavare il culo ai vecchi (ci vuole la laurea anche per quello), ora ci possiamo permettere un ostello con bagno in camera, che detto così sembra quasi una piacevole contraddizione in termini. E siamo nel cuore di Berlino. Si tratta dell’All in Hostel di Gruenberger Strasse, a Friedrichshain, un quartiere –“Bezirk”- di squatter e punk, in cui la combriccola è ormai annoverata tra gli habitués; alloggiammo infatti nello stesso ostello con Valetudo nel 2008, ed inoltre lei era nell’elenco degli ospiti, con consorte Bourgugnon anche nell’estate del 2010 (era il 2010 vero Valetù?). Pulito, tranquillo, centrale, ti forniscono anche gli asciugamani e c’è la connessione web per pochi spiccioli e poi se non c’è chissene, dato che saremo lì per girare e vedere la città e non per spappolare tutto il tempo. E soprattutto buono il prezzo, cosa che, in una delle mete europee che insieme alla Scandinavia, vanta i prezzi più alti, va tenuta nel suo buon conto.

Ma come siamo arrivate fin qui? Ad esser precisi ci dobbiamo ancora arrivare, ma insomma questo è un piccolo particolare e lasciatemi il vezzo dell’immaginazione, sennò che scrivo a fa’?? Mi basterebbe leggere il giornale. In realtà alla fin dei conti non ci è voluto molto, son bastate una mail e una telefonata. Una volta architettata come meta Berlino ho aperto la Mail, digitato l’indirizzo di Isil nel destinatario e provare:

“Ce stai a settembre per farci un giro teutonico?”

Non osavo nemmeno sperarci… E invece, donna di poca fede, mi son fatta bugiarda.

A quel punto, da vera pigrona, sono andata all’agenzia.

Di prenotare da sola il volo non esiste. Adoro sputtanare i miei pochi averi in questi servizi. Non volo in economy, e infatti non volo quasi mai. Non posso fottermi la vacanza dell’anno perché se mi salta uno dei voli parto 2 giorni dopo da Caltanissetta; e poi le hostess sono dei rottami scortesi. Dove si è visto mai? Voglio Stewart gay dalle bionde e bellissime colleghe che con grazia mi chiedono se desidero thè, caffè o superalcolici, provocando la mia invidia più cieca; è così che deve essere.

E dunque una volta chiarite, in agenzia, le date di arrivo e partenza, ho chiamato Isil e m’è sembrato quasi troppo facile. I tour-operator avranno pensato che fossi matta; sono uscita dall’ufficio saltellando e canticchiando, strafregandomene del diluvio caraibico che si stava abbattendo in strada e sul marciapiede. Sono arrivata alla macchina fradicia, ma felice. Nel raptus ho chiamato anche Valetudo per dirglielo. Manco avessi fatto 6 al superenalotto.

lunedì 25 luglio 2011

VerdiVerdena

Quella sera il tempo fu clemente Si vedeva anche la luna a un certo punto. Uno spicchio sottile, a levante… quindi calante la mia cara vecchia luna, ma insomma si vedeva.

Avevo inforcato la bici nel tardo pomeriggio dopo la consueta dormita post notte. La mia pedalata rincoglionita cerava di guadagnare strada a tutta velocità. Dovevo ancora comprare il biglietto per il concerto dei Verdena di quella sera stessa nella favolosa cornice di piazza Santa Croce. Avevo paura di non trovarne sebbene Valetudo mi avesse tranquillizzato in merito La chiamo col fiatone e cercando di non farmi stirare a pelle di leopardo dalle macchine che mi sfrecciavano intorno:

“Nini , sto volando in bici al box office”

“Ah” In effetti non le avevo ancora detto nulla: quando esco dalla notte non so mai quanto dormo, quando mi risveglio e se mi risveglio. “Buongiorno”

“Buongiorno a te”

“Sono alla stazione, sto prendendo il treno”

“Per mangiare vi siete organizzati?” Le mie fantasie gastriche iniziavano a fare capolino.

“Si, ho preso dei panini”

E brava Valetudo, mica come la trafelata di turno… inizio a scorrere l’elenco mentale dei forni limitrofi al box office… tabula rasa. Panico. Respira e ragiona. Bingo! Dopo devo passare da Archetipo e lì intorno c’è ampia scelta.

“Ok, allora mi rifaccio viva quando ho il biglietto in mano”

“Bono, ciao ciao!”

“Ciao!”

Estraggo l’iPhone dalla tasca della mini in cui era conficcato a pressione, ovviamente dopo aver accostato; è un’operazione che non si può eseguire in marcia. Riavvio youtube sul video dei Nine Inch Nails di Something I can’t never have, e me la faccio sussurrare tutta all’orecchio da Trent ficone Reznor. Riparto con la sua lingua sul lobo sinistro, ma anche sul destro: miracolo degli auricolari…. Due Trent tutti per me… Cosa vuoi di più dalla vita, un tucano???

Mi precipito al Box Office a tutta velocità, o almeno a quella che posso, con la mi ansia nevrotica a farmi da scorta. I biglietti ci sono. Sospiro di sollievo, ma ascella pezzata, non si può avere tutto dalla vita. Richiamo Valetudo e la aggiorno circa le ultime conquiste. Da lì a via de’Ginori è tutto un fiat; Firenze non è New York, il centro si gira in un attimo. Quindi faccio marcia indietro e mi ridirigo verso piazza santa croce, col malloppo di panini, cola e biglietto.

Arriviamo contemporaneamente, notiamo che il gruppo sta bivaccando in una delle osterie dei dintorni. Restiamo stupiti, come quando inizia a cadere la neve, ti pare impossibile. Il batterista è ancora più sottile di come ce lo ricordavamo dal palco. Ma mangia questo ragazzo? Invece la Roby appare proprio al suo apice, come ha commentato Valetudo. Ha un taglio di capelli esagerato, che vorrei anch’io. Le sto per chiedere il numero del parrucchiere, ma aprono i cancelli. Ed inizia il lavoro di meningi per nascondere i tappi delle bevande. Decido la coca di seccarmela tutta d’un fiato prima, ma il buon dio, sapendo che avrei fatto un rutto di proporzioni titaniche l’ha impedito: durante il viaggio in bici, la bottiglietta aveva sciaguattato ben bene, così che nell’aprirla mezza se ne uscì facendo una doccia gasatissima alla mia tetta destra e ai miei piedini. Il buon dio evitò il rutto, ma mi fece mandare uno dei miei più riusciti bestemmioni: chi la fa la spetti. Non so chiaramente quale sa l’ingrediente segreto della famosa bevanda, o quale fibra sia stata usata per cucire la maglia che mi copriva la tetta colpita in pieno, tuttavia è risultato che la t-shirt si è asciugata senza nessun segno visibile dell’offesa ricevuta; ci son rimasta quasi male.

