venerdì 3 febbraio 2012

Ich bin die fesche Lola: due bisbetiche indomate a Berlino. Während: Mercoledì 7 settembre 2011

A Berlino un abitante su 7 è straniero ed è la città con una delle comunità gay più vivaci d’Europa; del resto anche il suo Borgomastro gay dichiarato Klaus Wowerheit (detto “Wowi”), confermato, è dal 2001 che amministra la capitale; in quale altro posto il candidato che, a poche settimane dalle elezioni, saluta con entusiasmo un raduno di amanti del sado-maso vestiti di cuoio e tessuti luccicanti vince? Si vede che molti seguono il motto di Federico il Grande “Jede nach seiner Façon” (vivi e lascia vivere), che regnò nella seconda metà del XVIII secolo.

Se penso a questa città le 2 parole che mi vengono in mente sono “Varietà” e “Tolleranza”. E’ stata segnata, ferita, ma mai sconfitta, nel suo drammatico passato. Forse l’aria che vi si respira è dovuta alla necessità di doversi continuamente adattare a nuove circostanze e sconvolgimenti.

Qui niente è normale.

3 milioni e mezzo di abitanti, più o meno. La religione sarebbe il protestantesimo, ma pochi sono i praticanti. 12 quartieri, di cui i centrali sono: Mitte, Prenzlauerberg, Friedrichshain, Kreuzberg, Tiergarten, Schöneberg, Charlottenburg. Ai tempi del muro si parlava di Ossi (tedeschi dell’Est) e Wessi (tedeschi dell’Ovest). E’ la città meno tedesca della Germania. E’ composta da un mélange di etnie provenienti da 185 nazioni, che vanno a costituire il 14% della popolazione totale. Il Senato cittadino ha un membro preposto alle questioni dell’integrazione. Tuttavia le diverse comunità tendono a non mescolarsi fra loro.

Berlino si estende per circa 890 Kmq (38 km da nord a sud, 45 km da est a ovest), è attraversata, oltre che dalla Sprea, anche dall’Havel, corso in genere ignoto ai turisti. Vi nuotano, tra gli altri, il pesce persico e la lasca, anche se va detto che l’area di Berlino è tra le più inquinate della Germania, sebbene sia attenta alle tematiche verdi. Ogni quartiere ha un parco. Nella cintura boscosa che circonda la città si possono avvistare conigli selvatici, volpi, martore e cinghiali; in incremento questi ultimi, si dice addirittura si siano spinti – complici inverni miti e abbondanza di cibo nei cassonetti e ghiande - fino alla periferia. Il Berliner Morgenpost sostiene che i cinghiali stazionino sugli scalini di una scuola in attesa della ricreazione e delle merende dei marmocchi. Poi le bestiole hanno iniziato a distruggere i gerani amorevolmente curati dai cittadini. Così anche i più sensibili alle tendenze ambientaliste hanno invocato la loro eliminazione. Il Senato della città per tutta risposta ha pubblicato un opuscolo sui cinghiali, con informazioni sulle loro abitudini ed inviti ad essere tolleranti con loro. Al di fuori delle aree abitate ne è permessa la caccia, ecco come finiscono almeno 1000 di loro all’anno.

Ma Berlino non è tutta verde, anzi, dopo la Wende (riunificazione) ha vissuto momenti di fervore costruttivo, e gli affitti sembrano molto più abbordabili di quelli italiani, a prescindere oltretutto dal fatto che gli stipendi sono più alti. Inoltre molti punk e squatter, soprattutto a Friedrichshain e Kreuzberg occupano abusivamente diversi edifici, anche se ci si chiede quanto potrà durare.

Nel 1891 Mark Twain definì Berlino “la città più nuova che io abbia mai visto” e JFK in visita dichiarò “Ich bin ein Berliner”, pensare che c’era la Guerra Fredda in corso…

Passatemi la divagazione storica che sto per fare, ma mi pare imprescindibile: non si può altrimenti nemmeno vagamente immaginare cosa sia l’atmosfera che ci si respira, fermo restando che per averne l’idea bisogna andarci. La prendo larga quindi faccio un paragrafo, se volete saltarlo sarà facile individuarne la fine.

Geschichte

Bignami della storia di Berlino. Se devi fare la maturità leggi qui!

