mercoledì 26 agosto 2009

Day 2: 07/28/'09

Oggi partiamo in quarta. E’ la volta del Dansmuseet, un raffinato museo tale e quale l’arte cui è dedicato, in pieno centro, di fronte a Gamla Stan, la città vecchia. Si avvicendano ininterrotte mostre temporanee (attualmente è il turno quella dedicata ai balletti russi) sullo sfondo costante della permanente che presenta una varia ed esotica galleria, dall’Africa, all’Asia passando per l’Europa; vediamo marsine e parrucconi, svolazzi di tutù, piume e brillantini.... Non capiamo perchè non si possa esser liberi di girare così anche per strada  ; saremmo molto più belli, nel vero senso estetico del termini. Le linee dei modelli seguono quelle dei corpi e immaginiamo cosa non devono essere sulla scena. Ci sono anche quelli ideati per la prima della “Saga della Primavera” che si tenne a Parigi ne 1913, su musica di  Igor Stravinsky e coreografia di Vaslav Nijinsky (come dice Isil, che Odino li abbia in goria!!!), dove - si racconta - venne giù un finimondo: il balletto fu considerato eccessivamente d’avanguuardia, come del resto è facile, quasi inevitabile, succeda alle novità, vedasi il cubismo, nella resistenza al cambiamento, che è umana ma rischia di farci perdere di vista diverse cose; gli artisti son geni, hanno intuizioni e vedono prima dei comuni mortali come stanno le cose, o no?! E diamo loro retta qualche volta! Insomma sarà solo la bellezza a salvarci, DOBBIAMO prestarci attenzione, dobbiamo... Insomma successe che il pubblico infervorato iniziò ad agitarsi, ad alzarsi, ci furono vere e proprie colluttazioni, con il direttore d’orchestra che urlava ai ballerini. Immaginiamo lo scandalo: non si trattava del  teatro borgataro di “Roma” di Fellini, dove anche i gatti morti, se gli attori non sono all’altezza, possono diventare protagonisti, testimoni e trofei. La “Saga” è visibile in video in una saletta adiacente l’esposizione. E’ un’opera tetra ed atavica, scortata da musiche adeguatamente cupe.  Si celebra l’arrivo della primavera con il sacrificio di una vergine,  scelta tra quelle del villaggio che danzando sbaglia; il momento dell’elezione è straziante, molto più di quando a Salso Maggiore viene pronunciato il fatidico “Carina, la tua corsa per Miss Italia finisce qui”. Infatti la disgraziata di turno è costretta a danzare fino alla morte. Mentre la guardo non riesco a fare a meno di pensare al corpo fremente, ai piedi sanguinanti, un orrore.

Per fortuna ci ristoriamo nel caffè molto parigino nonché bookshop del museo. Per 80 corone, equivalente di poco più di 7 euro, tasso di cambio permettendo, riusciamo a mangiare molto bene. Da queste parti la musica è analoga ovunque, come prezzi e offerte. Gli svedesi mangiano piatti unici nei pasti principali, intervallati da fika a tutte le ore; con questo non mi riferisco all’esistenza di una particolare attività sessuale fuori pasto di questo popolo nordico, il che giustificherebbe anche la numerosa prole che si ritrovano, ma credo che in questo caso la responsabilità sia nella rigidità del clima più che altro. “Fika “ è la merenda con tè/caffè e torta (nella mia top ten ci sono quella ai lamponi, quella alle carote e quella al rabarbaro); a tutte le ore perchè anche i pasti si consumano veramente in qualsiasi momento, così benissimo nei caffè si possono veder servire patti da lunch alle 4 del pomeriggio. L’unico riferimento è la cena che si consuma dalel 6 alle 7, perchè poi si mettono a nanna i bambini e ci si adopera per averne altri, anche perchè i figli qui ti campano... E sicuramente ciò che sulle tavole svedesi NON si trova è la tovaglia, non apparecchiano, manco per le festività, in cui è facile trovarsi davanti a dei buffet, w la praticità!!! Figurati se le massaie si posson prendere ferie per allestire i banchetti pantagruelici che figurano su tavole più latine; qui la donna fa carriera, e non esistono le casalinghe o le mamme e basta, se lo sei hai qualche problema, qua non ci son delle donne, ci so dei caterpillar. I figli non sono un problema, sono una risorsa. Raramente si senono piangere o fare le bizze. Probabilmente usano dei sedativi; ad ogni modo funzionano. I copricapi metallici con corna in foggia vichinga non vanno più, ma l’ascia in borsetta secondo me ce l’hanno tutte.