Poi si entra, le birre abilmente nascoste da Valetudo e consorte, il quale poi si è rivelato un mago dell’apertura delle stesse sotto gi occhi dei buttafuori; ci guadagnamo la prima fila, così gli occhi di quei bestioni son tutti per noi. Lui non si lascia sgomentare, si procura un paio di bicchieri di plastica ed è fatta. Mai visto niente di simile, manco ai compiti in classe di matematica al liceo… Oddio il paragone non regge dato anche avevamo bidelli così zelanti che ci riportavano in classe i libri oculatamente piazzati in bagno chiedendo di chi fossero proprio durante la verifica, ma insomma ci davamo un certo da fare. Quindi Bourgugnon, con una sola mano dietro le transenne riesce a stappare e a versare il liquido ambrato… io sono impedita con due, figuriamoci. Ma attenzione, per non dare nell’occhio riesce al contempo con l’altra mano a esultare e con la voce a catare le canzoni in cui la band si sta cimentando. Roba da non credere. C’è un’arte per certe cose, come la fede, o ce l’hai o non ce l’hai.

Il bello è che aveva anche aiutato due squinzie che avevano qualche bottiglia e un acendino per aprirle, ma non c’era verso di far saltare quei tappi metallici stramaledetti; Bourgugnon, altruista si precipita; ma secondo me è stata una mossa strategica: ha spostato l’attenzione dei caterpillar sulle pischelle che hanno aperto si le bottiglie, ma non hanno potuto ammollare il becco, dato che ne sono state subito prontamente requisite…

E quindi se l’arsura del giugno incombente è stata allietata con sorsate di teutonico bere il grazie va a lui.

Li avevamo già visti, sempre noi tre, mesi addietro al Viper i Verdena. La Roby riesce a mantenere la sua presenza femminile, pur dandoci dentro di brutto, circondata da tutti quei maschi. E sarebbero sicuramente una buona cover band, o per lo meno si sentono le influenze che hanno. Ovviamente quest’ultime parole le ho sgraffignate a Valetudo, ma mi perdonerà. O no?

Club 27

Chi se la immaginava Amy Winehouse invecchiare? No, a parte gli scherzi, ci avete mai pensato? Io con le rughe e il guscio come Keith Richards non me la riuscivo a immaginare; si perché Keith, scavato dall’esercito di droghe che dagli anni ’60 ha spedito nel suo corpo usando tutte le vie possibili e immaginabili, è solo un guscio; e che guscio, ma -voglio dire- lì dentro non possono abitare organi, suvvia non siate ingenui. E così la Amy a farsi il colore dal parrucchiere per coprirsi la ricrescita o direttamente sfatta coi capelli bianchi nei momenti di down, proprio non riuscivo a immaginarmela. Eppure, ora che c’ha messo del suo, s’è impegnata e ha bussato al club dei 27, dove l’ha accolta Maggiordomo Jim Morrison, in compagnia di Kurt, Janis e Jimi, mi pare comunque presto. Nonostante il suo l’avesse già fatto. Può piacere o no, ma quella voce, imitata inutilmente da tante dopo, ha cambiato qualcosa. Un altro mattoncino nella storia della musica.
Guardi quelli del Club dei 27 e ti viene da pensare che bisogna disfarsi a quella maniera per scrivere qualcosa di originale e creativo e, soprattutto, capisci che non sarai mai una rock star, perché te i 27 li hai passati da un pezzo, perché credi ancora in babbo natale e anche perché la cosa più alternativa che ti sei fatta è stata una sniffata di vicks quando la bronco tronco era già un pallido ricordo.

sabato 2 luglio 2011

Welsh Trainspotting

La società s’inventa una logica assurda e complicata per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, il fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti. Scegli noi, scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano. Scegli di marcire in un ospizio, cacandoti e pisciandoti sotto, cazzo, per la gioia di quegli stronzi egoisti e fottuti che hai messo al mondo. Scegli la vita.

Beh, io invece scelgo di non sceglierla, la vita. E se quei coglioni non sanno come prenderla, una cosa del genere, beh, cazzo, il problema è loro, non mio. Come dice Harry Lauder, io voglio andare dritto per la mia strada, fino in fondo…



I nostri occhi s’incontrarono e qualche cosa passa tra noi, come in un lampo. Qualche cosa che non so definire, ma è una cosa bella, veramente. Dura un istante, poi sparisce.




Gilbert era un professionista che trafficava in droga da parecchio tempo. Comprava e vendeva tutto. Per lui era soltanto una questione di lavoro, e secondo lui non c’era nessuna differenza tra questa attività e una qualsiasi altra attività imprenditoriale. L’intervento dello stato, sotto forma di polizia e tribunali, era semplicemente uno dei tanti rischi del mestiere. Un rischio che valeva decisamente la pena di correre, però se uno teneva presenti gli eccezionali margini di profitto.

Se fosse rimasto lì, non avrebbe mai potuto essere diverso da com’era sempre stato. Adesso che si era liberato di tutti, per sempre, poteva essere quello che voleva. Se la sarebbe vista da solo. E questo pensiero lo terrorizzò e lo eccitò allo stesso tempo, mentre pensava alla sua vita ad Amsterdam.

giovedì 16 giugno 2011

Che dio te ne renda merito

Ero in macchina, ciò che è divntato “la mia seconda casa”. Passi che lo fosse da neo-patentata; ci sembrava di avere il mondo in mano, di poter andare in qualsiasi posto, con la Diva e compagnia. Ma ora che la uso prevalentemente per andare a lavoro e che non so se passo più tempo sulle 4 ruote o a casa, resta sempre la seconda casa ma con uno spirito un tantino diverso. Son diventati cazzi amari. E ora che ci penso era anche un’altra macchina. La prima era una Peugeot 106, gran ripresa, frizione a facilitare la sgommata, un enfant terrible appunto; questa di adesso è una Matiz; è gloriosa, fa anche troppo, dato che la guido alla Blues Brothers, come se mi stesse sempre inseguendo la polizia, ma non avendo – a differenza di Belushi e Aykroyd – il motore truccato e gli ammortizzatori potenziati, e poi sopporta i miei monologhi con le mie personalità, il mio finto programma alla radio, le mie crisi isteriche, le bestemmie bruttissime e gli anatemi che lancio contro gli altri automobilisti. Ma le due autovetture hanno una cosa in comune: la frequenza con cui lavavo quella e lavo questa; c’è il problema dell’acqua nel mondo, come la fame. Non possiamo sprecarla per lavare qualcosa che dopo 24 h sarà sporco punto e da capo come prima. Spero sempre che la natura, con la pioggia, ad esempio, faccia il suo corso. Se mi trovo alle perse, tipo se devo andare a un matrimonio, guado un fiume, che problema c’è?!

E quindi mi trovavo in questa scatolina di metallo e plastica con le ruote, dirigendomi verso casa. Svoltando alla rotonda nuova di via Circondaria in via Buonsignori mi trovo un’ambulanza che, con solo il lampeggiante acceso, pensa di fregarmi e di entrarmi nel mezzo indenne. E’ no, cocco, a me non mi prendi in giro. Ho frequentato l’ambiente dell’emergenza dal 1993 al 2010, non c’è verso che m’infinocchi, conosco le regole, angelo dell’asfalto. Per avere la precedenza, tanto perché non lo tirino in tasca a nessuno devono attaccare anche la sirena, non bastano le lucine. Quindi suono, un colpetto solo di clacson, non le mie solite tranvate di 10”, e sorpasso sicura della mia ragione. A Firenze la ragione si dà ai bischeri, lo sapete, no?! Detto fatto, come volevasi dimostrare l’autista inizia a sfanalarmi e appena girato in via Mariti l’ambulanza si accosta e mi stringe al marciapiede finchè non sono costretta a fermarmi e ascoltare le parole del suddetto pilota:

“Brutta befana, speriamo la prossima volta tocchi a te”

In sovrimpressione dalla mia macchina esce la scritta: MORIRAI DI UNA MORTE IMPROVVISA E VIOLENTA.