I primi insediamenti agricoli risalgono al 3000 a.C.. Nel corso del XIII sec. Alcuni mercanti fondarono le stazioni commerciali di Berlino e Cölln, nei pressi dell’attuale Nikolaiviertel (vicino Alexanderplatz). Si trovavano in posizioni strategiche tra Köpenick e Spandau, allora città fortificate, oggi fermate-capolinea della metro. Nel 1307, sotto l’appoggio del principe locale, vennero unificate. Berlino si ampliava, mantenendosi indipendente. Più di un secolo dopo Federico di Hoenzollern diventa Elettore del Brandeburgo, avviando un dominio che durerà 500 anni. Inizia la riforma luterana, cattolici e protestanti si affronteranno nella Guerra dei 30 anni(1618-1648); Berlino si mantenne inizialmente neutrale e fu così saccheggiata. Sul finire del XVII sec., con l’arrivo dei profughi ugonotti dalla Francia, la popolazione berlinese crebbe e fiorì culturalmente, fino a diventare centro dell’Illuminismo tedesco. Vennero edificate l’Accademia delle Arti e delle Scienze e, con Der Alte Fritz (il vecchio Fritz, cioè Federico il Grande), Berlino cresce architettonicamente. Nel 1806 Napoleone sfila sotto la porta di Brandeburgo e dominerà la città per 3 anni. E’ a questo periodo che risale la nascita della Humboldt Universität, che vanta tra i suoi luminari Hegel, e l’architettura schinkeliana.

I moti rivoluzionari sconvolgono tutta Europa. Nel 1862 Otto Eduard Leopold von Bismark è cancelliere di Prussia, il “Cancelliere di ferro”, che unificò la Germania con Berlino come capitale. Fu lui a chiamare la nazione “Deutsch Reich”, e fu questo il nome che le rimase fino al 1945.

Nel 1888 sale al trono Guglielmo II, sarà l’ultimo sovrano tedesco; abdicherà il 9 novembre 1918 alla fine della disastrosa I guerra mondiale. La Germania ne uscì bastonata anche dalla Società delle Nazioni. E fu crisi: per comprare un kg di pane ci voleva una carriola di soldi. La guida del paese passò al partito più forte, l’SPD Partito socialdemocratico - Sozialdemokratische Partei Deutschlands - con a capo Friedrich Ebert. Poche ore dopo l’abdicazione del Kaiser i vertici dell’SPD si affacciarono alle finestre de Reichstag per annunciare la nascita della Repubblica Tedesca. Poche ore dopo, dal palazzo reale di Undert den Linden si affacciarono gli spartachisti x proclamare la nascita della Repubblica Socialista. La lotta per il potere fu ardita. L’SPD si prefiggeva una democrazia parlamentare, mentre la Lega di Spartaco con a capo Rosa Luxembourg, voleva un governo marxista. Si formò il Partito Comunista Tedesco, ci furono scontri in strada che culminarono nella Rivolta Spartachista del gennaio 1919. La Luxembourg fu arrestata e uccisa, il suo corpo gettato in un canale della Sprea. Nasce la Repubblica di Weimar, città dove l’Assemblea Costituente aveva riparato durante i disordini cittadini. E’ qui che si riconosce il diritto di voto alle donne, il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, ma anche il diritto del Cancelliere a governare x decreto nei periodi di crisi, clausola che si rivelerà tragicamente cruciale nell’ascesa al potere di Hitler. Al potere c’era Ebert con l’SPD, ma le due fazioni, monarchici e comunisti, non erano soddisfatte. Il malcontento si manifestò nel marzo del ’20, quando un gruppo di militanti di destra occupò la sede del governo a Berlino. Il governo trovò temporaneamente rifugio a Dresda, ma Berlino reagì con un imponente sciopero generale che fece fallire il golpe.

E fu la volta degli innovativi dorati anni ’20, bastano pochi nomi: Gropius e il Bauhaus, George Grosz, Bertold Brecht, Christopher Isherwood. Nel 1923 la prima trasmissione radiofonica tedesca pervase l’etere e 8 anni dopo fu Berlino a diffondere l’anteprima mondiale della televisione. Ma nel 1924 Hitler aveva pubblicato il “Mein Kampf” e alla fine del decennio ci fu la recessione, con il venerdì nero del 25 ottobre 1929, in cui la Borsa di New York colò a picco trascinandosi dietro quelle di tutto il mondo. In poche settimane ½ milione di berlinesi si trovò senza lavoro, si scese in piazza. Si andava formando il partito nazionalsocialista di lavoratori tedeschi o partito nazista (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei), i cui membri si scontravano sempre più contro i comunisti. Erano guidati da un pittore mancato, un austriaco di nome Adolf Hitler.

