martedì 23 settembre 2008

I love andare a lavorare

Vende i libri, lo sappiamo già; quel che non sappiamo è che fa anche strage di cuori...
Massi, caro Massi, in che bel ginepraio ti sei infilato, con la fauna bislacca che affolla questi anni!
Vediamo di dipanare un pò la matassa; diamo le coordinate intanto: 365 gg fa o giù di lì; la scena apriva il sipario sulla libreria, quindi siamo nel caso di "amore sul posto di lavoro"; uno può allora esser portato a pensare che il nostro non apettasse altro che zompare dal letto la mattina per precipitarsi in cotal luogo infestato da cupido, e invece no, perchè il diavoletto travestito da angelo non aveva scoccato la freccia a lui, ma a una bella stagista, giovane e pure intelligente; quel demonio si era distratto e mancando di centrare anche Massi ci fa precipitare dritti nell'insieme degli "amori sul posto di lavoro non corrisposti".
La ragazza, abbiamo detto, si trovava lì per uno stage, che poi le ha dato la possibilità di contiuare in un altro punto vendita (oggi si chiamano così), ma nello stesso settore; Infatti le sequele continuano ancora oggi; che cazzo ci aveva messo eros nella freccia? Il veleno di taranola!?! E sangue di giuda, poteva avere più riguardo! Sappiamo che la ex-stageuse suole ancora telefonare al libraio anziano - professionalmente parlando - di cui sopra, quando potrebbe benissmo faxare, o mailare tutte le cose che deve dire; si tratta di ordini di records in isbn, stringhe abbastanza sterili anche per il più pazzo degli innamorati, ma dato il tarantone di cui sopra qui diventano incredibilmente roventi; oggi la bella fanciulla deve accontentarsi dei vocalizzi del suo principe azzurro, ma quando iniziò godeva pure della di lui visione; non resistette al fascino argenteo della chioma, nè a quello ceruleo dell'occhio; in due giorni era già una williams caduta dall'albero. Iniziò dunque a tartassarlo senza tanti complimenti, con telefonate ad orari impertinenti; Massi esasperato non sapeva come fare, aveva anche pensato a wannamarki, ed in effetti, dati i risvolti che abbiamo detto, era impossibile farcela; furono un intervento simil-divino, combinato alla promozione a "dipendenteassunta" dell'innamorata con relativo trasferimento a salvare Massi dal peggio; non v'immaginate un pentimento di cupido, ma un qualcosa di esterno: entra in scena lo Psicologo Morelli, rinomato per il tatto e la classe nell'eloquio, per cui massimamente era noto, distinguendovisi in stile ed eleganza: un fuoriclasse della paroladolce. Per inciso, sulla voce "tatto" si dice che sia stato per 15 anni di fila, raggiungendo il primato mondiale non ancora superato, Campione di Mano Morta, un Giacomo Agostini della palpata insomma. Il suo intervento fu provvidenziale, quanto cruciale. Dopo l'ennesimo sclero del collega che non sapeva più come allontanare la giovine, prese la situazione di petto ed affrontò lui le lunghe ciglia sbattenti, e fu così che le disse:
"Non te la prendere, qui ti chiaverebbero tutti!"