Mica per il “Brutta befana”, mi è stato detto di peggio. Ma maremma maialaccia, ma se avevi tanta furia hai tempo di fermarti ad offendere una che reputi una cerebrolesa? Perché cazzo non hai attaccato la sirena brutto imbecille testa di cazzo figlio di puttana impotente stitico baciapile di merda. Questo l’ho pensato, mica gliel’ho detto. Non ho fatto discorsi, ho incassato la befana e anche babbo natale con tutte le renne e sono andata dritta sparata, annotandomi numero di targa del mezzo e nome dell’associazione, alla sede di appartenenza in cerca del responsabile dei servizi. Nelle mie offese pensate, è il pensiero che conta tanto, in una cosa ci avevo dato: era la misericordia, era un baciapile del cazzo. Vanno in chiesa e poi senti che bei discorsi fanno. E l’amore di cui parlava gesù? Sono convinti che la religione cattolica sia la religione di stato, in effetti gli lasciano fare come se lo fosse, ma i cattolici per primi non sanno che esistono i patti del 1927, i Lateranensi per cui libero stato in libera chiesa, ma non sanno un sacco di cose. Provate a chiedere a un cattolico se sa cosa lava il battesimo… ok il peccato originale, e anche qui il concetto di lavare via un peccato a un esserino appena nato che non ha ancora fatto niente, a parte far perdere il punto vita alla madre e sventrarla, dice che è per proteggerlo: ma per proteggerlo gli regalo una scatola di preservativi quando è più grande… Insomma il peccato originale è na risposta troppo facile, grazie agli studi di Valetudo si sa che lava il passaggio dal canale vaginale (se vuoi nascere di lì dovrai passare, vedrai!), perché è roba sporca. Eh si e perché metterlo nel culo ai ragazzini com’è? Credono che se vuoi togliere i crocifissi dai luoghi pubblici vuoi proibire loro di venerare il loro dio: fate pure, ci sono le chiese apposta. Vi sembra normale che nella scuola PUBBLICA debba chiedere di essere esonerato da “religione”? Non sarebbe più normale che chiedesse di farla chi la vuole? Credono che se sei a favore della libera scelta per l’aborto o l’eutanasia tu sia un abortista o un omicida; nessuno ha detto loro che la libera scelta comprende anche il non interrompere una gravidanza o il non praticare un’eutanasia, solo lasciate che ognuno decida per sé, e poi dicono di non imporre la loro teologia. In un’altra occasione una fervente cattolica mi espose a sua teoria antiabortista nella maniera seguente: “Se una abortisce poi dopo non le devono venire più figli, non è giusto, io ci provo da tanto e non mi vengono, non sarebbe giusto”. Vi rendete conto? E’ una che porta la croce al collo. A me sembra più proiettare i propri desideri o una propria personale tragedia sugli altri. Che schifo. Ci sarebbe da augurarsi che cambi idea, resti incinta, non lo voglia e trovi tutti obiettori, la stronza beghina frustrata.

E appunto un misericordioso, tanto ispirato dall’amore di dio è venuto a dire a me “speriamo al prossimo giro tocchi a te”. Che dio te ne renda merito.

Trovai subito il responsabile dei servizi che, al sentire l’accaduto, si mise le mani nei capelli, o meglio in testa, dato che non ne erano rimasti poi molti; ci credo, a governare quei ceffi ne de ve avere di pensieri poveraccio.

E soprattutto mi chiedo, cos’hanno tanto da correre se poi, come diceva il mitico Robertone del Pronto Soccorso di Careggi, arrivano lì e gli tocca aspettare??? Era 20 anni che ci lavorava, al pronto, sapeva il fatto suo.

Credono di salvare il mondo. Convinti loro…

martedì 7 giugno 2011

50 m sotto le stelle

L’ultima prodezza degli Squali è stata in notturna. Non si tratta tuttavia di gare bensì di un semplice allenamento; ma con Gianburrasca nei paraggi a combinarne di tutti i colori, anche il più ordinario meeting può tingersi delle più fosche tinte. Come quando per farmi vedere come ci si tuffa per un pelo non si arriva dritto tra le braccia di un usufruente “nuoto libero”… Lui poi ti dice che ci passava un maiale con una zucca in bocca, che era tutto calcolato, ma in realtà era grassa se ci passava un’ostia tra i due. E poi mi dice di non chiamarlo Gianburrasca…

Coach Pizzul aveva organizzato tutto alla perfezione: allenamento in vasca lunga all’aperto e pizzata a seguire. Per questo si era affidato anche alla sottoscritta con gli agganci del centro anziani qualcosa di casereccio ma confortevole si trova sempre.

Nascono grane già all’entrata: con la borsa e la mia agilità da elefante resto impigliata nel tornello di accesso agli spogliatoi. Mi ci si agganciano anche i jeans, non so come resto indenne e soprattutto non resto in mutande, una per lo meno era scampata. Poi è la volta della Grisbina, a cui non funziona “il braccialetto”; si perché lì ti danno questa specie di orologio senza lancette che ti serve per fare qualsiasi cosa: entrare al piano vasca, chiudere l’armadietto, fare la doccia, manca poco nuota al posto tuo; chiaramente è sintonizzato con un computer, quello delle casse. Quello della Grisbina a quanto pare non lo era. In realtà è stata colpa della super unghiata cassiera, fan del Magnifico che, vedendoli insieme, aveva avuto un attacco di gelosia e si era inventata questo dispetto, credeva di farla franca ma ce ne siamo accorti tutti; e del resto che si può pretendere da una che pensa più di 23 ore al giorno alle Méches?

Negli spogliatoi di nuovo uno stop, per chiudere gli armadietti: se non ci fosse stata Laure Manadou, la dolce metà del Coach, sarei rimasta lì tutta la serata, mi ha salvato a vita e la ringrazio assai.

Incuffiate, occhialute e costumate (scostumata per quel che mi concerne), arriviamo al piano vasca, ma anche qui non vi aspettate una cosa troppo semplice: Per accedere alle mattonelle del bordo c’erano dei passaggi obbligati dalle docce, rigorosamente marmate. E l’accappatoio? Dove credono che uno se lo cacci nel passaggio? Va be’ che di microfibra prende poco posto, ma insomma… Allora ci è toccato fare l’oliocuore alla staccionata, e ora finchè si tratta dei giovani rampanti passi, ma quando sono arrivata io con i miei reumatismi ho sudato freddo.