Il malcontento dilagava, i consensi aumentavano. La gente, è noto anche oggi, quando si sente spersa ha bisogno che qualcuno la abbindoli con delle frottole, la storia si ripete e l’uomo è così stupido da non imparare mai la lezione. Si avvera la profezia di Friedrich Nietzsche.

Il 30 gennaio 1933 Hitler fu nominato cancelliere tedesco. Un mese dopo il Reichkanzler accusò i comunisti del misterioso incendio scoppiato al Reichstag. In nome della sicurezza nazionale si fa conferire i pieni poteri e così il 24 marzo 1933 ha inizio ufficialmente la dittatura nazista.

Fuga ed esilio di molti artisti ed intellettuali. Le attività commerciali gestite da ebrei vennero boicottate. Nel 1934 muore il Presidente della Repubblica, così Hitler si arroga anche questo titolo, diventando Führer, guida. Nel ’35 le Leggi di Norimberga revocarono la cittadinanza tedesca agli ebrei e proibirono il matrimonio tra ebrei e ariani.

Ogni tentativo di rivolta covato anche in seno al suo stesso partito veniva soffocato nel sangue dal dittatore che pretendeva obbedienza e fedeltà assoluta, con l’oscuro zelo della sua guardia personale, la Schutsstaffeln (SS). Nel 1936, in occasione delle Olimpiadi, il nazismo propose una strabiliante vetrina di sé, conquistando la Germania il maggior numero di medaglie (42).

9 novembre 1938, Notte dei Cristalli. Tutte le attività commerciali degli ebrei vengono distrutte e poi rivendute forzatamente a proprietari non ebrei. Fuga in massa degli ebrei da Berlino. Restano in 60000, pochi di essi vedranno la fine della guerra.

Dato che non sapeva cosa più cosa inventarsi e non gli bastava torturare, violentare, massacrare il popolo tedesco il 1° settembre 1939 l’ometto coi baffetti invade la Polonia. Credeva di giocare a risiko. Inizia la II guerra mondiale, tanto mica c’era lui al fronte, come quell’altro suo compare, come diceva? Ah, si “Armiamoci e partite!”. I berlinesi però non salutarono con nazista gioia l’iniziativa, ricordandosi della fame patita durante il primo conflitto mondiale. Ma non ci fu nulla da fare, e guerra fu.

Se già in tempo di “pace” per gli ebrei suonava a picche, figuriamoci con la guerra. Il dittatore a cui piacevano bionde e biondi dagli occhi azzurri, non contento di aver sconfitto Belgio, Francia, Olanda e di aver fruzzicato dalle parti della Russia, nel ’42 dal lago Wannsee proclama la Endlösung, la soluzione finale, che prevedeva l’annientamento sistematico di tutti gli ebrei d’Europa. E dato che c’era mica si poteva lasciar scappare l’occasione, ci mise dentro anche zingari, omosessuali, preti, dissidenti e oppositori al regime. Anche il suo collega italiano fece uguale. Giusto a Berlino, in memoria di questo atroce periodo di storia e perché memoria non se ne perda, è stato eretto il toccante Holocaust Mahnmal, che visitai con Valetudo, ma che questa volta mi son risparmiata.

Non posso non dilungarmi su questa complessa epoca, perché tanto ha significato x Berlino.

