martedì 3 maggio 2011

La verità mi fa male lo so

“[…]

Capii in quel momento quale fosse il modo di ragionare del mio maestro, e mi parve assai difforme da quello del filosofo che ragiona sui principi primi, così che il suo intelletto assume quasi i modi dell’intelletto divino. Capii che, quando non aveva una risposta, Guglielmo se ne proponeva molte e diversissime tra loro. Rimasi perplesso.
“Ma allora,” Ardii commentare, “siete ancora lontano dalla soluzione…”
“Ci sono vicinissimo,” disse Guglielmo, “ma non so a quale.”
“Quindi non avete una sola risposta alle vostre domande?”
“Adso, se l’avessi insegnerei teologia a Parigi.”
“A Parigi hanno sempre la risposta vera?”
“Mai.” Disse Guglielmo, “Ma sono molto sicuri dei loro errori.”
“E voi,” dissi con infantile impertinenza, “non commettete mai errori?”
“Spesso.” Rispose. “Ma invece di concepirne uno solo ne immagino molti, così non divento schiavo di nessuno.”
Ebbi l’impressione che Guglielmo non fosse affatto interessato alla verità, che altro non è che l’adeguazione tra la cosa e l’intelletto. Egli invece si divertiva a immaginare quanti più possibili fosse possibile.
In quel momento, lo confesso, disperai del mio maestro e mi sorpresi a pensare: “Meno male che è arrivata l’inquisizione.” Parteggiai per la sete di verità che animava Bernardo Gui.
E con queste colpevoli disposizioni di spirito, più turbato di Giuda la notte del giovedì santo, entrai con Guglielmo nel refettorio a consumare la cena.

[…]”

Tratto da Il nome della rosa, di Umberto Eco, Bompiani, Milano 1980

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