Ed eccoci alla vasca. Era ora. Si tratta di una piscina all’aperto. Poco importava agli squali se facevano -20°C, se il meteo aveva messo rovesci e trombe d’aria, ci siamo tuffati impavidi. Dicendola tutta io ho usufruito di una delle sopracitate marmate docce, per preparazione psicologica. Non mi sentivo i muscoli. Ho cercato l’aquagym, andando in una corsia in disparte, ma senza successo: lì facevano Aquagin: l’aperitivo in piscina, teoria sempre sostenuta anche da me; ginfizz, ginlemon, quello che vuoi, ma soprattutto relax. Dico io, invece di vedere le vecchie a sciaguattare come anatre appena uscite dal letargo (vanno in letargo le anatre?), che poi ormai a fare che lo facciano non si sa, non potrebbero andare a giocare a tombola invece di occuparci due corsie? Farebbero comunque aggregazione. Il centro anziani ne fa di spettacolari, e non mi dite che io non dovrei parlarne perché in realtà riguarderebbe anche me visto che già ci vado: a dare i numeri!

Inomma mentre cercavo di scappare verso l’amato gin Pizzul mi becca in pieno. Mi mette in corsia con Biederman, Peirsol e la Grisbina, dico io ma come si può?! Oltretutto la pulizia del luogo mi fa vedere benissimo la distanza sempre maggiore che mi separa dagli squali saette. Questa volta anche Gigino e Fiocco erano rimasti a cuccia, perché dice che il freddo è per loro dannoso… se se… con tutte quelle squame… E poi come si fa a non rallentare, soprattutto a dorso, col cielo che si sta sgombrando dalle nuvole e sta facendo largo alle stelle? Al freddo, senza farcela, ma ne è valsa la pena, anche solo per questo spettacolo. Il Magnifico, Dolce Metà e Gianbu sfrecciavano alzando le abituali colonne d’acqua che manco Mosè. Arriva la fine di questo allenamento. Pizzul ha misurato la nostra resistenza alle basse temperature e ci propone ritiro sui fiordi norvegesi e partecipazione alla traversata del baltico svevo-finnica Stoccolma-Turku. A questo punto obietto: “Non è habitat da squali” e coach vostro onore Pizzul l’accoglie irremovibile: “Ci chiameremo Salmoni, tutt’al più” .

Rientrando con la vasca al calduccio sembra di stare ai Caraibi. La Grisbina e il Magniico sono in conferenza stampa e ci hanno abbandonati. Con la Manadou notiamo che Giambu, Biederman e Peirsol si sono diretti agli scivoli. Salendo le scale ci arrivano cospicui scroci d’acqua Lo spirito indiavolato della peste era riemerso: stavano giocando a fare la diga di bilancino e soprattutto ad aprirla, poi si gettano nello scivolo. Sembra divertente. Ma una vocina mi ammonisce “Questa è roba da Gianburrasca, non hai più l’età, già che non ti è venuta una congestione a quell’acqua ghiaccia accontentati per stasera, vai a farti la doccia”. Ed io che non avevo assolutamente voglia di ascoltare Coscienza mi son buttata. Coscy si ricordava che soffro di labirintite, io no. Lo scivolo sembrava oliato, ci schizzavi a meraviglia. Ed io che temevo di restarci incastrata… povera illusa! Urlavo come un gallo da combattimento, mi son venute le palpitazioni e per il resto della serata son stata preda di attacchi isterici d starnuti; a tutti ho detto che sono allergica al cloro però. E comunque lo scivolo ha avuto un pregio: tutta concentrata com’ero a che non mi restasse il costume agganciato da qualche parte, non sentivo più i reumatismi.

E dopo aver visto la morte in faccia, mentre gli altri scapestrati si facevano il secondo giro, con gli scrosci che si sentivano arrivare fino agli spogliatoi, mi son ricomposta in vista della pizza.

Tra le birre e le mozzarelle Giambu e Biederman ci hanno allietati con i racconti delle loro avventure in vacanza. Risulta che quando andarono a Formentera noleggiarono dei motorini. Oculatamente stipularono un’assicurazione che li copriva contro tutti i sinistri possibili e immaginabili e fu usata a dovere: alla fine della vacanza conoscevano meglio il meccanico loro degli abitanti del luogo. A capo di queste follie su gomma c’era ovviamente la mente e il braccio di Gianburrasca; vi basti sapere che una delle prime sere, volendo saltare una rete col motorino si trovò dritto in braccio a una siepe che stava dietro, ma che – complice il buio – non si vedeva. E anche in quell’occasione Biederman se la vide bella: poco prima di atterrare tra i cespugli Giamburrasca, nel tentativo d misurare la prontezza dei riflessi dell’amico, gli lanciò contro il mezzo lasciandolo andare col gas tutto aperto. Altro che Gianburrasca!

Molti si chiedevano perché mangiassi lentamente: ero lacrimosa e starnutente, davo la colpa al cloro, ma in realtà questa volta c’entravano il peperoncino e il salame piccante della pizza “dei dannati”. Peirsol me ne chiese un po’, io porsi il piatto, lui spavaldo se la cacciò in bocca, ma poi ha chiamò il 115.

martedì 31 maggio 2011

Errata Corrige a "Tridente a Prato"

Che ero rimbambita ve l’avevo detto vero? Valerio alias “Piadina” non è romagnolo, né emiliano. E’ ligure, magna il pesto, non le lasagne. O forse entrambi. Sono disorientata. Allora mi tocca andare a ripetizioni di geografia, ma l’avido prof mi spilla 30 euri a botta, va a ore come manco le puttane, non rilascia ricevuta, ma in compenso non avrò bisogno più del tom tom, mi ha assicurato. Insomma, senza tante storie il fu mattia Piadina pascal ci diventa un De Andrè in piena regola, provenendo dalla città del mitico cantautore di cui sgraffigno il cognome. Via del Campo, il porto, l’acquario, il G8 del 2001, chi più ne ha più ne metta. Ma perché l’avevo piazzato al di la dell’Appennino, anziché sulla costa? Semplice: non ho l’orecchio così allenato a distinguere l’accento ed inoltre mi aveva raccontato un aneddoto legato a Modena. Il gioco era fatto, per me era modenese. In realtà De Andrè in quella città ci ha disputato il campionato interregionale di pattinaggio su roller-blades in pista ciclabile asfaltata, patrocinato dalle FS. In quell’impresa, che lo vedeva strenuamente davanti, a pochi metri dal traguardo credeva di essersi portato la gamba dietro e invece la gamba era rimasta incastrata in un intromesso pezzo di pavé a sanpietrini. Il ginocchio non resse al colpo. Si è beccato 3 mesi di gesso. Tuttavia FS ha vinto la causa contro il comune e questo ha generato una quanto mai sperata scoperta: mentre ci si accingeva a riasfaltare il pavé classico è emerso un affresco di arte bizantina. Grazie a una tibia e un perone sgangherati l’UNESCO ha reso quella pista ciclabile patrimonio dell’umanità.