In pochi hanno tentato di ribellarsi. Uno di questi fu Claus Grafschenk von Stauffenberg, Ufficiale dell’Esercito di grado elevato. Come tale, aveva l’accesso a uno dei suoi quartier generali, la Wolfsschanze, nel caso presente. Il 20 luglio 1944 piazzò personalmente una valigetta piena di esplosivo sotto il tavolo delle riunioni, vicino al posto di Hitler. La bomba scoppiò, ma quel tavolo di quercia era troppo solido e il Führer se la cavò solo con qualche graffio. Stauffenberg & company furono fucilati la sera stessa al Bendlerblock di Berlino, vicino al Tiergarten, in una via che ora è intitolata a Stauffenberg stesso. Anche molti altri uomini, estranei al fatto, furono uccisi nella prigione di Plötzensee (Wedding). Entrambi i luoghi sono oggi luoghi della memoria. La galera incarcerava chi si opponeva al regime. Le famiglie dovevano pagare l’esecuzione e, nell’efferata logica della dittatura, i boia ricevevano una ricompensa per ogni persona che assassinavano.

Da giugno (6) ormai, con lo sbarco in Normandia, soldati americani e inglesi si riversarono in tutta Europa, raid aerei martellavano Berlino.

Durante gli ultimi giorni della guerra Hitler, ormai in preda alla paranoia, ordinò la distruzione di tutte le industrie tedesche ancora esistenti, disposizione che fu quasi del tutto ignorata.

Nell’aprile del ’45, da est arrivarono i russi e circondarono Berlino. Penetrarono e raggiunsero il centro, fino alla cancelleria, dove Hitler si era rifugiato, o meglio nel bunker, con l’amante Eva Braun, che aveva appena sposato. Uccise la donna – consenziente - e poi si suicidò. L’armata rossa dette fuoco al Reichstag.

Esistono delle immagini di Berlino a guerra finita. Sembra impossibile che dalle macerie sia risorta una città con la C maiuscola, considerati tutti gli anni in cui la città con i suoi cittadini avevano dovuto patire ogni sorta di barbarie e sopruso. Nel 1939 la popolazione ammontava a 4 milioni e 300000 abitanti, a fine guerra era dimezzata e i 2/3 erano donne. Furono loro inizialmente a sgomberare le macerie accumulandole in vere e proprie montagne che ancor’oggi caratterizzano l’aspetto della città.

Ma per Berlino la guerra non era finita. Con la conferenza di Yalta la Germania fu divisa in 4 zone di occupazione tra Inghilterra, Stati Uniti, Francia e Unione Sovietica, nello specifico Berlino fu così ripartita:

Inglesi – Charlottenburg, Tiergarten, Spandau

Americani – Wilmersdorf, Tempelhof, Kreuzberg e Neukölln

Francesi – Wedding e Reinikendorf

Sovietici – Mitte, Prenzlauerberg, Friedrichshain, Treptow e Köpenick.

Non si riuscivano a raggiungere accordi ed anzi le divisioni si inasprivano. E la storia si ripete: tanto in città mica ci abitavano quelli che ai tavoli prendevano le decisioni. Dilaniati dal nazismo e dalla guerra, ma ancora non bastava.

La rottura tra le potenze occidentali e l’URSS fu definitiva nel 1948: i primi introdussero il Deutschmark nella loro zona senza aver prima consultato i russi, che emisero l’Ostmark. Usarono l’incidente per avviare il blocco stradale e ferroviario di Berlino Ovest, sperando di portare l’intera città sotto il proprio controllo. Con la guida di Lucius D. Clay, comandante americano a Berlino, gli “alleati” realizzarono un ponte aereo che impedì ai sovietici di annettersi alla parte ovest della città. Berlino era isolata; molti pensarono che sarebbe stata solo una questione di giorni prima che la città finisse sotto il dominio orientale. C’erano tutti gli ingredienti per un terzo conflitto mondiale. L’aviazione americana dette il via all’operazione Vittles, seguita da quella inglese con l’operazione Plane Fare. La Francia non partecipò, ma non certo x candidarsi al nobel x la pace: la sua aviazione era impegnata a fare stragi in Indocina.

Gli aerei trasportavano carbone, cibo, macchinari. Sfrecciavano negli aeroporti di Berlino al ritmo di 1 al minuto. 79 persone ci rimisero le penne e x 11 mesi Berlino venne rifornita così. Lo sdegno dell’opinione pubblica fece tornare sui propri passi i sovietici e Berlino fu di nuovo accessibile via terra. A partire da quel momento pare che i berlinesi considerassero americani e inglesi forze protettrici piuttosto che occupanti.