Dal Danse Museet basta prendere un ponte e siamo nella città vecchia, Gamla Stan, dove decidiamo di dirigerci per la mia prima fika, sverginiamoci! Per arrivarci si passa da Drottninsgatan, il corso dove si fanno le vasche per intendersi, che collega il nord della città con il centro. Questa isoletta ha un fascino cui non è facile sottrarsi, è rimasto intatto il cuore medievale con le stradine tortuose e acciottolate, molto simili a scorci parigini I negozi cercano di carpire l’attenzione dei turisti, ma si affacciano sulle vie anche raffinati  atelier di design cui gli svedesi tengono tantissimo (le case devono essere accoglienti), e una gelateria biologica dove la cialda viene confezionata sul momento diffondendo un profumo marcato e inconfondibile. La vista è allietata da case fiabesche con tetti scuri e pareti dai colori caldi: giallo e rosa-arancio vanno per la maggiore. A Santa Lucia con tutte le decorazioni, le luci e le candele si deve rimanere abbagliati.

La deflorazone tortesca avviene nella più antica pasticceria di stoccolma, Sundberg, se non ricordo male. Mi sbologno un caffettone americano di quelli come piacciono a me e per cui son la delusione di nonna (come italiana non mi posson piacere quelle sbobe, dice lei... de gustibus, o no?!) E ovviamente mi ritrovo nel piatto anche un’ottima Hallonpaj, torta di lamponi: è un colpo di fulmine, sarò costretta a peccare molte altre volte, oltre oggi durante questo viaggio che ha tutta l’aria di configurarsi quale glicotrip degno del miglior Keith Richards. In realtà il trancio più swedish inside era un macigno 5x7x8 cm) ricoperto di glassa al pistacchio con marzapane dentro, ma non me la son sentita... In ogni caso fare fika è fichissimo!

Viriamo poi per la cattedrale dove c’è una statua lgnea di San Giorgio e il Drago, riprodotta in bronzo all’esterno e dove vedo, per la prima volta i 30 anni di vita una prete donna; è pure carina, ma che stai a fa, a’stronza??? Mi dico, e mi dispiace non sapere lo svedese per comunicarle questo mio giudizio. Uno spreco di ricci biondi in mezzo tacco che vi avrei fatto vedere, qui a ogni ovulazione è un cimitero di cellule e poi mi dicono del movimento pro-life... Poi mi rammento che i sacerdoti protestanti si possono sposare.. spero anche che abbiano una vita sessuale infuocata, per la felicità dell’universo.

Per smaltire le 5000 calorie assunte (arrotondando per difetto) il giro alla cattedrale non basta, così ci incamminiamo per i vicoli in direzione della via maestra che ci riporti sula terra ferma a nord, verso il quartiere shoppaiolo; giungiamo all’ Urban Outfitters, un negozio, prevalentemente di abbigliamento, costruito in un teatro; i camerini si trovano proprio sulla scena... Ci sono anche molti accessori e il design, immancabile; segnalo una cartigienica-sudoku, la bocetta porta-etanolo da borsetta e le stelline capezzolari da ragazza cin-cin che volevo prendere per il pride... Vedremo nei prossimi giorni, non posso sperperare subito così dal’’inizio.

Per ultimare il nostro pellegrinaggio lipidicamente penitente attraversiamo Humlegården, dove si trova la statua del mitico Linné, per raggiungere la mastodontica e suggestiva Engelbrektskyran, una chiesa in mattoncini rossi, dell’inizio del ‘900, molto luminosa all’interno e con affreschi verticalizzati al massimo. Fu qui che Isil, mesi fa, entrò colpita da siffatta architettura e trovò un matrimonio; “pensa che bello” si disse, e si sedette in disparte a godersi lo spettacolo, ma c’era qualcosa di strano che non le tornava: chi officiava la messa era una donna, una pretessa; non aveva mai sentito le litanie in voce di donna; a me non è mai capitato, anche se penso sia tipo sentir cantare alla Ricciarelli “Master of puppets” dei Metallica.

Nel raggiungere la tunnelbana utile per casa ci imbattiamo in un acceso diverbio tra un immigrato e una donna, lei ha una lattina in mano, gliela scaraventa dietro, lui insiste; è incredibile, subito due passanti, donne anche loro, la affiancano, scortandola, è un muro umano. Fanno il nostro stesso tragitto per un pò, poi perdiamo il quartetto, ma vediamo che lui è costretto a desistere.

Prima di scendere dalla tunnelbana ci fermamo e senza uscire dal metrò accediamo direttamente in un supermercato; qui si può trovare una grandissima varietà di qualsiasi cosa; avete presente quando non siete riusciti a sperimentare qualche ricetta bislacca perchè tra gli ingredienti c’era qualcosa di irreperibile? A Stoccolma non potrebbe mai succedervi... sarà perchè loro, soprattutto per frutta e verdura producono poco, importano qualsiasi cosa. Per le spezie c’è una parete intera. 

Le suole cominciano ad essere consumate, il cuore gonfio di emozioni e gli occhi di colori... torniamo a casa per oggi, è ormai sera, anche se il sole è ancora bello alto e lo sarà  per molto ancora.

Non ho nè il tempo nè la voglia di registrare tutto a ogni piè sospinto... questo diario ci metterà un pò a veder la luce... pace!


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