PS Ma “Roller Blades” si scrive così? Ai miei tempi c’erano i pattini a 4 ruote, con scarponcino da fighette del pattinaggio artistico, da comuni mortali con i lacci che si legavano alle scarpe…

MNT - Le Magiche Notti della Titti

Vedere Il Grande Lebowski dopo più di 10 anni dall’uscita a un cineforum dove avrebbe potuto sdraiare le gambe sulla poltroncina antistante ed esternare liberamente il proprio concetto di “rutto libero” sorseggiando coca era una prospettiva troppo allettante per la Titti.

Era un periodo in cui aveva bisogno di rilassarsi, dato che sia il lavoro che le avventure in cui si cacciava non avevano che la scialba parvenza dei tempi andati… erano cambiati i tempi? Era cambiata lei? O le persone che la circondavano? Le sue esigenze? Sapeva davvero ciò che voleva? Sentiva solo con certezza che c’era aria di cambiamento.

Dato che l’ultima notte a lavoro era stata esilarante, voleva proseguire su questa linea e non appena seppe della proiezione, oltretutto vicino casa, si precipitò all’evento. Ma anche qui ebbe conferma sugli interrogativi che le circolavano in testa. Non sulle frasi, ma sul segno d’interpunzione, un gran punto interrogativo gigante che sovrastava tutto.

Tuttavia merita fare una digressione su quello che era stato il suo ultimo, surreale e strampalato turno di lavoro. Aveva concluso che, sebbene ci fosse accordo unanime sul fatto che le unghie dovessero essere colorate -mani e piedi- in base agli ultimi dettami della moda, a tutto c’era un limite. L’epoca della French era arrivata agli sgoccioli, era forse questa l’aria di cambiamento che sentiva? Continuava dubitarne, a dispetto delle prove. Lo status quo: tutte, ma anche alcuni, si coloravano le unghie e non perdevano occasione di farlo, non c’erano più frontiere. In macchina ai semafori rossi, nello spogliatoio in palestra, al ristorante per i ritocchi e a lavoro. A lavoro, appunto. Quella notte scorreva abbastanza tranquilla. In genere ciò non si ammette neanche a noi stessi per una questione di pura scaramanzia, finchè almeno non scocca l’ora di fine turno e non hai dato le consegne al collega che arriva. Ma onestamente andava riconosciuto: tutti sedati a dovere, non volava una mosca. Le colleghe con la faccia ipocrita da prima comunione chiesero alla Titti se avesse bisogno d’aiuto.

“Guarda ‘ste puttane” pensava la Titti, “mica te lo chiedono quando la gente chiama davvero. Furbe.”

Poi invece una mosca volò e qualcuno chiamò. Non ce la poteva fare da sola. Eppure, improvvisamente, sembrava parlasse ostrogoto. Non le trovò nemmeno in cucina, a fumare l’abituale sigaretta, “l’unica cosa che riescono a prendere in bocca”, si diceva, successiva al sempiterno caffè, ma direttamente nello spogliatoio dove tenevano poltrone per alzare le gambe; e adeguatamente a gambe ritte erano. Stavano armeggiando con un macchinario che faceva le unghie, taglio, limatura, tutto insomma; avevano mani e piedi tirati a lucido con la nuance all’ultimo grido; come potevano, anche se avessero voluto, andare a darle una mano? Non le chiesero, come ne Il grande Lebowski appunto, di soffiare sullo smalto perché il marchingegno asciugava pure.

“E mi chiamano anche Miss Perfezione… quando esco da lavoro senza andare in galera sono contenta!” Rimuginava tra sé e sé la Titti.

Buttò là un “Accipicchia come siete professionali!” di cui le zelanti lavoratrici non colsero il sarcasmo, dette loro le terga e si arrangiò, come sempre.

Chiaro. Dopo una notte così, aveva bisogno di svagarsi x una sera, con un film, una bibita portata in sala di contrabbando e la visione del grande Jeffry “Jeff” Leon Bridges, maschio, bianco, nato a Los Angeles il 4 dicembre 1949, sagittario (suo ascendente quindi perfetto), protagonista di molti film prodotti su pellicola o mentali della Titti stessa, dove la nostra scatenava le sue più sfrenate fantasie muliebri, carnali e spirituali; con ciò definiva Jeff un artista “completo” perché appagava le sue lussurie cardinali e teologali, perché di virtù certo non si poteva parlare, tutte rami dello stesso albero. Aveva indossato il top e le scarpe nuove, per il suo Drugone Lebowski; delle mutande aveva deciso che non aveva bisogno e il’immancabile trench da esibizionista, per darsi un tono. Questo capo si rivelò la sua ancora di salvezza. Al varco infatti non trovò il pigrissimo biondazzo, ma un tricheco di una cinquantina d’anni con un’alitosi stravolgente che le attaccò un gancio perfetto, nel senso che era intessuto in modo che la Titti sarebbe risultata maleducata se lo avesse spedito subito dove più desiderava, ma dove non possiamo dire, tanto ve lo immaginate… Cercò di divincolarsi con garbo con la scusa della toilette, ma lui la aspettava. Mirando la tazza pensava a come fare. Si prospettava la rovina della serata tanto attesa. “Accidenti a questi stronzi che si vogliono atteggiare da intellettuali, voglio stare in pace, io e Jeff e basta stasera, guarda te che mi doveva capitare”. E tutto il contrario da che si aspettava fu. Il tricheco marcava a uomo, le si sedette accanto, ma per lo meno la Titti si guadagnò l’uscita. Il posto lo scelse lei, lui la seguiva. Cercò di mettersi abbastanza lontana per fargli dispetto dato che era occhialuto. E poi si chiamava come il suo ex.; mica come Jeff. Prima che attaccassero a proiettare aveva già scoperto, non per sua volontà, ma per la logorrea da cui fu investita ovviamente, che il compare aveva già un’anca in titanio. “Ci avvantaggiamo coi tempi” Pensò” “Il viagra però lo prende sicuramente da sempre; senza questo come fa???”. Pensava tutto questo mentre lui cercava di stordirla; poi notò che la camicia, a quadretti arancio, era intonata con i calzini. “Qui siamo alla psicopatia. Questo sta peggio di me”. E mentre lui si sbracava sempre di più, cioè faceva ciò che in origine voleva fare lei, si ritrovò appollaiata sul bracciolo contro laterale, come un falcone, e aspettava il momento buono per spiccare il volo. Si finì di abbottonare il trench accusando fantomatici brividi. Jeffrey non avrebbe mai goduto delle sue grazie, tutto era andato in fumo. Ma qualcuno miracolosamente ascoltò le su preghiere: fecero l’intervallo. Dichiarò di dirigersi al bagno, senza dare possibilità di replica, ma invece della strada per i servizi imboccò quella dell’uscita e tirò il sospiro di sollievo dirigendosi verso a casa a passo spedito. Passo dopo passo cresceva anche il malincuore, di aver lasciato Jeff nelle grinfie di un tale pubblico. Era una sensazione strana, doppia, ambivalente, ma cosa non lo è del resto?

“Possibile che una ragazza non possa andarsi a vedere un film in pace da sola???” e a quel punto se anche voleva imbroccare qualcuno, con quell’articolo accanto ogni sforzo sarebbe stato vano.