Nel 1949 le due Germanie esistono formalmente, come divise in:

. Ovest BRD Bundes Republik Deutschland, Repubblica Federale Tedesca, con capitale a Bonn e canceliere Konrad Adenauer

. Est DDR Deutsche Democratische Republik, Repubblica Democratica Tedesca, con capitale Berlino Est e presidente Wilhelm Pieck.

Nella Germania dell’Est, per contrastare l’opposizione fu creata la STASI, nel 1950, con quartier generale a Lichtenberg, era il Ministerium für Staatssicherheit, ministero per la sicurezza di stato; i nemici del regime venivano arrestati e rinchiusi nelle carceri segretissime. Nel 1951 per gli abitanti di Berlino Ovest fu necessario richiedere un permesso anche solo per andare a trovare i parenti a Lipsia o Magdeburgo. Nel 1953, morto Stalin, si sperava in qualche cambiamento, invece il clima si inasprì perché con la crisi economica vennero innalzati gli obiettivi di produzione; iniziarono scioperi e rivendicazioni, fino alla rivolta aperta nei centri urbani. Il 17 giugno 1953 gli operai che lavoravano sulla Karl-Marx-Allee si rivoltarono, e ciò si estese fino al 10% degli operai di tutto il paese. L’insurrezione fu sedata con i carri armati, nonché morte e arresto di molte persone; furono delle vere e proprie esecuzioni. Ma mi sbaglio o proprio Marx, con Engels, nel manifesto di poco più di un secolo prima aveva detto “Operai di tutto il mondo, unitevi!” E i russi non si professavano forse seguaci delle loro teorie? Che ci sono i carrarmati nel Capitale? E la STASI, che c’era anche quella? Via, bisogna che vada a rileggerlo, perché non me lo ricordo, è passato tanto tempo… Come i Cristiani con le Crociate. Che c’è scritto nella bibbia d’imbrattare un lenzuolo con una croce rossa e andare in Tessasanta? E che lo disse Gesù di bruciare le streghe? Quando annusano il potere parecchi diventano aguzzini.

Tornando a Berlino, iniziò un vero e proprio esodo verso ovest. Per contrastare la fuga i russi costruirono il muro. Dice che Stalin comparve a Walter Ulbricht (presidente della DDR in quel tempo) in una seduta spiritica e ne ordinò la costruzione. Il primo mattone fu poggiato il 13 agosto 1961, bisognerà aspettare il 9 novembre 1989 perché il primo venga divelto. In questo lasso di tempo circa 2000 persone morirono cercando di superarlo. I rapporti est/ovest si deteriorarono Una svolta si ebbe una decina di anni dopo, quando vennero firmati accordi con cui si regolarizzavano le visite al di là del muro. Intanto la rivolta studentesca chiedeva la riforma dell’antiquato sistema universitario e lo stop alla guerra in Vietnam. Ci furono scontri violenti: nel 1967 a polizia sparò e uccise Benno Ohnesorg durante una manifestazione contro lo Scià di Persia al canto di “SA-SS-Scià!”, mentre nel 1968 Rudi Dutschke, carismatico leader del movimento studentesco, fu ferito da una pallottola sparatagli in testa su Kurfürstendamm da Joseph Bachmann al grido di “Sporco comunista!”. Gli studenti accusarono la casa editrice del magnate Axel Springer – simpatizzante di destra che deteneva il monopolio dell’informazione di Berlino Ovest – di avere istigato l’attentato attraverso la pubblicazione dello slogan “Stop Deutschke now”. Verso il 1970 il movimento si era indebolito, ma aveva scosso profondamente il paese ottenendo anche la riforma dell’obsoleto sistema universitario e la nascita del partito di Verdi, di cui Deutschke fu uno dei fondatori. Ma alcuni degli studenti non si accontentarono dei risultati ottenuti e si misero in clandestinità. Berlino divenne il cuore della RAF (Rote Armee Faktion), nota anche come Banda Baader-Meinhof, dal nome dei terroristi che ne erano a capo. Nel corso degli anni ’70 uccisero e sequestrarono importanti personaggi del mondo politico tedesco. Nel 1976 morirono in prigione, la versione ufficiale parlò di suicidio, ma da tali versioni già da tempo il premio nobel per la letteratura del 1972 Heinrich Böll aveva messo in guardia; il 23 dicembre 1971 il Bild-Zeitung titolava: “La banda Baader-Meinhof continua ad uccidere. Rapina in banca. Poliziotto ucciso.” per Böll rappresentò una vera e propria condanna da parte di una giustizia sommaria, che ledeva la libertà d’informazione e incitava al linciaggio. Lo scrittore ravvisò nella manipolazione delle informazioni una sottile, quotidiana distorsione della realtà attraverso la demonizzazione di tutti coloro che sono contro il potere vigente, giustificando e alimentando l’odio verso di essi. Una forma di violenza strutturale, coercitiva nei confronti della libertà tanto quanto quella materiale, fisica. E forse anche peggiore.