giovedì 18 settembre 2008

Gomitoli impertinenti

Avrà avuto 7 anni ed era una peste. Lo chiamavano Dodò come il pappagallo che aveva a casa. Non tanto per la somiglianza col pennuto, ma per l'abitudine a imprecare che condivideva con l'animale, e che già ampiamente aveva sviluppato a tre anni, quando diceva ancora poche parole ma scandiva le bestemmie in maniera impeccabile e questo gli derivava apunto dalle ore di gioco col suo uccellino, che era stato recuperato da una casa del popolo; il volatile era normalmente alloggiato nella sala fumosa dove i compagni avventori giocavano a carte e in cui le frasi più ricorrenti avevano poco a che vedere con il francese dei croupier, ma chiamavano in causa santi e madonne. La bestiola le aveva imparate a meraviglia e in casa le riproponeva. Era il tempo in cui i giocattoli si facevano in casa, in cui si prendevano due assi e con due ruote messe in croce si faceva la macchinina, e via giù dalle discese più ripide. Quel giorno Dodò tornava dal fiume, dal sentiero che sbucava proprio alla sua porta di casa. La vicina, la sigonra Lina, stava, come era solito, lavorando ai ferri; davanti alla porta di casa aperta, dava le spalle alla strada e dunque al sentiero; aveva uno scalino davanti su cui appoggiava le gambe, tenendosi in equilibrio dondolante sullo schienale, a contrasto. Proprio menre il nostro discolo risalendo l'erta del sentiero sbucava con i suoi occhietti sulla strada il gomitolo giallo sfavillante che Lina teneva in grembo zompò sul corridoio, perdendosi nel buio della casa. Non è dato sapere se ciò avvenne per un tentennamento troppo forte o se il gomitolo si fosse suicidato (delle cosce tornite che in tempo di guerra facevano girare la testa di partigiani e soldati all'unanimità, non restavano che varici settantanovenni; c'è la sua differenza che neanche alla lana gialla sfuggì), in ogni caso la Lina dovette alzare le sue mele renette e prostrarsi in direzione del gomitolo, "quel serpente!"- che s'era allontanato, assumendo la posizione che chiamereo "del cane che fiuta". Dodò emerse dal pantano e la prima cosa che vide fu il culone della Lina; la cosa era troppo ghiotta: non potè fare a meno che levargli la seggiola di sotto; la poverina, credendo di trovarla invece dove l'aveva lasciata, recuperato saldamente tra le mani il gomitolo come un pompiere un gatto arrampicatosi su un grattacielo, si lasciò andare all'indietro sicura si far atterarre le chiappe sul legno domestico; la legge di Newton fece il suo lavoro e la Lina finì a gambe ritte; il marito, che stava giungendo dalla parte opposta a quella di Dodò sì gustò la scena e, soffocando dalle risa, non si curava assolutamente delle istanze della sposa, che con voce tremante lo implorava:
"Bruno, piglialo! Piglialo Buno!"

lunedì 1 settembre 2008

Erase una vez el amor pero tuve q matarlo

Mica le ho fatte le ferie, anche se sembra. E c'avevo pure da scrive, ma non sapevo da che parte rifarmi. E' la tesi che mi risucchia... E, notoriamente, quando non è un amante a farlo diventa un casino... Eccomi qua. Ho letto un bel libro, vi mando l'incipit, ve lo raccomando tutto però:

"Mi chiamo Rep - diminutivo di reptil, cioè rettile - da quando riesco a ricordare. Sono alto un metro e ottantatrè e peso ottantuno chili (come i cowboy di Marcial Lafuente Estefanìa), ho gli occhi neri e infossati che paiono due canne di fucile pronte a sparare, la bocca sensuale e una verga di 25 centimetri nei giorni più caldi. Non sono un eiaculatore precoce e non mi puzza il fiato, amo tagliarmi le unghie fino a farle sanguinare, ho tracce di acne in faccia e sul culo, denti forti e un odore personale seducente. Son il tipo giusto per l'energica e indimenticabile ripassata che è il sogno di ogni donna. Anche nel bere mi distinguo. Non so ballare nè cantare, ma se quelli che sono capaci sapessero farlo come me sarebbero il top. I miei amici mi chiamano la verga ferita, i miei nemici pallone gonfiato. Sia il nomignolo A che il nomignolo B sono azzeccati, anche se potete immaginare quale preferisco. Sono eterosessuale e possiedo un'intelligenza feroce. Ho avuto ferite d'arma da fuoco, da taglio e da oggetti non identificati. Non ho mai ammazzato nessuno, ma ho portato più d'uno sull'orlo della morte fisica o spirituale. Meglio non farmi incazzare. Ho il cuore acuminato come le schegge di un'esplosione. Non mi piace la gente lagnosa nè le madri che picchiano i figli. Esiste una bella donna di nome Nilda che ni piace un casino."

Da C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo di Efraim Medina Reyes, 1994 - New York