Dopo due serate passate a questa maniera alzò bandiera bianca: la vita era troppo strabiliante, riusciva ancora a stupirla e questo non era male. Voleva stare a guardare per un po’. Ovviamente dalla tribuna d’onore. Era pur sempre la Titti.

giovedì 26 maggio 2011

Tridente a Prato


Ogni riferimento a persone o fatti è puramente casuale, sebbene buona parte degli eventi si sia realmente svolta nella piscina comunale di Prato domenica 22 maggio 2011. Quindi abbiamo una squadra di nuotatori, tanto cloro e soprattutto tanta voglia di divertirsi.

Personaggi, interpreti ed etimologia dei nomi

Mau, nel ruolo di Pizzul o coach; mister della squadra da sempre, è anche il cronista delle nostre zingarate in giro per l’Italia. Si distingue per lo stile giornalistico e professionale -da cui il nome del personaggio- con cui pubblica gli articoli delle nostre imprese sul sito della società sportiva con cui gareggiamo. E’ anche membro della Virtus Buonconvento, in tale ruolo è temutissimo nemico ai blocchi di partenza.

Specialità: rana, cronometraggio e sostegno psico-spirituale degli atleti.

Ana, nel ruolo di Supernova Catalana; astrofisica barcellonese pluridottorata è il cervellone della squadra; anche se lei ancora lo ignora, è candidata al Nobel per la fisica, speriamo tutti di essere invitati alla famosa cerimonia all’Accademia di Svezia, il cui ristorante pare essere l’eccellenza stoccolmese in quanto a chef e gourmet. Sarebbe l’occasione giusta per sfoderare la divisa elegante della squadra, vedi la voce “Alban”.

Specialità: rana, 50 e 200; adora i pellegrinaggi: per la gara che andiamo a descrivere si è sciroppata 700 km; la distanza non le vale un tagliando gratis dal meccanico di fiducia, bensì il titolo di “Atleta dell’anno”, che a breve verrà pubblicato su riviste specializzate, ma anche su Vogue e RollingStone.

Vale, nel ruolo de La Grisbina; giovane promettente talento della giurisprudenza, del nuoto e della gastronomia, qualsiasi cosa faccia le viene da 10. Rifocilla la squadra con biscotti di sua personale fabbricazione, del tipo detto “Grisbì”, da cui il nome; delizie che rinfrancano cuore, palato e stomaco tutte in un colpo, non la bilancia ma del resto non si può avere tutto. La Parmalat le ha chiesto più volte la ricetta, ma lei fa la preziosa e infatti la ditta ne produce una varietà più scadente. La Grisbina è sfegatata tifosa neroblu; in effetti spesso i costumi con cui nuota riportano questi colori, sarà un caso?

Specialità: Stile libero e rana, per la data odierna, ma per questa fuoriclasse si potrebbero menzionare tutti e quattro gli stili. La squadra s’interroga circa il suo esordio nei misti.

Lore nel ruolo de Il Magnifico; come il suo omonimo mediceo antico Signore di Firenze non si può che chiamare “Magnifico”: insieme ad Ale (vedi sotto) è la punta di diamante della squadra. E’ il macina punti, a ogni gara che disputa il salvadanaio della squadra rischia di scoppiare. Lo vedi nuotare a delfino e sembra una passeggiata, ti vien da dire: “Eh icchè ci vole?”.

Specialità: delfino e stile, in base alle gare che prevalentemente lo impegnano, ma anche rana e dorso gli sono molto familiari, misti, insomma può fare quello che vuole. Gran calcolatore , riesce in pochi secondi a pronosticare tempi e tirar giù tabelle e staffette con piglio da oracolo che gli fanno attribuire qualità messianiche di veggente. Le sue virtù matematiche lo consegnano ai guinness, non intendendo con questo la famiglia produttrice di birra.

La Grisbina e Il Magnifico sono anche protagonisti dell’amatissimo e seguitissimo reality “Due cuori e una tavoletta. L’amore ai tempi del cloro”, in onda su Telepullbuoy. Firmano gli autografi all’uscita dell’allenamento il martedì e il giovedì sera. Ma non dite loro che ve l’ho detto!

Cristian nel ruolo di Paul Biederman: è una new entry della squadra. Ha velocemente conusmato un exploit che già dal primo esordio gli è valso due medaglie. Il nome gli deriva dalla cuffia che indossa, della Germania appunto.

Specialità: si distingue nello stile libero e nella rana, ma le sue qualità di mistista non hanno tardato ad emergere. Non è dato saperne molto, ma si vocifera che sia anche un notevole calciatore: è stato Ale (vedi oltre) a trascinarlo dai campi di erba sintetica in vasca, senza scarpe con i tacchetti per fortuna!

Alban nel ruolo di Frogman&Valentino; è il ranista della squadra -ed ecco il Frog- , ma anche molto altro: è il giocoliere, perché prenderebbe per il culo anche il fumo delle schiacciate; è lo Squalo Primo, come membro più antico della squadra e quindi fondatore del gruppo; è lo stilista –ed ecco Il Valentino-, ideatore della nuova maglietta dell’équipe con cui presto i nostri fans ci vedranno sfilare in passerella e a bordo vasca. In cantiere c’è anche una versione chic, per la cerimonia di conferimento del nobel della Supernova –vedi sopra -.

Specialità: rana, ma sta paurosamente migliorando anche a stile, questo cocciutissimo squalo!

Manfre nel ruolo di Complimentiallamamma; si tratta del ficaccione del gruppo, fa anche il modello, e te credo. Adora cani e gatti, di cui vanta diversi esemplari.

Specialità: la sua carriera acquatica inizia come pallanuotista, ma attualmente guizza nelle corsie con rana e stile libero. Noto è anche il suo sguardo spietato, “di ghiaccio”, al sentire o al fare battute acide su chi non incontra il suo favore. Inoltre è cultore della tradizione enogastronomica toscana e internazionale. Te serve un ristorante? Chiedilo a Manfre… altro che google!

Ale nel ruolo di Gianburrasca; lo potremmo chiamare anche Zoff –mi si voglia passare il paragone con un capitano datato, ma la nazionale dei miei tempi resta quella di Bergomi, Scirea e compagni – dato che è l’acrobatico portiere nella squadra calcistica del sopracitato Cristian Biederman. Oppure si potrebbe dire Romeo, nel senso di Alfa, dato che viaggia con una Giulietta nuova fiammante, tanto potente quanto attesa.

Specialità: eclettico nuotatore è un vero razzo, come dicevamo la seconda punta di diamante, col Magnifico, della squadra. Quando arrivi al bordo lui ha già preso anche il caffè. Ma soprattutto è un casinista di primordine, ne combina sempre una, e lo dimostra anche con l’altra sua attività, quella di dj. Tutti sculettano ai ritmi che passa questo teppista, ma sua mamma come avrà fatto a non impazzire con questa peste intorno? Santa donna!

Valerio nel ruolo di Piadina; di origini emiliane (o romagole? Non ci ho mai capito un cazzo a geografia e tra l’Emilia e la Romagna per me è tutto un gran minestrone! Come il Friuli che poi è anche Venezia e come se non bastasse pure Giulia… Come fa uno a non confondersi?!), è uno degli squali, non il solo, a non aspirare C né T, né a francesizzare la G, ma c’ha quella Z in compenso con cui non ha nulla da temere. Rassicura psicologicamente La Signora (vedi sotto) alzando la media d’età della squadra. Attivissimo atleta non manca mai agli allenamenti.