O meglio, a giudicare dalla vicenda Dutschke, questa violenza strutturale (ossia veicolata attraverso una forma di consumo di diffusione quotidiana alla portata di tutti, che fa parte integrante della nostra vita dunque) oltre a colpire da sola, infilandosi tra le maglie dell’esplicitazione, può spingere all’azione effettiva, mutando e concretizzandosi in una violenza fisica e penale.

Lungo gli anni ’80 si arriva alla Wende, la svolta, che iniziò nel 1989. L’Ungheria aprì i suoi confini con l’Austria, così ci fu una corsa dei tedeschi dell’Est verso Ovest. Un fiume umano prese d’assalto consolati e ambasciate della Germania dell’Ovest a Berlino Est, Varsavia, Praga e Budapest. Il 4 novembre 1989 vi fu una copiosa manifestazione ad Alexanderplatz, in cui 500000 persone espressero la loro voglia di cambiamento. Il 9 novembre, in una conferenza stampa, il portavoce della DDR annunciò l’apertura dei confini tra Est e Ovest; interpellato da un cronista circa il momento dell’effettiva entrata in vigore del provvedimento balbettò:

“…Da subito.”

Decine di migliaia di persone attraversarono i posti di confine sotto gli sguardi perlessi dei soldati inermi. Ossi e Wessi si salutarono fra lacrime e champagne; assordanti concerti di clacson, lunghe file di Trabant che attraversavano il muro caduto e nell’aria, si dice, risuonavano le note di “Looking for freedom” di David Hasselhoff. Il Problema era scegliere la data ufficiale della riunificazione. Alla fine si è deciso per il 3 ottobre 1990, data della riunificazione amministrativa; il 9 novembre fu scartato perché coincideva sia con il fallito Putsch di Monaco messo in atto a Hitler nel 1923 che con la notte dei cristalli del 1938. Scegliendo il 9 novembre stesso si aveva il timore di poter fomentare adunate neo-naziste.

Dopo il crollo del muro i Pink Floyd suonarono l’album “The Wall” a Potsdamer Platz.

L’8 settembre 1994 l’ultimo contingente militare alleato di stanza a Berlino lasciò la città dopo una solenne cerimonia. Nel 1999 il Parlamento tornò da Bonn a Berlino. Sembra che Berlino abbia i suoi giorni peggiori alle spalle. Speriamo. Sembra impossibile, a sapere i suoi trascorsi, che sia così com’è. A parte i numerosi cantieri che la rivoluzionano in continuazione, è nella gente in primis che si respira questo rapporto col cambiamento: certe creste, certe scarpe, certe gonne le puoi vedere solo lì.

Mercoledì 7 Settembre 2011.

Sicuramente uno dei quartieri in cui la Wende è più visibile e repentina è Prenzlauerberg che giust’appunto mercoledì 7 settembre 2011 ci ha viste calpestare le sue strade. Era un quartiere operaio di Berlino Est. Nel giro di un solo decennio è stata completamente ristrutturata e ora le sue vie sono un susseguirsi di palazzi eleganti, negozi originali e accattivanti. Per raggiungerla da Friedrichshain prendiamo la U5 fino ad Alexader Platz, dove cambiamo con la 2 in direzione di Pankow per fermarsi alla 3° in Eberswalder Str.

Quando riemergiamo in strada siamo circondate da palazzi stuccati, prevalentemente i tonalità pastello. A rovinare l’atmosfera del quieto vicinato solo un vento gelido che spira cocciuto, presumibilmente, dalla Siberia. Abbiamo bisogno di ristoro. Ci avventuriamo nelle vie. In questa ronda scoviamo un parrucchiere amante della nouvelle vague, che ha battezzato il negozio “Belle de Jour” (e de nuit? Mi chiedo).

Poi eccolo, il nostro bersaglio, il Kafee Bar Ludmilla. Nell’aria New Orleans anni ’30, un buon aroma di vaniglia e grassi passerotti che aspettano il bocconcino. Il sole compare e scompare, è ancora indeciso oggi sul da farsi. Abbiamo fede e ci sistemiamo fuori. C’è anche una statua del Buddha, ma ce ne accorgiamo dopo. Poi arrivano il caffè e la torta di lamponi. Ci chiediamo perché uno non lo possa fare sempre di sedersi con gli amici a prendere un caffè e chiacchierare.

La mattina scorre così, con gli abitanti del quartiere che ci sfrecciano vicini in bicicletta, carichi di spesa e di fiori. A pranzo ci spostiamo nella vicina Kollovitz Platz, dedicata alla scultrice e grafica Käthe Schmidt Kollwitz; la sua opera, animata da un’acuta coscienza sociale e politica, è composta di lavori straordinariamente intensi. Era proprio qui, nel cuore di Prenzlauerberg che suo marito Karl Kollwitz aveva uno studio medico. Käthe, quotidianamente a contatto con povertà e sofferenza, conferiva alle sue sculture un tono molto toccante. Faceva parte della prestigiosa accademia d’arte, ma nel ’33 i nazisti la costrinsero a dimettersi, nonostante usassero la sua arte a scopo propagandistico. La piazza a lei dedicata è a forma di triangolo, e al centro ospita un giardino pubblico. E’ qui, al Kolberg 35 che cerchiamo di assaggiare i Käse Spätzle, piatto originariamente austriaco, ma assai diffuso anche quassù. Si tratta di pasta fatta colare direttamente nella pentola e servita con formaggio fuso tipo fontina. E’ dura lasciare quel calduccio. Il vento siberiano imperterrito continua il suo giro, ma anche noi. Tornando verso Alexander Platz c’è il Pfefferberg, un ex birrificio adibito a Biergarten, come ce ne sono molti nella zona. Il concetto di biergarten in questo caso non comprende solo birreria all’aperto e spazio per spettacoli, ma anche un ostello e una galleria d’arte contemporanea. Siamo fortunate; lo spazio espositivo contiene un’insallazione di Evelina Deicumana, artista lettone di Riga, che si è divertita a riprendere un mito della sua terra, quello del lago volante, cercando di riprodurre onde sospese, con tavole di legno parallele, attaccate al soffitto e mosse in oscillazione alternativamente. L’idea era resa bene, ma a parole viene ‘na schifezza.

Dopo questa sosta culturale occorre una pausa super frivola nel cuore della Berlino commerciale: Alexander Platz e i magazzini Alexa. Nella Berlino dove imperversava il socialismo ora sorge un complesso di centri commerciali, a pochi passi la statua di Marx ed Engels. Pare siano state le borse, con i loro indici di rialzi e riabbassi ad avere la meglio. La nostra meta non pare lontana, decidiamo di farcela a piedi ed è un pullulare di negozietti vintage con mercanzia davvero attraente. La rapina sarebbe da fare qui, altro che in banca!

E così scarpinando arriviamo ad Alexa. Ci fiondiamo alle toilettes, 30 cent. Per una pisciata, cavoli qui si vende proprio tutto. Irrinunciabile la gita nei 3 piani di libreria-cartoleria che tocca le nostre papille materialistiche. Usciamo stordite e davanti a noi si apre un negozio di abbigliamento gothic strabiliante. Peccato sia caro asserpentato.

Abbiamo fatto abbastanza per oggi. La parola d’ordine per la cena è SUSHI. Seguiamo la Boxhagener Str. Fino alla curva che fa verso destra e ci troviamo allo Yoko Sushi, locale avvistato nella scorribanda del lunedì mattina, quando avevamo apprezzato nel menu esposto che servivano sushi fritto. Non resistiamo, dobbiamo provare! Ci offrono anche un prosecco. Perfetto. Uscendo mi accorgo che la sponsorizzatissima macchina con cui evidentemente fanno consegne a domicilio ha i fari accesi. Li avverto. Mi rispondono di non preoccuparmi in quanto sempre in movimento. Mi facessi mai un ballino di cazzi miei!

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