Specialità: stile libero, o meglio crawl, ma anche forca delle gare, tifoseria e fotografia: per il presente Memorial ha snobbato le gare il signorino, ma ci a regalato un gran tifo e si è ciucciato le macchine fotografiche di tutti, con relativi programmi e bottoni da pigiare. La documentazione iconografica dell’evento è in gran parte opera sua.

Leandro nel ruolo di Aaron Peirsol; prende il nome dal famoso campione statunitense del dorso, sebbene sia in origine un pallanuotista come Complimentiallamamma. E’ infatti il dorsista uomo della squadra.

Specialità: dorso 200m, forca degli allenamenti attività in cui eccelle. A dispetto di ciò riesce ad ottenere comunque buoni risultati: c’è stoffa da vendere!

Io nel ruolo de La Signora; il nome è una lunga storia… per farla breve si riferisce, elegantemente, al fatto che costituisco l’ala geriatrica della squadra. Più tonno che squalo, sono stata adottata dall’équipe nell’ambito di un progetto di recupero sociale degli anziani patrocinato dalla Regione e con cui Pizzul può accumulare crediti universitari. Anche gli altri membri della squadra, purché studenti in regola con il pagamento delle tasse, possono ricevere crediti, dimostrando che si allenano con la sottoscritta.

Specialità: piantare grane, farmi squalificare, non vincere il bronzo neanche se in 3 a partecipare. Rana e stile nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, finchè morte non ci separi, amen. Sono autrice delle cronache romanzate delle gesta della truppa.

Gigino e Fiocco: i coccodrilli da allenamento.

Assenti

Esistono altri membri della squadra, ma di essi non dirò qui, oggi erano assenti… Tutti tutti alle manifestazioni agonistiche non siamo mai stati. Alle cene si però. Buongustai!

Chi ha da dire qualcosa si pronunci adesso o taccia per sempre.

La Giornata

L’incontro era fissato per le 7.40 davanti alla 01, il teatro dei nostri allenamenti, dove Pizzul ci sguinzaglia i coccodrilli da compagnia alle calcagna “Per stimolare l’adrenalina della sopravvivenza”, come ama sottolineare, fischietto e cronometro alla mano. Ne possiede due esmplari, Gigino e Fiocco, adorabili! Può essere utile sapere che oltre che di carne umana sono ghiotti di girelle motta: le tasche del mio accappatoio ne sono sempre colme.

La giornata è iniziata metereologicamente favorevole e, già dall’arrivo dò conferma della mia demenza senile: io lo faccio per loro, per rassicurarli! Mi posso permettere, in quanto anziana, di sparare le mie castronerie in santa pace, dato che sanno già tutti quanto sia rimbambita. Ed ecco che scendo dalla macchina, attraverso la strada e, raggiunti gli altri sul marciapiede, salutata La Supernova che s’è fatta 700km per venire a fare queste gare e che quindi non vediamo da un po’, mi rivolgo a Gianburrasca chiedendogli se gli fosse arrivata l’agognata Giulietta. Con tutto quello che ha aspettato per averla, come minimo dovevano fargli trovare la testimonial, Uma Thurman, dentro. Ovviamente ce l’avevo immediatamente alle spalle, l’avevo oltrepassata senza accorgermene, e dire che non è una smart!!!

Pizzul arriva per ultimo (come allenatore dà sempre il buon esempio) e con un glorioso segno del cuscino sulla faccia.

Ci distribuiamo nelle macchine La Grisbina vuole assolutamente provare la macchina nuova; basterebbero due macchine, ma ne prendiamo molte di più. Io vinco il ficaccione, wow! L’aura di divo che si porta dietro, ti mette in soggezione: quando ci fermiamo perché Pizzul faccia benzina per ripartire giro la chiave: peccato non avessi ancora spento la macchina. Tiro delle grattate col cambio che quasi quasi mi resta in mano, ma ne vale la pena: quando vincerà l’oscar come miglior attore protagonista io potrò dire che un giorno gli detti un passaggio.

Con il veicolo miracolosamente ancora intero arriviamo alla piscina, ed ecco l’ennesima figura da svampita: mi ricordavo che era in vasca lunga, ma non che fosse all’aperto… del resto non ci si può ricordare tutto, quindi guardo persa Pizzul e gli chiedo candida: “Ma è all’aperto?” Ride sconsolato, sa che sono un caso senza speranza!

C’è un banchino che vende oggetti per fanatici del cloro, un’occasione per fare shopping, perderla sarebbe peccato mortale! Adocchio una cuffia a fiorellini, è mia! Ma non sono la sola a fare acquisti e così consiglio una cuffia con una tigre a Biederman.

Prendiamo posto, ci sono un sacco di sdraio, ma cerchiamo una posizione strategica. Poi con La Grisbina e la Supernva andiamo a cambiarci. L’impianto ha gli spogliatoi su due piani, per il nostro vanno salite le scale. E te pareva!

Intanto è arrivato Leandro-Aaron, che abita dietro l’angolo, con un segno del cuscino ancora più profondo di quello del coach… E anche Piadina; è preso d’assalto: gli smolliamo le macchine fotografiche ma lo sgridiamo per non essere anche lui lì con noi a scoppiare in vasca. Parte il riscaldamento. Ammazza quant’è lunga la vasca, questi metri siamo sicuri che siano 50?

Le prime a partire siamo io e La Grisbina, per le femmine, Gianburrasca, Complimentiallamamma e Frogman&Valentino per i maschi, nei 50 m Stile libero. Questa volta riesco a non farmi squalificare e guadagno l’ultimo posto nella mia categoria, mica è da tutti. La Grisbina invece si che sa cosa significa silurare l’acqua: becca il bronzo per questa gara, oltretutto recuperando sul fondo un braccialetto: dopo il tuffo non la vedevamo riemergere, aveva visto luccicare sul fondo e non ha resistito, è riemersa a metà vasca e a quel punto le altre facevano sci d’acqua dietro di lei; la medaglia non brillava quanto altre, ma lei aveva il suo braccialetto che luccicava! E’ uno squalo gazza. Frogman&Valentino, come anche Complimentiallamamma hanno fatto un tempo esagerato, migliorandosi tantissimo anche a partire dal fatto che in realtà in vasca lunga si rallenta… sarà, ma con loro non sembrava affatto. E chiaramente il nostro compagno casinista non poteva essere da meno e conformemente alla peste che è ha creato onde alte due metri in vasca, c’era gente a fare surf, li ho visti con questi occhi! E chiaramente ha conquistato l’oro, quella peste!

E una.

Subito dopo, tanto per togliersi il pensiero, con la Grisbina siamo tornate sui blocchi per i 50 m rana, e questa volta ci facevan compagnia anche la Supernova, Biederman e Frogman. La Grisbina ovviamente ha salito il secondo gradino del podio, che poteva condividere con la Supernova, se quella puttana della giudicessa di gara non avesse preso un abbaglio e non l’avesse squalificata per falsa partenza. La Signora ha centrato l’obiettivo del non farsi squalificare, ma ha mancato il cucchiaio di legno, dato che in questa prova ero solo penultima… Alla partenza, confesso, ho chiesto alla rivale alla mia destra se erano i 50 rana quelli, giuro. Mi ha guardato sconsolata: io non capisco, mica le ho detto che era una vecchiaccia malefica, anche se i realtà pareva Maga Magò, che gente! Biederman si è piazzato al terzo posto e Frogman era nella sua specialità, è stato impeccabile.

Poi sono andata a fare colazione, mi ha accompagnato la Supernova, l’ho implorata di non spifferarlo a Pizzul… se sapesse che mi son sbafata un vassoio di cornetti che ho mandato giù a suon di caffè corretto alla sambuca mi ucciderebbe! E’ il mi spirito di atleta! Mi sono accorta appena in tempo che avevo 3 etti di marmellata sulla guancia.. Ho potuto tirarla via senza che se ne accorgesse. Ma era colpa dei baristi. Io ero davanti al vassoio colmo e nessuno arrivava, era a portata di mano, che dovevo fare? Continuare a sbavare come un boxer? Non sarebbe stato appropriato! Inoltre Pizzul era ben distratto, impegnato a seguire quello che poi è diventato il tridente: i 200 misti, in cui il podio è stato tutto della squadra: Biederman col bronzo, Gianburrasca con l’argento e con l’oro il Magnifico: carrarmati! Che avidi questi squali: non lasciano niente a nessuno!

Ma non abbiamo mica finito. La manifestazione è proseguita e qualcuno di noi era sempre a bordo vasca a tifare qualcun’altro in acqua in quel momento. E così anche il nostro Aaron Peirsol non si è risparmiato e si è portato a casa con nonchalance l’oro nei 200 dorso, lui che quando ci alleniamo mi mangia sempre le caviglie! Giustamente penserà che mi sono addormentata e mi sveglia. Ovviamente lo lascio sempre passare e riprendo pacifica il mio sonno; è per via delle rughe: se non dormo abbastanza saltano fuori! Quindi approfitto di ogni momento. Comunque dopo che Peirsol è riemerso dalle acque ed è tornato agli spalti, ho dato l’ennesima prova della mia demenza galoppante: chiedendogli come fosse andata, le sensazioni a caldo direbbe un giornalista, mi spiegava come non vedesse un cavolo, e io di rimando “Eh, con quest’acqua torba che vuoi non si vede nulla!”… Ma quale acqua???… “Ma veramente” fa lui “era perché nuotando a dorso all’aperto col sole negli occhi ero accecato!”

Non lo faccio apposta. Ogni tanto i neuroni s’inceppano.

Poi sono arrivati i 200 rana, per cui si son tuffati Frogman, e una stressantissima Supernova in una batteria, Il Magnifico e il coach in un’altra. La Supernova era vittima dell’anatema della squalifica, ma lo ha ampiamente tirato i tasca alla bagasciona che aveva osato metterla alla porta nella prima competizione conquistando una medaglia. Tiè. Il coach invece ci era avversario, nuotando per la sua squadra del cuore e di sempre; al che mi sono sempre chiesta cosa si provi ad allenare e sostenere una squadra, ma partecipare con un’altra. Il Magnifico poi, siccome ne aveva fatte poche, si è tolto anche questo sfizio; ha guadagnato l’oro; e chi lo ferma a quello?!?!?!

Come se non bastasse questi ultimi due atleti, appena usciti da quest’ultima batteria, si sono immersi nella mistaffetta a stile libero. Tolte e tracce di marmellata mi son presentata anch’io ai blocchi, con la Grisbina e la belva pestilenziale. Cosa ci faceva una scatoletta di riomare come me con il fiorfiore dei campioni? Questa volta l’anca in titanio era utile non solo per i crediti universitari, in quanto i concorrenti dovevano: essere due uomini e due donne, edavere come somma delle rispettive età un numero pari o maggiore di 100; per questo secondo punto potevo concorrere anche da sola, ma insomma…

Mi ristrovo sul blocco senza neanche accorgermene. Parto io, poi si butta Gianburrasca, che passa il testimone alla Grisbina, la quale trova il Magnifico ad aspettarla. Primo evento favorevole e propiziatorio: siamo in corsia 7. 7 è il mio numero, nata di 7 mesi il settimo mese dell’anno. I magnifici 7… ah no, quelli eran 4… via che pignoli, 3 più o 3 meno chi se ne frega! E poi il panico: sul trespolo la consapevolezza di essere tonno mi pervade. Gianburrasca mi ripeteva, facendomi apprezzare il vero spirito di squadra, di fregarmene di quanto ci mettevo ad arrivare, purchè partissi e arrivassi bene. Nel senso di non farmi squalificare.

E così la giudicessa puttanessa ha fischiato. Salgo sul bordo. Guardo gli altri, che farò bene?

AL POSTO. Bum bum bum, il cuore mi martella nelle tempie . Oddio mi parte l’embolo. Che ci faccio qui? Madonna e se poi sbaglio? Cretina, chi non fa no falla. Aspetta il via e tuffati! Guarda l’acqua sennò vanno via gli occhialini, come ti ha consigliato Aaron al riscaldamento. VIA! Mi butto. Spancio come una foca e giù a tutto fuoco. Non vedo nessuno intorno a me. Minchia allora sono forte! Si, si come no, basta crederci. Ovviamente ero sola in mezzo alla vasca perchè tutti gli altri erano già arrivati da un pezzo, chi si faceva le unghie, chi la messa in piega, chi rilasciava interviste. Arrivo, tocco e Giamburrasca zompa. Cosa è successo dopo è leggenda: Giambu, la Grisbina e il Magnifico, per recuperare la mia placidità di bradipo hanno realizzato l’impossibile. Con i vortici da oro generati hanno regalato a Prato 3 anni di luce gratis. So che hanno ricevuto proposte di lavoro alla General Elelectric. Stavo in una botte di ferro. E così sono riusciti a far salire anche me sul primo gradino del podio… E’ proprio possibile tutto a questo mondo. Purtroppo la squadra del coach avrebbe meritato l’argento, non fosse che la puttanesca della giudicessa fischiasse un'altra squalifica: ma ‘sti giudici sò proprio inflessibili!

Da quando ho stretto la medaglia tra le mani non l’ho più mollata. E’ diventata il mio nuovo collier. Mi piace più di un Tiffany. Mi segue anche a nanna. Non me ne separo mai. Me la tengo decisamente stretta, la mia cazzutissima medaglia. E quando sono in macchina la esibisco: tutto il mondo deve sapere! L’altro giorno sono andata in radiologia: non volevano saperne di farmi passare con il mio monile. “Io non me la levo. Passerete sopra il mio cadavere”. E’ la mia prima medaglia ed è d’oro, non si scherza con queste cose. Da 0 al gradino più alto è roba, soprattutto per il titanio che mi ritrovo nelle anche. E chi c’era mai salito su un podio!

Dunque sono tornata a casa con una medaglia d’oro al collo: il nuoto fa miracoli.